Capitolo undici

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Bateman allentò la presa e ritornò a sedersi.

— Ho ucciso Paul Allen e mi è piaciuto farlo. — aggiunse sorridendo soddisfatto.

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Ero terribilmente scossa dalle sue parole, ma ciò che mi spaventava ancora di più era il fatto che lo aveva rivelato con tranquillità e spensieratezza.

Immediatamente uscii dal suo ufficio e mi precipitai nell'ascensore. Ero anche incredula, non sapevo se stesse facendo sul serio, aveva in qualche modo l'intenzione di distruggermi mentalmente. Mi diressi verso il distributore automatico, avevo seriamente bisogno di un caffè.

Incatenai i polpastrelli nelle ciocche dei capelli mentre stringevo i denti, tentai anche di non piangere, di non dimostrarmi debole anche a quel genere di situazione, ma non riuscii a trattenere quelle poche lacrime che mi rigarono il viso.

Patrick aveva ucciso Paul?

Come avrei sopportato una cosa simile? Non potevo dirlo ad Evelyn, non l'avrebbe sicuramente risparmiata, forse ero anche meravigliata del fatto che non mi avesse ancora toccata. Più o meno. "Dovevo lasciare questo posto di lavoro tanto tempo fa." Continuavo a ripetermi, ma poi giunsi alla conclusione che era tutto inutile. Non riuscivo a capire cosa voleva quell'uomo da me, ma soprattutto, perché io?

Cercai di pensare come un comune civile ma mi fu impossibile, cosa avrei dovuto fare? Mi alzai velocemente dallo sgabello e mi diressi nel mio ufficio, ignorando completamente la presenza dello psicopatico nell'altra stanza. Mi misi a rivedere vecchie mail e file, giusto per passare il tempo. Mentre mi massaggiavo la nuca con entrambe le mani realizzai che proprio quel giorno ci sarebbe stato l'evento organizzato da mio padre, certamente non volevo deluderlo, dopotutto, era anche in mio onore dato che aveva intenzione di presentarmi a tutti.

Passò una mezz'oretta e Patrick mi chiamò per portargli una bottiglietta d'acqua, una cosa banale, voi penserete.

Invece no! Mi ero completamente bloccata, mentre l'uomo dalla stanza affianco rideva divertito alla visione della mia figura tremante, che osservava dettagliatamente dalla vetrata. Mi alzai lentamente per poi sbrigarmi ad andare a prendergli la maledetta bottiglietta d'acqua. Rabbrividivo al pensiero di dover incrociare il suo sguardo un altra volta. Bussai e mi diede il permesso di entrare, posai la bottiglietta sulla scrivania e feci per andarmene, ma la sua voce mi fermò.

— Olivia? — mi girai verso di lui, cercando di falsificare un sorriso il più possibile.
— Sì, Patrick? — mi toccai nervosamente il braccio destro.

Improvvisamente il suo viso si avvicino sempre di più al mio, le nostre labbra di conseguenza, erano a pochi centimetri di distanza. Chiusi e riaprii gli occhi istintivamente, mordendomi il labbro inferiore. Patrick, soddisfatto della mia reazione, non fece altro che continuare a scrutarmi diritto negli occhi, come se volesse entrarmi nell'anima, e ci riuscì.

— Hai uno sbaffo. — Bateman aggiunse infine, schernendomi con malizia. Io però non feci altro che stringere i denti e ritornare nella mia stanza, chiudendomi dentro. Una volta preso lo specchietto strofinai più volte l'indice ed il medio sulla mia fronte, proprio dove c'era quella macchia. Mi ero probabilmente sporcata le mani con qualcosa senza essermene accorta dopotutto. Ritornai a pensare alla situazione, l'unica soluzione era quella di chiamare le autorità e denunciare. Tuttavia, ogni volta che tentavo di digitare i numeri sul telefono, mi bloccavo, dandomi della stupida per essermi mostrata così debole, fragile e vulnerabile ai suoi occhi, che continuavano a fissare la mia presenza dalla stanza accanto.

Mi voltai verso di lui, maledicendolo mentalmente, per aver rovinato me e la mia coscienza, che ormai era colma di macchie. Patrick, per stuzzicarmi premette di nuovo il bottone per chiamarmi ed io, che non aspettavo alto, mi alzai immediatamente e mi diressi verso l'unico muro che ci separava, aprendo lentamente la porta.

Mi avvicinai a lui, senza dire una parola, mordendomi la guancia. Sospirai, prima di iniziare a parlare.
— Cosa devo fare? — chiesi con tono freddo e distaccato. Bateman diede due veloci colpetti alla gamba, invitandomi a sedere. Inumidii le labbra e feci come mi fu chiesto, anzi ordinato. Era una delle cose più umilianti che dovetti fare, il tessuto che copriva la mia parte più intima era a contatto con quello dei suoi pantaloni, ma Patrick gradiva tutto ciò, Patrick gradiva vedermi vulnerabile, Patrick gradiva vedere che effetto mi provocava. La sua mano che prima si trovava sulla scrivania, si spostò, iniziando a giocherellare con l'estremità della gonna che stavo indossando ed un brivido percorse tutta la mia schiena, facendomi buttare la testa all'indietro.

— Cosa volevi fare Olivia? Chiamare la polizia? Che sciocca. — mi sussurrò all'orecchio stringendo i denti, facendomi sobbalzare. Le sue dita si avvicinavano sempre di più al mio interno coscia, anche se io pregavo mentalmente che smettesse, il mio corpo stava reagendo in modo totalmente diverso. — Olivia rispondi, cazzo. — continuò spostando il suo assalto sul collo.

— Mhhm.. Patrick.. — volevo dirgli di smetterla, perché se avesse continuato, mi sarei abbandonata al piacere, senza pensare lucidamente, anche se forse, era quello che volevo realmente. Bateman però era troppo stronzo per soddisfarmi senza avere nulla in cambio, senza trarne vantaggio ecco. Così mi fece alzare bruscamente, ed io, che stavo per aprire bocca venni azzittita dalla sua di voce.

— Dovresti iniziare a prepararti, o farai tardi alla cena che il clamoroso Anderson preparò per la sua amata figliola. —

Author's note:
Scusatemi tanto per l'attesa, cercherò di essere più attiva in questo periodo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 16, 2023 ⏰

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" I don't like your fake side. " - Patrick Bateman x ReaderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora