Capitolo 4.

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Non rividi Jasper per diverse settimane. La cosa più strana è che nessuno della scuola conosceva il suo numero né il suo indirizzo, nonostante fosse lì da più di tre anni. Probabilmente stava male, probabilmente gli era capitato qualcosa ma tutti i miei pensieri scomparvero quando lo vidi varcare la soglia della classe. Notai che aveva delle occhiaie violacee sotto gli occhi, capelli di chi si era appena svegliato da un lungo letargo e delle fasciature sulle braccia. I suoi occhi erano più cupi della scorsa volta. Aveva l'aria di uno che ne aveva passate tante, uno che è perennemente in lotta con la vita.
Non sapevo cosa dirgli, probabilmente non voleva parlare, così rimasi immobile a fissarlo aspettando una sua mossa che però non tardò ad arrivare. Staccò gli occhi dal cellulare e mi rivolse un sorriso istintivo. Ed ecco ritornare il rossore sulle sue guance. Mi avvicinai e gli domandai: «Hey, cosa ti è successo? Ho chiesto a chiunque in queste settimane ma non ho ottenuto risposta.»
Gli si incupirono gli occhi più di prima, e potrei giurare che per qualche istante i suoi occhi divennero lucidi ma probabilmente erano solo le luci. Distolse lo sguardo dal mio, posandolo sul pavimento beige della scuola che in quel momento sembrava la cosa più interessante che avesse mai visto in tutta la sua vita.
«Non fa nulla. Puoi anche non rispondere.»
Non feci nemmeno in tempo a finire la frase che mi afferrò per il polso stringendo così forte che dovetti dimenarmi un po' per fargli allentare la presa. Lo fece e poi sussurrò flebilmente: «Al termine della lezione vorrei parlarti.»
Qualche ora dopo ci dirigemmo verso il retro del giardino della scuola. Prendemmo posto su una panchina poco vicina all'uscita. Ero ancora un po' scossa dalla sua reazione di prima ma lo assecondai. Lui giocherellava con i suoi pollici ed io mi massaggiavo il polso arrossato mentre aspettavo che dicesse qualcosa. Poi lui fece qualcosa di inaspettato: mi abbracciò. Lo sentii sussultare mentre mi teneva stretta nelle sue braccia. All'inizio rimasi rigida ma poi mi sciolsi ricambiando l'abbraccio. Sembrava la cosa più naturale per noi anche se ci conoscevamo solo da qualche settimana. Nessuno dei due aveva il coraggio di fiatare o di staccarsi. Eravamo in pace. Restammo così per una decina di minuti poi, quando finalmente ci staccammo vidi qualcosa che mi turbò: Jasper si tratteneva il labbro fra i denti e lo stringeva così forte che un filo di sangue gli colò sul mento. Si ripulì immediatamente con un fazzoletto ripiegato che aveva nella tasca del jeans.
Alzò di scatto lo sguardo su di me scrutandomi con i suoi occhi penetranti. Aggrottai le sopracciglia perché non capivo. Proprio quando stava per parlare un frastuono mi stordì le orecchie facendomi balzare dallo spavento: maledetta campanella! Si alzò prima lui e mi porse la sua mano. L'afferrai e mi tirò a sé con forza. Scontrammo le nostre fronti e scoppiammo in una risata nervosa prima di andare di corsa alle nostre rispettive lezioni. Non riuscii a seguire molto, ero distratta dai miei pensieri. Non riuscivano a darmi pace, mi tormentava il pensiero di Jasper e delle sue strane reazioni. ciò che era accaduto poco prima. Cosa ne era stato del ragazzo timido e dolce di qualche settimana prima?

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