Fu necessario il tempo di un'intera settimana prima che Nikolaj trovasse spazio per fare di nuovo visita al casinò. Era stato preso dalle mansioni ministeriali perché c'era un gran trambusto in quel periodo a causa delle turbolenze interne per l'imminente istituzione del Governo di Varsavia, una nuova divisione amministrativa dell'impero. A lui importava ben poco della politica: la sua anarchia di pensiero si contrapponeva a qualsiasi forma di controllo della libertà altrui, per cui l'unico motivo che lo costringeva a recepire quelle informazioni era la schiavitù del lavoro. Tuttavia, neppure per un giorno aveva smesso di pensare al musicista vestito di bianco del casinò più squallido di Pietroburgo. Non aveva potuto fare a meno di domandarsi se il corvino avesse ugualmente pensato a lui e non poteva non distrarsi a immaginare la faccia che quegli avrebbe fatto quando l'avesse rivisto.
La realtà, tuttavia, era stata un po' diversa dalla sua immaginazione. Quando Nikolaj aveva varcato la soglia del locale quella sera, il volto del musicista era rimasto pressoché impassibile. Aveva solo trattenuto il respiro per qualche istante, ma nemmeno un'emozione era trapelata dai suoi occhi torbidi. In ogni caso il giovane albino non si fece scoraggiare e lo raggiunse con passo sicuro. Ci aveva riflettuto per una settimana intera sul da farsi e ormai si era convinto, così esordì: « Mi concederesti un ballo? » Sfoggiò un sorriso dalle fattezze poco rassicuranti e tirò fuori una rosa rossa da sotto al suo mantello, inchinandosi elegantemente per porgerla al musicista. Fëdor, dal suo canto, deglutì a vuoto e restò immobile; se avesse potuto fare un passo indietro, in realtà, l'avrebbe fatto. A dispetto del recente e momentaneo desiderio di una qualsiasi forma di contatto con gli esseri umani, alla prima parola rivolta direttamente a lui all'improvviso avvertì il solito, spiacevole e irascibile, sentimento di repulsione nei confronti di qualsiasi individuo estraneo che lo sfiorasse o che anche solo tentasse di farlo. La personalità di Nikolaj lo incuriosiva, ma la sua indisposizione nei confronti degli uomini non escludeva il biondo. Non poteva negare a se stesso che di tanto in tanto una trascurabile parte di sé bramava effettivamente di poter condividere la propria quotidianità con qualcuno che fosse in grado di donargli un po' di intrattenimento: gli sarebbe bastato qualcuno con cui discutere una poesia, un saggio o una novella, oppure bere un tè parlando di argomenti quantomeno un po' più interessanti di ciò di cui si udiva notizia in quello squallido casinò. A dir la verità quando si trattava di sorseggiare qualcosa preferiva di gran lunga un buono sbiten¹ o un bicchiere di medovukha² che lo tenesse al caldo. Fëdor era freddo proprio come la Russia. A volte avrebbe desiderato sperimentarla quella sensazione di disgelo che gli alberi avvertono con l'arrivo della primavera, ma poi si ritrovava a provare nient'altro che ribrezzo quando qualcuno tentava di avvicinarlo, come in quell'esatto momento. I suoi occhi si allontanarono dal sorriso raggiante del più alto e si soffermarono per un istante su quel fiore che costei gli stava porgendo. L'aveva notato in ritardo perché troppo preso dalle sue impressioni, ma una volta che i suoi occhi l'ebbero intercettato non impiegò molto a rendersi conto che quella fosse soltanto un'altra pagliacciata: il biondo stava soltanto cercando di metterlo alla prova. Era solo la seconda volta che si trovavano, eppure in quel breve frangente di tempo quel giovane strampalato lo aveva sfidato almeno tre volte, quasi stesse sondando il terreno. Ma a che scopo? Dubitava fosse solo per il suo personale sollazzo e non riusciva ancora a capirne i motivi.
⠀⠀⠀⠀« È avvelenata, non la prenderò. » Affermò con sicurezza. Le spalle ampie e lo sguardo torvo sottolineavano che non avesse affatto apprezzato quel "regalo". Nikolaj allora scoppiò a ridere e gettò la rosa avvelenata sul pavimento, incurante del fatto che qualcun altro meno sveglio avrebbe potuto raccoglierla.
⠀⠀⠀⠀« Meraviglioso, Dostoevskij! Sei davvero unico! » Applaudì ridacchiando, nonostante il suo applauso producesse ben poco rumore dati i guanti. Con due ampie falcate coprì la breve distanza che lo separava dal suo interlocutore e non ebbe più premura di trattenersi, né di domandare ulteriormente. Sorrise e ridusse la sua voce a un sussurro suadente che pronunciò soltanto una parola: « Permettimi. »
Afferrò la mano destra del corvino con la sua mano sinistra, facendo in modo che le dita di entrambi si intrecciassero tra loro, mentre la mano destra andò ad avvinghiarsi senza tante cerimonie sul fianco sinistro del musicista. L'attirò a sé così che le loro figure combaciassero perfettamente e iniziò a seguire il ritmo della melodia che stava suonando il pianista. Era un comune valzer in do minore. Da alcuni decenni ormai il valzer viennese aveva preso piede in tutti gli strati sociali - almeno in Europa e Russia annessa - fino ad affermarsi addirittura tra la nobiltà. Nikolaj proveniva da una famiglia di periferia, ma era gente rispettabile e di una certa cultura, per cui sin da bambino aveva imparato l'arte della musica e della danza. Ricordava perfettamente che fino a meno di vent'anni prima il suo precettore lo aveva rimproverato di non stringere troppo la sua dama poiché sarebbe sembrato maleducato, scomposto e perfino volgare. A distanza di qualche lustro, invece, era diventata una prassi danzare in quel modo e Nikolaj ne era felice perché lo trovava molto più naturale. Dostoevskij, d'altro canto, seguiva con maestria i suoi passi, ma in modo tutt'altro che "naturale". La mano del biondo poggiata sul suo fianco era scivolata più comodamente dietro la sua schiena e ormai il suo braccio gli cingeva possessivamente la vita, mentre un sorriso dolce aleggiava sulle sue labbra. Il corpo del corvino era leggero e delicato così come aveva immaginato osservando la sua figura aggraziata e stringerlo tra le braccia gli metteva una certa angoscia, quasi avesse paura che tutta quella perfezione si sgretolasse tra le sue mani. Da quel che aveva avuto modo di notare indossava perlopiù abiti bianchi e morbidi, estremamente semplici, che calzassero quasi larghi sul suo fisico esile e slanciato. Forse per nascondersi, forse per non dare nell'occhio... Eppure restava di una bellezza che difficilmente sarebbe potuta passare inosservata. « Dovresti scioglierti un po'... Sei molto teso. Dubito tu non conosca questo valzer¿ » Gli fece notare Nikolaj, scegliendo arbitrariamente di utilizzare la retorica al fine di abbindolare l'istinto competitivo del giovane.
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፧ De Libertate ፧ Fyolai ፧
Historical Fiction❝ Non⠀trovi⠀che⠀cedere⠀al fato⠀e abbandonarsi alla morte per ottenere la libertà sia una totale forzatura? Perché mai⠀gli esseri umani dovreb- bero sottostare⠀a questo rituale pur di essere liberi ? È una totale ingiusti- zia. L'umanità è così medio...