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Svegliarsi e non ricordare nulla può sembrare l'inizio di una giornata post sbronza.

Ma non ricordare neanche il proprio nome o tutto quello che si era fatto da quando si era nati poteva essere un po' eccessivo, quanto aveva bevuto la sera prima?

I suoi occhi si abituarono immediatamente alla luce. Ma che ore erano? Il sole filtrava dalle finestre in maniera accecante, doveva essere almeno mezzogiorno.                  

Si focalizzò sul soffitto affrescato della stanza: raffigurava un salone che assomigliava molto a quello in cui si trovava lei in quel momento, per poi capire che con ogni probabilità era proprio quello, dove una donna e un uomo erano distesi supini su due letti distinti, entrambi accerchiati da una sfera luminosa. La donna era contornata da una luce blu cobalto e l'uomo da un giallo così acceso che faceva quasi male a guardarlo.

Abbassò gli occhi su quella che era una stanza circolare in pieno stile rinascimentale, per poi scoprire che non era sola: sei paia di occhi la stavano scrutando senza emettere una parola.

Era sicura di non aver mai visto prima in vita sua nessuna di quelle persone.

«Benvenuta, Emerald.»

Un ragazzo alto, dai riccioli castani e gli occhi grigi, la salutò. Aveva una postura eretta e tutto in lui emanava sicurezza.                                                                                             E così si chiamava Emerald? Ma come cavolo faceva a non ricordarselo...

«Sono morta?» Chiese lei continuando a guardare i visi curiosi di ognuno dei presenti. Qualcuno le sorrise in modo rassicurante, ma lei non era sicura di sentirsi rassicurata in una stanza sconosciuta piena di gente mai vista, non ricordandosi nemmeno il suo nome.

«No, non lo sei» le rispose pacato lo stesso ragazzo avvicinandosi lentamente al giaciglio in cui si trovava, che era costituito da una parallelepipedo di marmo bianco.

«Mi avete rapita? Mi avete fatto qualcosa? È per questo che non ricordo...»

Sentiva il respiro accelerare e la gola chiudersi; se non era ancora morta l'avrebbero di certo torturata o chissà che cosa e a quel punto avrebbe rimpianto la prospettiva di non essere già deceduta.

«Va tutto bene, non ti faremo niente di male» si affrettò a risponderle sempre il ragazzo vedendole il panico negli occhi «Sei a casa ora» e le sorrise.

«Io sono Dominic, comunque» si avvicinò ancora di più e le allungò la mano.

Lentamente la ragazza sollevò il braccio nella sua direzione e gli strinse la mano dicendo «Io sono Emerald, suppongo.»

Dominic fece una mezza risata «Sì, il nome lo abbiamo scelto noi... Non molto creativo vista l'energia dei tuoi poteri, ma il Castello non dà molto tempo per decidere. Immagino tu sia confusa, ma ti sarà spiegato tutto, non preoccuparti»

No, no, non si preoccupava. Era solamente sola in un posto sperduto senza il minimo ricordo insieme a gente che parlava di poteri... Poteri?

«Aspetta. Cosa vuol dire poteri?»

«Oh, ci lavoreremo. Ancora si devono manifestare a pieno e dobbiamo scoprire quali siano i tuoi... Ma i primi segni di energia si presentano fin dalla nascita»

La spiegazione non poteva essere più chiara, si ironizzò Emerald fra sé.

Un ragazzo sembrò capire cosa intendesse e le corse in aiuto dicendo:

«Guardati le mani e concentrati sull'energia.»

Alzò gli occhi in direzione del suo interlocutore e si ritrovò un ragazzo dritto e composto dalla carnagione diafana e gli occhi che, in contrasto, erano scuri come il carbone, lo stesso colore dei suoi capelli.

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