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"L'amore è mettere al primo posto un'altra persona al di fuori di te stesso. Ma una persona innamorata non considererebbe  mai tale cosa come un sacrificio, lo vedrebbe come una dimostrazione del sentimento che scaturisce dentro di sé".

Il Dio dell'amore avrebbe dovuto elogiare l'amore, difenderlo e incitarlo a sbocciare nel cuore di ogni essere vivente al suo fianco, quella era la sua missione.
Il nome di tale divinità era Cupido,
il portatore di tale sentimento, il suo dovere era quello di spronare anche i cuori più timidi, di infondere coraggio per potersi dichiarare, per poter finalmente coronare il sogno di due innamorati.
Quello era lo scopo della sua creazione, ma nel processo qualcosa accadde e si formò la seconda anomalia.
Il secondo giorno, Ares doveva andare da Cupido, suo figlio, il suo secondo fallimento.
Con lui però si sentiva più in colpa, non avrebbe dovuto commettere nuovamente quell'errore.
Forse si ripresentò perché il suo cuore aveva una piccola cicatrice, quella che si era formata dopo la prima anomalia, essa poteva avere influito con il processo.
Era normale, un cuore ferito aveva più difficoltà a credere in se stesso e in ciò che lo circondava.
Un tentennamento del genere avrebbe potuto influenzare il momento della creazione.
Ares era deciso a sistemare i suoi sbagli, non aveva mai pensato che non si poteva guarire qualcuno che non credeva di essere sbagliato.
Infine il suo intento era quello di creare  divinità che rappresentassero il nome che portavano, ma loro erano nati diversi dai presupposti iniziali.
Avevano colpe di ciò che era accaduto? No, allora perché continuavano ad essere trattati come colpevoli? Perché venivano isolati dal loro mondo di appartenenza?
Il creatore aveva sempre sbagliato e continuava a farlo, imporre qualcosa a qualcuno era come incatenarlo, a nessuno piaceva vivere in catene, sarebbe arrivato il giorno dove tutto si sarebbe stravolto, ma non oggi.
Ares era arrivato a casa di Cupido e stava bussando alla sua porta di casa.
Gli aprì la porta un ragazzo dai capelli mossi e corvini, la pelle ambrata e corpo allenato, ma meno muscoloso di Poseidone.
Quello che colpiva maggiormente di lui era il suo sguardo, un taglio degli occhi felino e perforante, i suoi occhi erano glaciali, nessuno avrebbe potuto associarlo ad un sentimento caldo e passionale come l'amore.
La freddezza che emanava poteva solo raggelare un cuore.
Ares si sedette sulla poltrona e lo seguì anche il padrone di casa, aveva portato con sé un libro, lo aprì invitando l' opposto a sedersi sul divano, lui riluttante lo fece, sapeva già cosa lo stava aspettando.
Era stanco di quel teatrino, del continuo ripetersi delle cose che odiava, esattamente come Poseidone.
Ares ignorò come sempre la sua espressione e iniziò a leggere.

"Mi hai amato,
quando non sapevo cosa volesse dire.
Mi hai amato,
quando non facevo altro che regalarti parole taglienti.
Mi hai amato,
quando dal tuo viso non facevo altro che far scendere lacrime.
Mi hai amato,
quando avevo troppa paura di ammettere che odiavo me stesso.
Mi hai amato,
finché iniziai a capire come amarti.
Mi ha aspettato e di questo ti sono grato."

Fu la prima poesia che lesse, successivamente ne lesse tante altre, più dolci, più smielate, seguite poi da lettere d'amore.
Ma poi, quando guardò l'espressione di Cupido notò che non era cambiato nulla, era gelido come quando l'aveva accolto, come le volte precedenti.
Non si sarebbe arreso nemmeno con lui, nemmeno quando i suoi tentativi continuavano a portarlo ad ennesimi fallimenti, lo salutò, gli sorrise, e lasciò la sua abitazione.

- Taehyung, figlio mio, riuscirò ad aggiustarti-.
Ripeté Ares a sé stesso ritornando nel suo castello.

Anche per lui avrebbe trovato un nuovo metodo per poterlo sistemare, continuava a fallire perché non capiva che non si può sistemare qualcosa che non si era mai rotto.

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