Antefatto III

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Riccardo era un contadino dal temperamento brusco e sgarbato. Non aveva moglie, né amici, né nessuno a cui importasse di lui. Viveva per conto suo in una piccola casa diroccata. Ogni giorno si alzava all'alba per zappare la terra nel campo che i suoi genitori gli avevano affidato. Non amava il suo lavoro, ma non sapeva fare altro. Era sempre insoddisfatto e arrabbiato con il mondo.

La sera, Riccardo era solito andare alla taverna del vicino villaggio per riempirsi lo stomaco e bere. Lì sfogava la sua rabbia e il suo disprezzo verso il prossimo. Litigava spesso con gli altri avventori e con lo stesso taverniere, che lo sopportava solo perché nutriva i suoi affari. A volte si metteva a giocare a carte, ma perdeva sempre perché non sapeva barare.

Da poco tempo in taverna lavorava una bella fanciulla che aveva attirato l'attenzione di molti dei frequentatori. Riccardo era uno di questi e cercava sempre di attirare la sua attenzione. Tuttavia, la fanciulla non sembrava interessata a lui e questo lo faceva arrabbiare ancora di più.

Si chiamava Bea ed era la promessa sposa del figlio del sindaco, Giacomo detto Rasoio perché girava sempre con un coltello affilato. Questo rendeva ancora più difficile la situazione per Riccardo, che si sentiva malissimo.

Riccardo, inoltre, era fortemente logorato dal fatto di perdere a carte ogni sera, e il desiderio di ribaltare quel dannato tavolo da gioco diventava in lui sempre più forte e insistente.

Bea, che serviva i tavoli, lo guardava con schifo e disprezzo e cercava di evitare il suo sguardo. Ma Riccardo era sempre più furente, e sul punto di perdere il controllo.

E fu proprio ciò che accade una sera...

Riccardo perse completamente la pazienza con quelli al tavolo con lui. Non riusciva ad accettare l'ennesima sconfitta a "tre sette" e accusava gli altri di aver barato. Questi avevano preso a deriderlo e lo punzecchiavano con battute poco simpatiche. La situazione degenerò rapidamente e l'uomo finì per ribaltare il tavolo addosso a quello che gli stava di fronte. Si alzò in piedi barcollante per inveire contro quei falsi amici che lo accusavano di essere pazzo. Riccardo prese a picchiare uno di loro, che sbatté contro il tavolo vicino facendo rovesciare il vino che una coppia di avventori aveva appena ordinato.

Una mano sbatte pesantemente sul bancone: era il padrone della taverna. Un uomo di mezza età con una barba folta e occhi scuri come la notte.
Era molto orgoglioso del suo locale e non tollerava che si creassero disordini. Si chiamava Gino, ma amava farsi chiamare Gin.
Gin era forte e robusto, con le braccia muscolose e le mani grandi come pale. Quando qualcuno lo faceva arrabbiare, diventava rosso in viso mentre la voce era un ruggito.
Gin, che aveva avuto molta pazienza con Riccardo fino a quel momento, si arrabbiò molto e lo buttò fuori dalla taverna. Riccardo si ritrovò solo in strada, senza amici e senza soldi.

Riccardo rientrò a notte fonda. Era talmente ubriaco che non riusciva neppure a trovare la toppa della serratura, così si trascinò barcollando fino al capanno dove teneva i suoi attrezzi da lavoro e si buttò su un mucchio di fieno. Lì si addormentò subito, restando come un sasso fino al canto del gallo.

La notte mentre dormiva, sognò Lara...
Lara era una contadina del villaggio vicino. Era molto carina, ma riservata come se vivesse in un mondo tutto suo. Riccardo la vedeva ogni tanto al mercato o entrare in Chiesa. Era una fanciulla seria e silenziosa, non come quella oca di Bea.
La giovane lavorava come bracciante nel campo dei suoi nonni, ma Riccardo l'avrebbe vista volentieri nel suo. Molte volte aveva cercato di avvicinarla per scambiare due parole, poi a causa di un blocco che gli prendeva allo stomaco, gli si paralizzava pure la lingua, così non le aveva mai parlato.

In realtà, non parlava con nessuna donna perché non ne era capace. Poi, con la cattiva fama dell'ubriacone che era, nessuna donna si sarebbe fermata con lui più di un minuto. Anzi, probabilmente vedendolo arrivare lo avrebbero evitato.

Durante il sonno, però era tutto diverso. In sogno, Riccardo e Lara si incontravano nelle campagne, dove riparati all'ombra degli alberi si scambiavano sorrisi e parole dolci, mentre lui le versava del buon vino... Certo, tanta galanteria non era roba per lui, però nei suoi sogni Riccardo riusciva persino ad essere un uomo nobile di cuore. Ma quando si svegliava con il mal di testa era tutta un'altra storia, che narrava un'esistenza piena di insoddisfazioni e infelicità.

