Capitolo 8.

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Prima di ritornare a casa presi una strada che mi portava al parco in città: volevo far visita ad alcuni gattini che avevo intravisto giorni prima mentre mi dirigevo verso scuola. Rimasi delusa quando non vidi nessun gatto nelle vicinanze, ma ecco che in lontananza sbucò un gatto bianco come la neve e due occhioni azzurri che mi ricordavano quelli di Alec. Già, Alec. Arrossisco ancora solo se ci penso.
Mentre si avvicinava sentii dei rami scricchiolare dietro di me e mi girai di scatto, facendo allarmare anche il gatto, ma non vidi nessuno oltre ad alberi, fiori ed erba. Probabilmente era solo il vento. Abbassai di nuovo la testa verso il gatto, accarezzandolo. Mi faceva il solletico per quanto era morbido. Sembrava finto per il suo sguardo ipnotico e per quanto era bello. Iniziò a mordicchiarmi e a tirarmi il vestito mentre miagolava incessantemente. Quando mi rialzai mi si parò davanti Jasper. Non sembrava lui. I suoi occhi erano leggermente arrossati ed erano più chiari del solito e quello sguardo da bambino imbranato non c'era più. Stavo per chiedergli come avesse fatto a riprendersi dalla sbornia in così breve tempo quando sfilò dalla sua tasca un coltello che mi conficcò dritto nello stomaco.
I miei muscoli si contraevano mentre la mia bocca voleva urlare ma non emetteva nessun suono, solo gemiti mozzati. Mi sorrideva e mi accarezzava il viso soddisfatto mentre sfilava e rinfilava il coltello con forza.
«Perché?» Riuscì a proferire.
Si udì a malapena ma non avevo più forze, i battiti stavano rallentando. Ormai ero in ginocchio. Cercavo di dimenarmi dalle sue mani, mentre il terreno cominciava a ricoprirsi del mio sangue, ma lui era nettamente più forte rispetto a me. Si inginocchiò anche lui in modo da tenermi meglio e mi posò un bacio sulla fronte prima di rispondermi.
«Oh Venere, perché hai scelto mio fratello? Perché mi hai costretto a farlo? Tu sei e sarai per sempre mia, meglio morta che di qualcun altro.»
Iniziai a piangere, non potendo fare altro. Davanti a me non c'era più il mio amico Jasper, ma un estraneo. Durante gli ultimi respiri mi adagiò al terreno prima di lasciarmi un altro bacio sulla guancia. questa volta Poi scappò via senza guadarsi più indietro. Io rimasi lì, priva di vita, con il gattino dagli occhi azzurri che miagolava ai passanti in cerca di aiuto, ma ormai non c'era nulla da fare. La mia anima non c'era più e nessuno me l'avrebbe ridata indietro.

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