Cinque

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Stiles si sveglia a fatica dopo una notte terribile: per ordine di Derek (Stiles si è eccitato sentendolo parlare con sicurezza e autorità) Scott lo ha svegliato ogni ora per assicurarsi che stesse bene. Vorrebbe solo restare a letto e dormire per tre giorni ma deve proprio andare al bar. "Posso sostituirti io" si propone Scott.

"Lo faresti davvero?"

"Ovvio. Ti ho aiutato così tante volte che ormai sono pratico e i clienti conoscono anche me. Così tu ti riposi e oggi vai a conquistare il bel dottore."

"Non sono certo sia una buona idea tornare a casa sua dopo quello che è successo ieri."

"Amico ti ha voluto portare a casa e si è assicurato che capissi esattamente cosa dovevo fare."

"È il suo lavoro e probabilmente si è sentito in colpa perché è successo a casa sua."

"Merita comunque di essere ringraziato, non trovi?"

"Credo di sì."

Stiles resta a letto tutta la mattina, si alza solo verso mezzogiorno per preparare il pranzo a Scott e la mousse per gli Hale. Ne prepara quattro ciotole decorandole ciascuna con qualcosa di diverso: fragole per Eli, panna per Peter, una spolverata di cannella per Derek e marshmallow per Scott. Lascia in frigorifero quella dell'amico e impacchetta le altre tre. Prova a partecipare alle lezioni ma la testa gli pulsa e si arrende a metà della seconda. Torna a casa, prende i dolci pronti e si avvia verso casa degli Hale. Si decide a suonare il campanello dopo quasi cinque minuti e mentre aspetta che qualcuno risponda pensa che potrebbe sempre fuggire. "Ehi amico di Eli sei tornato a distruggere altri piatti?"

Stiles sente le guance scaldarsi. "In realtà sono venuto per scusarmi di nuovo e portarvi queste" risponde allungando il pacchetto che tiene tra le mani.

Peter lo prende. "Non dovevi disturbarti ma forse sì. Cos'hai preparato di buono?"

"Mousse al cioccolato."

"Il dolce preferito da Derek. Quindi hai scelto il tuo Hale preferito?"

Stiles si sente ancora più in imbarazzo. "Volevo solo ringraziarlo per avermi ricucito. A proposito non doveva essere in casa?"

"Doveva ma c'è stata un'emergenza in ospedale e non so se torna. Lo chiamo e glielo chiedo."

"No, non è necessario."

"Sì che lo è. Entra."

Stiles vorrebbe dirgli che deve andare ma Peter lo trascina dentro senza dargli scelta. Si siede sul divano ben lontano dal tavolo mentre Peter è a telefono. "Sì, nipote. Stiles è venuto a ringraziarti e sperava di vederti" dice per poi rivolgersi a Stiles. "Vuole sapere come ti senti?"

"I punti tirano un po' ma è sopportabile però mi fa male la testa."

Peter riferisce. "Molto bene. Allora a dopo."

E chiude la chiamata. "Vuole vederti."

"Oh, va bene. Allora lo aspetto."

"No, non torna prima di domani. Ti accompagno in ospedale."

Stiles si irrigidisce: odia gli ospedali. "Non c'è bisogno, davvero. Sto bene, benissimo."

"Vuole assicurarsene. E poi qualcuno dovrà pure portargli qualcosa di buono da mangiare" ribatte facendogli un occhiolino.

Quindi Stiles ora si trova in macchina con la ciotolina di Derek tra le mani e una gran paura. Peter lo lascia davanti all'ingresso. "Primo piano, ingresso C, scala 2 e poi chiedi di lui."

"Te ne vai?" gli domanda in panico.

"Parcheggio e poi ti aspetto. Credi di metterci molto?"

"No, posso anche dare la mousse ad un'infermiera e uscire subito."

"Non dire stupidaggini. Ti sta aspettando."

Stiles entra in ospedale sentendo le gambe pesanti e il respiro pesante. La testa gli gira e ha completamente dimenticato le indicazioni dategli da Peter. Sta cercando qualcuno a cui chiedere ma i piedi sembrano non volersi muovere quando un'infermiera bionda gli si para davanti sorridendo. "Sei Stiles, vero?"

