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La gente iniziò a scappare e ad urlare in preda al panico.

Sirene e allarmi sovrastavano il trambusto, mentre parti di edifici cadevano sulle strade.

«Viene da est, lo percepisco»

Emerald non fece in tempo a chiedere a Cassiopea cosa volesse dire che le due si misero a correre verso oriente e lei non potè fare altro che seguirle a ruota.

«Potrebbero essere di tutto!» urlò Amethyst per farsi sentire.

«Di che cosa state parlando?» chiese con lo stesso volume Emerald, ma qualcosa le disse che non aveva bisogno di una risposta.

Tre figure, due uomini e una donna si presentarono d'improvviso davanti a loro. Emerald non era troppo sicura che fossero umani; gli occhi erano di un viola talmente scuro da sembrare nero e la pelle era ingrigita, come se si fosse spenta, i lineamenti di tutti e tre erano spigolosi e le loro espressioni, quella era la cosa più inquietante, erano vitree. Non si muovevano di un pelo, quasi come se non respirassero.

Si assomigliavano spaventosamente e Emerald non avrebbe saputo fare distinzione tra nessuno di loro se una non fosse stata la versione femminile degli altri due.

Le tre figure emanavano una presenza gelida, crudele, che la faceva rabbrividire.

Cassiopea mosse le mani e un fulmine si scagliò su loro tre: furono talmente veloci ad evitarlo che per un momento Emerald pensò che non si fossero mossi affatto.

«Fa attenzione, niente cose avventate» le raccomandò Amethyst lanciando un muro di energia viola ai tre individui: riuscì a colpirne solo uno, il maschio più a destra, che si polverizzò in coriandoli scuri che puzzavano di morte.

La donna e l'uomo non cambiarono minimamente espressione alla perdita dell'amico.

Non doveva essere simpatico, pensò Emerald.

Con un movimento repentino delle mani l'uomo e la donna fecero apparire delle corde di energia che andarono a stringere il busto di Amethyst e Cassiopea; represse l'istinto di urlare, ma fortunatamente le due ragazze riuscirono a liberarsi in fretta: i due tizi avevano fatto l'errore di lasciarle le mani libere e con un raggio di energia erano riuscite a tagliare le funi.

Emerald era paralizzata. Non sapeva cosa e come comportarsi ma di una cosa era certa: quei cosi non erano buoni e andavano distrutti, per salvare New York da quel terremoto.

Tirò fuori lo Specchietto Comunicante dalla tasca e premette il tasto rosso: il tasto di allarme che avrebbe avvisato tutti i Guardiani dell'emergenza.

La donna inquietante approfittò del suo momento di distrazione per lanciarle una scaglia di energia nera; riuscì a spostarsi appena in tempo per evitare che la colpisse in pieno petto ma le procurò comunque un taglio sul braccio che non aveva affatto un bell'aspetto.

Urlò di dolore ma quando cercò di lanciargliene un altro fu pronta: mosse le mani e uno scudo verde la protesse dall'impatto.

Amethyst e Cassiopea si stavano concentrando sull'altro tipo: erano dentro un combattimento concitato ma non sembravano cavarsela male.

Emerald lanciò lo scudo contro la nemica che lo disintegrò senza la minima fatica.

Cercò di intrappolarla dentro una bolla verde ma questa, dopo un attimo di confusione, riuscì a liberarsi e si mise a muoversi verso di lei.

Il suo primo istinto fu quello di pensare al Castello e scappare, ma non avrebbe mai abbandonato le sue compagne.

Ma una cosa le fu chiara: non era abbastanza forte per combattere quella cosa da sola e quindi doveva guadagnare tempo, in attesa dell'arrivo dei rinforzi.

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