Capitolo 3

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Finalmente arrivò l'ora di pranzo, la mattinata tutto sommato fu sopportabile, tralasciando le occhiatacce e le battutine. La scuola non era male, era stata ristrutturata da poco, aveva dei colori molto neutri ma in fin dei conti era pur sempre una scuola. Erano tutti vestiti alla moda e con uno stile unico ed io mi sentivo un po' fuori luogo. In mensa dondolavo sulle mie gambe mentre stringevo saldamente il vassoio che avevo fra le mie mani umidicce per l'ansia: dovevo trovare un tavolo dove sedermi ed erano già tutti occupati eccetto due. Presi coraggio e a passo svelto arrivai al primo tavolo, ma non riuscii nemmeno a sedermi: una ragazza occupò la sedia vuota con il suo zaino. Mi guardava come se fossi un orrore, mentre masticava in maniera irritante il chewing gum che avevano in bocca. Effettivamente di fianco a lei mi sentivo un mezzo disastro. Lei era praticamente perfetta: capelli perfettamente pettinati e messi in piega, trucco alla moda e vestiti e gioielli che costavano almeno più della mia casa completamente arredata. Mi allontanai imbarazzata, ma avevo un'altra chance: c'era un ragazzo che frequentava la mia stessa classe seduto al tavolo in fondo alla sala. Non conoscevo ancora il nome ma avevo notato che era un tipo solitario.
Mi avvicinai a lui e mi stupì. Non mi fece nemmeno aprire bocca che sussurrò un flebile: «Puoi sederti qui se vuoi.»
Ormai era da una decina di minuti che ero seduta accanto a lui che se ne restava in silenzio a giocare a qualcosa sul telefono. Ogni tanto si limitava ad alzare lo sguardo di qualche millimetro, giusto per osservarmi, ma non ne voleva sapere di aprire bocca, probabilmente perché non aveva voglia di parlarmi.
«Comunque io sono Venere. E tu?» Iniziai a dire.
Mi guardò con uno sguardo strano, quasi perduto in un'altra dimensione. E non potei fare a meno di notare i suoi occhi verdi e penetranti. Aveva dei lineamenti dolci. I capelli biondi e ricci gli ricadevano sulla fronte e quasi annullavano del tutto l'effetto dominante che davano i suoi occhi.
«Jasper.»
Riabbassò subito lo sguardo ma riuscii a notare da dietro il cellulare che nascondeva un sorrisetto ed era arrossito lievemente. Il rossore gli accentuava le lentiggini che aveva sul naso e sugli zigomi e che lo rendevano tanto buffo ma anche molto carino.
«Beh, Jasper, grazie per avermi concesso di sedermi qui con te.»
Ero nervosa, non sapevo bene cosa dire o fare e lui non collaborava affatto. Si limitò ad alzare nuovamente lo sguardo per qualche secondo e mi rispose facendo spallucce.
«A cosa stai giocando?»
«League of legends. Lo conosci?»
«Si che lo conosco. Ci gioco sempre con mio padre ma onestamente non sapevo che ci fosse anche la versione per telefono.»
Finalmente mise giù il telefono. Mi guardò incredulo, come se stesse assistendo a un miracolo. Subito sbiancai.
«Di solito alle ragazze non piacciono i videogames. Preferiscono truccarsi e andare in giro a fare shopping.»
«Beh, in effetti non sei il primo che ne rimane meravigliato. Quali altri giochi preferisci?»
Gli occhi che prima erano cupi e spenti, ora brillavano. Era come se aspettasse questo momento da tutta la vita. Probabilmente si sentiva emarginato da sempre come me. Mi sollevò l'umore vederlo allegro mentre mi parlava di tutti i videogiochi a cui giocava e che gli piacevano tanto. Sembrava un bambino a cui erano appena state regalate delle caramelle.
Quell'ora passò in fretta. Parlammo senza sosta come due amici che si conoscono da sempre.
Non avrei voluto affezionarmi ad una persona a cui avrei dovuto dire addio nel giro di qualche mese ma non potei evitarlo.

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