Nelle settimane avvenire, accadde un fatto: Lara era stata rinchiusa in una cella buia sotto il municipio perché aveva aiutato il temuto vampiro che da tempi immemori tormentava il villaggio. Riccardo non poteva credere alla storia che aveva sentito raccontare quella sera in taverna. A detta dei presenti, la sua piccola Lara avrebbe scelto di farsi mordere dal Conte Vlad per salvargli la vita.
Un follia!

Ma quello non fu l'unico guaio che gli capitò. Circa un anno più tardi, in un maledetto giorno accadde un altro fatto che lo fece dare di matto sul serio. Riccardo si svegliò presto quella mattina e si affacciò dalla porta del fienile. Il sole stava sorgendo e illuminava il suo campo di grano. Ma c'era qualcosa che non andava. Vide dei movimenti tra le spighe e sentì dei rumori sospetti. Si avvicinò e guardò meglio.
Erano dei conigli!
Una dozzina almeno, che si stavano abbuffando del suo raccolto.

Riccardo si arrabbiò moltissimo. Quel grano era il frutto di mesi di lavoro e ora quei maledetti roditori glielo stavano rubando. Non ci pensò due volte. Entrò in casa, e prese il fucile, caricò le cartucce e sbucò fuori dalla porta. Furioso, ma badando a non far sentire i suoi passi si avviò al campo. I conigli non si accorsero della sua presenza finché non fu troppo tardi.

Riccardo aprì il fuoco senza pietà. Uno dopo l'altro, i conigli caddero a terra in una pozza di sangue. L'uomo continuò a sparare finché non ne rimase nessuno in vita. Poi si fermò e guardò il suo campo devastato. Non c'era più niente da salvare. Si sentì triste e amareggiato, ma in fondo anche soddisfatto per il sottile gusto che gli aveva recato la vendetta.

Riccardo però non si avvide subito che uno dei conigli era riuscito a scappare.

Era una coniglietta bianca con una macchia nera sull'occhio. Corse verso i boschi, sperando di trovare un rifugio sicuro. Ma Riccardo la vide e le corse dietro. Era impazzito e omicida. Voleva uccidere anche l'ultimo dei suoi nemici.

La coniglietta però era veloce e agile. Saltava tra gli alberi e i cespugli, cercando di seminare il suo inseguitore. Ma Riccardo non mollava. Era determinato a finire il lavoro. La coniglietta arrivò ai margini del bosco, dove vide un vecchio castello. Forse lì avrebbe potuto nascondersi. Entrò in una cavità nel muro e sbucò con grande sorpresa in un meraviglioso giardino fiorito.

La furia di Riccardo si infranse contro le alte mura dell'antico castello, che sapeva appartenere al maledetto Conte Vlad!
Non poté fare a meno di stringere il pugno, pensando a Lara, che ora si trovava prigioniera dell'oscurità a causa sua.

Quella stessa notte, Riccardo tornò a nascondersi nei dintorni del castello. Si arrampicò su un albero per osservare cosa succedeva nella sala, aspettando con ansia il momento in cui il Conte avrebbe assaggiato la sorpresa che sicuramente aveva trovato in giardino. Riccardo avrebbe assistito con piacere a tutta la scena...
"Maledetto coniglio" grugnì
Pensando per l'ennesima volta al raccolto perduto. Ma nella Sala stava accadendo qualcosa di completamente diverso da ciò che si aspettava di vedere...

La sala era enorme e sfarzosa, piena di quadri, arazzi, statue e mobili preziosi. Al centro c'era un grande tavolo imbandito con ogni sorta di cibi e ortaggi. E sopra al tavolo c'erano non uno! Ma due conigli che si stavano abbuffando allegramente!

Riccardo rimase a bocca aperta. Non poteva credere ai suoi occhi. Come era possibile che quei maledetti animali avessero preso il sopravvento sul castello? E dov'era il conte? Forse era scappato o forse era stato ucciso dagli stessi conigli.
Stava perdendo la ragione. La vista gli si annebbio un attimo, chiuse gli occhi, respirò a fondo e tornò a spiare quella strana festa.
Adesso i due conigli stavano mangiando in compagnia del conte che li serviva!
Riccardo spalancò incredulo gli occhi e si chinò in avanti per guardare meglio, ma il ramo dell'albero non resse il suo peso e si spezzò.

Rovinò a terra.

Per poco non si ruppe il collo quella dannata notte.
Ma perché non aveva preso il fucile?
Si rialzò in fretta correndo verso il villaggio. Un'ora più tardi Riccardo arrivò alla taverna dove raccontò tutto quello che gli era capitato, incluso ciò che aveva visto al castello del dannato Conte Vlad.

La Solitudine di un VampiroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora