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La parte preferita di Jimin era il falò, ogni settimana quando Ares se ne andava lo faceva, infondo era lui a portare il combustibile per il suo fuoco.
Si raccoglieva i capelli lunghi in una coda bassa per non rischiare che finissero tra le fiamme.
Con un ghigno dipinto sul suo volto angelico disponeva dei pezzi di legno sul braciere posto in giardino, al di sotto dei pezzi di carta, quelli sarebbero serviti per attizzare il tutto.
Ritornò in casa per prendere il pezzo forte, l'oggetto protagonista di quel rito settimanale, con esso portò anche un paio di cesoie.
Si portò davanti al braciere bramoso di iniziare, gettò a terra vicino ai suoi piedi tutto ciò che aveva preso.
Si chinò e prese tutte le frecce, poteva sembrava fragile e delicato ma non era così, Jimin ovvero il finto Artemide possedeva la sua dose di forza, la faceva emergere soprattutto in quel momento.
Tra le mani teneva una decina di frecce, le sorreggeva in modo orizzontale sostenendole dalle due estremità.
Tese le braccia portandole più davanti a sé, sollevò le braccia e il ginocchio, riabbassò gli arti superiori con forza facendoli ricadere verso l'arto inferiore alzato, il busto delle frecce si scontrò violentemente con esso e si ruppero a metà.
Soddisfatto Jimin le gettò al di sopra della legna nel braciere,si abbassò ai suoi piedi, prese la faretra e le cesoie, iniziò a tagliuzzarla al di sopra di esse.
Dopo aver distrutto il tutto prese l'accendino che teneva in tasca, lo accese avvicinando la fiamma alla carta.
Ma qualcosa non rispettava i suoi piani, la fiamma iniziava ad oscillare per poi spegnersi, ci provò per ben quattro volte ma accadeva sempre lo stesso.
Alla quinta spostò l'accendino, la fiamma rimaneva accesa, appena però si avvicinava al braciere si spegneva.
Voltò lo sguardo verso la sinistra, mise la mano davanti a sé allungandola verso la barriera, ecco che percepì a cosa fosse dovuto l'accaduto, una leggera arietta.
Lì per lì non ci diede peso, anzi era già pronto a prendere addirittura la benzina se fosse stato necessario, ma quando si voltò per tornare dentro casa e cercare dell'alcool si fermò all'istante.

"Aria, barriera...ARIA, BARRIERAAAAA".
Si girò di scatto verso la barriera precipitandosi sul foro da dove proveniva l'ostacolo del suo rito.

Al contrario di Poseidone e Cupido però non si gettò a martellare o fare chissà cosa sulla barriera.
Aveva intuito che nulla di quello che possedeva avrebbe aiutato in quel caso, aveva la netta sensazione che fosse dovuto a qualcosa di esterno, l'unica cosa strana che era successa era stata la scarica di fulmini.
Quello che provò però fu peggio di quello che sentirono le altre due anomalie, loro almeno per qualche breve istante avevano creduto, sperato di poter uscire da lì.
Lui invece fin da subito era stato travolto dalla consapevolezza che ancora una volta la libertà non sarebbe dipesa dal suo volere, era dipesa dal mondo esterno, da quello a cui probabilmente non sarebbe mai appartenuto.
Infilò l'occhio dentro il foro e osservò il regno, sospirava e sognava, perché solo quello gli era rimasto.
Uno strato sottile lo divideva da ciò che desiderava, lui era nato per essere tenuto bloccato da catene invisibili.

Le tre anomalie sostenevano di essersi arrese al loro destino, di non nutrire più un briciolo di speranza di uscire da lì.
Ma avevano una cosa in comune, mentivano a loro stessi, perché prima di coricarsi facevano la stessa identica cosa, aprivano l'armadio e osservavano la loro tunica con un lieve sorriso.
Bastava una leggera scintilla per attizzare un'incendio.
Il combustibile sarebbe stata la determinazione di quella libertà che tanto bramavano.

Artemis vminkook Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora