2. La vita come un mosaico.

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È arrivato nuovamente il giorno del coro e Manuel continua a valutare l'idea di non ritornare mai più in quell'aula.

Ha passato gli ultimi giorni a pensare - forse anche troppo - alla sua vita, alle sue esperienze, alle persone che ha conosciuto e che si sono allontanate dopo pochissimo tempo perché le sue possibilità sono sempre state limitate - specie sul lato economico.

È ora di ricreazione e lui se ne sta appoggiato al davanzale della finestra, osserva il mondo continuare a scorrere fuori da lì mentre lui si sente intrappolato in una realtà che non ha mai percepito come propria, che non lo ha mai fatto sentire capace, a proprio agio.

Vorrebbe tanto andare fuori e iniziare la vita vera, quella fatta di una libertà a cui aspira sin da quando era bambino e che non è mai riuscito ad afferrare.

Spesso teme che non ci riuscirà mai.

È probabilmente la sua paura più grande.

Più grande della morte.

Più grande dell'oblio.

E in quei giorni è diventata sempre più forte al punto da togliergli il fiato, da farlo sentire dentro una gabbia, un claustrofobico in uno spazio minuscolo.

«Caffè?»

Sente una voce alle sue spalle, si volta appena per guardare il ragazzo che gli sta accanto.

È Simone, ha un sorriso sgargiante e un bicchierino di plastica tra le dita.

«È al ginseng, l'hanno aggiunto da poco alla macchinetta» continua e avvicina ancora un po' il bicchierino a Manuel

«Che è? Te fa schifo e lo vuoi dà a me?» scherza dopo aver lanciato un'ultima occhiata alla libertà oltre quelle finestre, prima di rivolgere completamente la propria attenzione a Simone

«No, giuro che non è così» ride appena «Provalo, è buono»

Manuel afferra il bicchierino senza replicare oltre, non ha molta voglia di parlare né tantomeno di scherzare ma apprezza quel gesto da parte di Simone, specie perché non si parlano da quel pomeriggio in villa - saluti veloci tra uno scontro e l'altro in corridoio a parte.

«Prendilo come un ringraziamento per avermi riportato la giacca»

«Pe' così poco» mormora Manuel prima di bere un sorso del caffè che gli è appena stato offerto

«Allora? Com'è?»

«Nemmeno se lo producessi te saresti così interessato» scherza Manuel «È buono, comunque. Non c'ha er sapore del caffè manco pe' sbaglio ma è buono»

«Levi il broncio, adesso?»

«Dovrei rinasce' pe' quello»

«Non è vero, l'altro giorno mi hai sorriso»

«Avrai visto male»

«Dici?»

«Dico, fidate» insiste e Simone si lascia sfuggire una flebile risata prima di avvicinarsi ancora un po' e appoggiarsi sul davanzale della finestra proprio accanto a lui

«Vieni più tardi al coro?»

Manuel beve un altro sorso di caffè prima di scuotere lievemente il capo «Non lo so, non penso de tornà onestamente»

«Come mai?»

«Ma l'hai visti, Simò? Me spieghi che c'entro io co' loro?»

«Non ti senti a tuo agio?»

«No, me sento come uno che è capitato lì pe' caso, cosa vera tra l'altro. Tu c'andrai pe' fà 'n piacere a tu' nonna, Rachele ce va perché je piace cantà e probabilmente lì è l'unico posto in cui può farlo, l'altri ce vanno perché so' amici tra de loro. Io ce vado perché tu' padre me costringe»

Passo dopo passo || Simone x ManuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora