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⠀⠀⠀⠀« Dimmi, che cos'è la libertà? »

Il silenzio che seguì quella singolare richiesta mise in trepidazione Nikolaj, che attendeva con ansia di ottenere un riscontro su quell'argomento che per lui era talmente importante. Nella sua ottica, la risposta che l'interpellato avesse fornito a quella domanda avrebbe consentito a Nikolaj di collocarlo fuori o dentro dal suo schema di pensiero. La libertà era l'unica idea cui il giovane albino desse effettivamente peso, nient'altro gli interessava a quel punto, dunque la sola domanda che lo avrebbe potuto aiutare a decidere se avvicinare o meno qualcuno non poteva che essere quella che aveva appena pronunciato. Per molti sarebbe apparso un concetto troppo astratto per poter anche solo pensare di definirlo; cotali erano nient'altro che stolti. Impossibile provare a definire in un altro modo quegli uomini paragonabili a indaffarate formiche costantemente in cerca di cibo da stipare per l'inverno... e poi d'inverno cosa avrebbero fatto? Nel momento in cui tutti i loro sforzi sarebbero finalmente cessati gli stolti avrebbero soltanto desiderato riposare sino a che la morte non li avesse abbracciati. Un prospetto di vita decisamente infattibile per Nikolaj. Non lo considerava neppure "vivere" quel modo morboso di approcciarsi alla quotidianità come se l'unico scopo nobile fosse guadagnare denaro per poi goderne nel futuro o nel presente. Davvero tali esseri umani proseguivano la loro esistenza fuggendo dalla realtà di essere rinchiusi in una stupida gabbia? Davvero non se ne rendevano conto? Come era possibile non domandarsi il "perché"... Perché non siamo semplicemente liberi?

Tali pensieri furono interrotti dalla voce del corvino, il quale dopo il lungo silenzio si lasciò andare a una risata sommessa.
⠀⠀⠀⠀« Pft... Davvero? La libertà, dici? Ottima domanda. Sei solito andare in giro a infastidire la povera gente con queste ovvietà? » Il giovane dal pallido incarnato si limitò a rifilargli un'altra domanda. Nikolaj storse il naso nel ricevere nient'altro che una provocazione come risposta, ma non aveva alcuna intenzione di demordere. Dopotutto, ciò che animava la sua persona era quel tipo di insania che poteva rendergli difficile persino notare che gli avessero tagliato le gambe finché non si fosse accorto di non poter più camminare. Era folle fin dentro il midollo, arrendersi non era una possibilità contemplata.

⠀⠀⠀⠀« So che questa non è la risposta che vorresti darmi. » Lo guardò a metà tra l'irritato e il supplichevole. In effetti l'aveva un po' infastidito il dover insistere, ma al contempo avrebbe facilmente gettato al vento ogni traccia d'orgoglio pur di ottenere quella risposta, per cui i suoi occhi brillavano in una muta preghiera. « Ho un indizio per te: non è qualcosa che chiederei a chiunque, ho decisamente un motivo per starti disturbando con tali ovvietà che temo non siano poi così tanto ovvie! »

Il corvino tentennò sotto la pressione di quello sguardo insistente. Per un istante fu grato che quello sconosciuto avesse un occhio nascosto dai capelli, sarebbe stato più difficile reggere il suo sguardo altrimenti: quell'occhio azzurro ghiaccio lo fissava così insistentemente da metterlo quasi in soggezione. Credeva che chiunque desiderasse sinceramente la verità fosse sempre spaventosamente forte e quella persona davanti a lui in quell'istante sembrava esserne la prova più lampante. Non era facile trovare qualcuno del genere: Fëdor ne aveva conosciuti ben pochi di personaggi simili nella vita reale, quel mondo assurdo che esisteva fuori dai suoi amati libri. Spesso l'uomo tende a farsi prendere dalla fantasia quando si tratta di scrivere storie, ma nel mondo effettivo la fantasia appartiene a pochi. È complicato attenersi alla realtà concreta per una mente dedita alla scrittura. D'altronde, una mente capace di raccontare storie deve dimostrarsi illuminata per far sí che esse siano valide... non c'è modo che una mente illuminata non si renda conto che il mondo - e la vita stessa - siano una prigione da cui cercare di fuggire. Un ideale del genere usa la fantasia per fuggire, ragion per cui spesso nei libri si trovano personaggi ben diversi da ciò che comunemente definiremmo un essere umano nella banale quotidianità. Ovviamente, nessun lettore vorrebbe leggere di qualcosa di banale, nonostante ciascuno di essi sia inconsciamente consapevole di far parte della banalità che essi tanto disprezzano. I lettori più sono accaniti più sono ipocriti, lo aveva sempre pensato. Più si immergono nella fantasia della lettura più sentono di star attingendo da una fonte infinita di risorse tanto verosimili da fargli dimenticare di essere frutto dell'immaginazione di qualcun altro. Troppi lettori arrivano a ignorare che la narrativa romanzesca è molto raramente una copia della realtà. Dostoevskij, oltre a essere un lettore, aveva riscoperto in se stesso lo scrittore ideale di cui avrebbe desiderato leggere le opere. Poteva sembrare fosse un tipo egocentrico - e, difatti, lo era - ma la verità era che non aveva fatto altro che diventare ciò che nessuno riusciva ad essere scrivendo ciò che nessuno riusciva a scrivere. Estrapolare la cruda realtà del mondo e trasporla su carta, questo era il suo obiettivo da scrittore. I libri erano spesso pieni zeppi di personaggi muniti di caratteri forti che celavano altrettanto forti desideri, eppure nella realtà era assurdamente difficile imbattersi in tali individui. L'aura del giovane che gli aveva posto quella curiosa domanda era proprio il tipo di aura che avrebbe associato a un personaggio di fantasia, si avvicinava a qualcosa di surreale, ma al contempo qualcosa di cui Fëdor avrebbe volentieri desiderato conoscere la natura.

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