"Sì?"

"Sono Erica. Derek mi ha mandato a prenderti. Ha detto che sei piuttosto maldestro e ti saresti perso qua."

Stiles vorrebbe ribattere ma sa che ha ragione. Segue la ragazza che non smette di parlare ma davvero non riesce a registrare quello che gli sta dicendo. "Tutto bene?"

"No. Credo di avere un problema con gli ospedali."

Erica gli mette una mano sulla spalla. "Andrà tutto bene. Derek è il miglior chirirgo del paese e sono certa che ha fatto un ottimo lavoro con quelli."

Stiles sorride. "Lo so."

Arrivano in un corridoio e si fermano davanti ad una porta. Erica sta per aprirla quando la sua attenzione viene attirata da qualcosa dietro a Stiles. Stiles che si gira trovandosi davanti un medico completamente coperto da cuffia e mascherina ma con occhi verdi inconfondibili. Derek si toglie la mascherina e sorride, un bellissimo sorriso di cui Stiles si innamora all'istante. "Avevi ragione, capo. Si era già perso."

Derek ridacchia e Stiles si sente scuotere dentro. "Lo sapevo. Ciao, Stiles" dice rivolgendogli l'attenzione.

Stiles si sofferma sullo scollo a V della divisa che lascia intravedere i riccioli neri del petto. Deglutisce. "Salve, dottor Hale. Come sta? Io non ne sono certo ma le ho portato la cena. Più che cena forse il dolce. Potrei pure farlo io il dolce. Cioè questa l'ho fatta io ma potrebbe pure cospargermi con questa e..." Stiles si blocca rendendosi conto di straparlare. Vorrebbe sprofondare e si domanda che razza di idea possa essersi fatto Derek di lui. Derek che invece sbuffa una risata. "Devi aver preso proprio una bella botta. Vieni nel mio studio che controlliamo sia tutto a posto. Forse sarebbe anche il caso di fare una tac."

"No, la prego. Niente esami."

Stiles è terrorizzato e Derek se ne deve essere accorto. "Va bene. Allora controlliamo solo i punti."

Entrano in una stanza ampia, con una grande finestra che per fortuna gli fa prendere un po’ di respiro. Derek gli indica un lettino alla loro sinistra, su cui Stiles si siede, le mani in grembo. Vede il dottore prendere qualcosa da un cassetto e avvicinarsi. “Ti tolgo il cerotto e controllo sia tutto okay, poi ti medico di nuovo.”

Stiles annuisce, fin troppo in panico per proferire parola, mentre il cerotto viene staccato. Lo sguardo del medico è concentrato, mentre tocca la zona intorno alla ferita e Stiles non può fare a meno di avere lo sguardo puntato sul suo collo, proprio davanti ai suoi occhi. Dio, gli viene fin troppa voglia di allungarsi e leccarlo. Affonderebbe anche il viso su quel petto così ampio.
“Nessuna infezione, sta guarendo bene. Ti tira solo o hai dolori?”

“Tira solo” risponde. “E il mal di testa?”

“Quello potrebbe essere a causa dell’agitazione e perché ho detto al tuo amico di svegliarti stanotte. Dovresti riposare.”

Stiles annuisce, mentre un cerotto pulito gli viene applicato, ma comunque non si sente più tranquillo. Odia gli ospedali e lì, nonostante la finestra aperta e nessuno strumento o letto di ospedale, sente quel classico odore di disinfettante, medicinali, che gli ricordano solo la morte. Sente il respiro farsi più veloce, anche se cerca di trattenersi, ma sa che sta andando in panico. “Qual è il tuo dolce preferito?” chiede il signor Hale e Stiles lo guarda interrogativo.
“Dimmi qual è il tuo dolce preferito e come si prepara, dai” insiste e Stiles prende un respiro profondo. “La- la torta di mele.”

“Piace molto anche a me, ma non so come si fa. Mi descriveresti i passaggi?”

“Allora, le mele, sì. Si tagliano a fettine e poi ci si mette il limone sopra per non farle diventare nere. Non-io ora non ricordo le dosi, ma l’impasto è con farina, lievito e latte.”

“Non ci metti nessun ingrediente segreto?” chiede l’uomo, senza muoversi, continuando a guardarlo.

Stiles sorride di istinto. “Un pizzico di cannella e-e la teglia la imburro e la cospargo di zucchero, così i bordi sono croccanti e dolci...”

“Interessante” commenta. “E quanto deve stare in forno?”

“Quaranta minuti o-o almeno fino a quando non diventa dorata.”

“Tutto chiarissimo. Stai meglio?”

Stiles solo in quel momento si rende conto di quello che è successo: l’uomo l’ha distratto, facendolo parlare di altro, e il suo respiro è quasi regolare. “Molto” risponde sincero. “Mi dispiace, gli ospedali mi ricordano cose brutte.”

Un colpetto sotto il mento gli fa rialzare lo sguardo in quei meravigliosi occhi verdi. “Non devi scusarti, non possiamo sempre tenere sotto controllo le emozioni.”

Una leggera carezza gli sfiora la guancia e Stiles non riesce proprio a distogliere lo sguardo dall’uomo che ha di fronte.

“Grazie, davvero, dottor Hale. Per i punti e-beh, grazie e basta.”

“È mio dovere e non devi ringraziarmi” risponde l’uomo, arretrando di qualche passo, gettando il cerotto sporco nel cestino alle sue spalle. “Ti prescrivo qualcosa per il mal di testa.”

“Grazie e, beh, questo è per lei. Davvero il dolce, una mousse per la precisione, io ho chiesto ad Eli cosa le piacesse e-” Stiles gliela porge. “E niente, eccola.”

“Sei stato davvero molto gentile” risponde l’uomo. “Ho un attimo di pausa, ti va di farmi compagnia mentre la assaggio?”

Stiles si sente preso in contropiede. Gli va? Certo che gli va. E quell’uomo sembra così gentile.
“C’è suo zio giù che mi aspetta.”

Derek non risponde, ma prende il cellulare e lo porta all’orecchio. “Peter, puoi andare. Sì, è qui-certo che sta bene. Peter! Sì, Eli torna stasera, legalo sulla sedia per farlo studia- Peter!”

Stiles sghignazza, quando l’uomo stacca la chiamata. “E io come torno a casa se lei ha scacciato suo zio?”

“Troveremo un modo. Dai, andiamo in giardino, che c’è aria.”

Stiles si ritrova a seguirlo lungo un corridoio per fortuna deserto, fino all’uscita sul retro. Un piccolo giardino anche quello deserto si apre davanti a loro. Quasi non sembra il centro di New York e nemmeno un ospedale. L’uomo si siede su una panchina, aprendo la ciotola con la mousse.
“Cannella?” chiede e Stiles annuisce, guardandolo prendere la prima cucchiaiata. “Dio, è buonissima” dice, ancora con la bocca piena. Alza lo sguardo verso il cielo, chiudendo gli occhi, reclinando il collo e Stiles is ritrova di nuovo a pensare a quanto vorrebbe leccarlo. Sembra non riuscire a pensare ad altro.

“I miei genitori facevano spesso dolci insieme” dice l’uomo. “Soprattutto al cioccolato. Papà sporcava sempre più del necessario e mamma si arrabbiava, ma le passava appena papà sporcava anche lei. Alla fine era sempre un campo di battaglia la cucina e tutti noi ne uscivamo sporchi di cacao.”

Stiles sorride. “Mamma li faceva soprattutto di domenica, perché papà ha sempre avuto problemi di colesterolo ed era l’unico sgarro permesso durante la settimana. La torta di mele era il suo forte, ma anche il gelato le riusciva da dio.”

Derek dà un colpetto sulla panchina, chiedendogli con il gesto di sedersi con lui.
“Quando è successo?” chiede l’uomo, e Stiles non ha nemmeno bisogno di chiedergli a cosa si riferisce, e nemmeno gli dispiace rispondere, perché gliel’ha chiesto in un modo così delicato che quasi si commuove. “Avevo otto anni, demenza fronte-temporale. Non ci ho capito tanto, ma ricordo i dettagli.”

“L’ospedale.”

Stiles annuisce. “L’odore, soprattutto.”

“Per la mente umana è molto facile associare gli odori ai ricordi, a me succede con la puzza di bruciato.”

“Cosa le è successo?” chiede Stiles, azzardando. Stanno entrambi guardando verso il cielo e la ciotola di mousse è ormai vuota.

“Un incendio. Avevo quattordici anni, io non ero a casa e per fortuna nemmeno le mie sorella, ma i miei genitori sì. Peter ci aveva portati tutti e tre con lui al mare. Un corto circuito durante la notte ha distrutto tutto.”

“Mi dispiace” è l’unica cosa che riesce a dire Stiles. “Quanti anni aveva quando ha avuto Eli? Sembra davvero giovane.”

L’uomo gli rivolge un sorriso. “Diciamo che dall’incendio la mia adolescenza è stata travagliata. Avevo quindici anni quando la mia ragazza di allora è rimasta incinta. Ho trentaquattro anni.”

“Io a quindici anni giocavo ancora coi videogiochi” ricambia il sorriso Stiles.

“Ora no?”

Stiles gli fa una linguaccia, ma non risponde. In fondo ha ragione.

“Come va la testa?”

“Molto meglio” Stiles solo in quel momento si rende conto che il dolore è sparito e che è decisamente più tranquillo. “E dovrei tornare a casa a studiare e a riposare, che non posso saltare il lavoro anche domani.”

“Allora dobbiamo scappare.”

“Cosa?”

“Sono di turno, ma il primario deve pur avere qualche vantaggio, no?”

Stiles non riesce nemmeno a rispondere che l’uomo gli ha afferrato un polso e si ritrova a essere trascinato di nuovo verso lo studio. Quando entrano, ha il respiro corto e stanno ridendo, cercando di recuperare fiato.
“Prendo i caschi e andiamo” gli dice l’uomo. “Prima che Erica ci becchi.”

Stiles, ancora col fiatone, continua a ridere. “Dio, così mi serve anche la rianimazione, dottore” gli dice, guardandolo e, davvero, non sa cosa succede. Sa solo una cosa.
Le mani di Derek sono sulle sue guance, le labbra sulle sue e le loro lingue si stanno rincorrendo in un bacio focoso che diventa via via sempre più languido. Quando si separano, Stiles non riesce a distogliere lo sguardo da quello dell’altro, che ha ancora le mani sul suo viso e che a sua volta sembra non esser messo meglio.

“Cazzo” sussurra l’uomo, ma non si allontana e chi è Stiles per non approfittarne?

Si sporge lui questa volta, in un leggero bacio a stampo che non approfondisce. “Già, cazzo, dottore” risponde, abbassando lo sguardo in imbarazzo.

Derek sbuffa un sorriso. “Dobbiamo proprio andare se non vuoi dover tornare a casa a piedi.”

Stiles è dispiaciuto ma sa di aver ottenuto anche troppo. “Va bene.”

Prendono i caschi e raggiungono il parcheggio dei dipendenti. Derek sale in moto e Stiles si arrampica dietro pregando di non cadere dall’altra parte. “Reggiti forte” gli dice Derek mettendo poi in moto e sfrecciando per le vie di New York.

Stiles si stringe forte al corpo muscoloso di Derek e si eccita se per quel contatto o per la velocità non riesce a capirlo. La moto frena davanti al palazzo di Stiles che se da una parte si dispiace di essere già arrivato, dall’altra ringrazia e spera che il dottore non si sia accorto delle sue condizioni. Scende dalla moto, si toglie il casco e si sfila la felpa per sistemarsela davanti al cavallo dei pantaloni. “Allora… grazie per il passaggio.”

Derek si alza appena il casco, lo tira verso di sé e lo bacia di nuovo. “Spero mi penserai mentre risolvi il tuo problema” gli soffia sulle labbra. “Alla prossima, ragazzino” lo saluta sfrecciando via.

Stiles si tocca le labbra quasi come se non si rendesse bene conto di quello che è successo. “Stiles tutto bene?”

Stiles si gira verso Scott. “Non hai idea di cosa mi è successo” gli dice.

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