Capitolo 10 - Il ballo

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Il grande giorno era finalmente arrivato.

Camille aveva atteso quel momento per tre settimane, struggendosi fra i pensieri scaturiti per colpa di John e i suoi discorsi sulla superficialità, la paura di non ricevere i vestiti per tempo e il terrore che il clima tornasse freddo e piovoso, ma adesso poteva tirare un sospiro di sollievo: aveva accettato la sua indole capricciosa con rinnovata maturità, gli abiti erano arrivati e il sole era stato padrone del cielo per l'intera settimana.

Non c'era proprio niente, in quel momento, che potesse gettare ombre sul suo umore.

«Oh, Jane, non è fantastico? Credevo di non indossare mai più un abito come questo e invece guarda qui, è magnifico!» esclamò entusiasta rimirandosi allo specchio, mentre la cameriera finiva di allacciarle il corpetto.

Dato che lo considerava il ballo della svolta, il miglior auspicio nella speranza di vivere una stagione quantomeno dignitosa, aveva indossato il meglio riuscito dalla signora Delhan: l'abito color avorio con le rifiniture in pizzo e i ricami a fiori e foglie dorati.

Doveva ammettere che la sarta aveva fatto un ottimo lavoro con quella mussola, quasi alla pari di madame Latouche: il morbido tessuto le cadeva delicato sul corpo e ne evidenziava le curve, senza risultare volgare; la scollatura a cuore bordata di pizzo lasciava intravedere la forma del seno e i ricami dorati seguivano le linee in maniera armoniosa, dando movimento sia al corpetto che alla gonna.

«Sì, signorina, è molto bello. Voi lo siete, se posso permettermi. State d'incanto.»

«Grazie, Jane, ma non lodarmi troppo. Qualcuno potrebbe pensare che cerchi di gonfiare ancora di più il mio ego» scherzò e la cameriera si mise a ridere, accompagnandola alla toeletta. Lì, lasciò che finisse di acconciarle i capelli con i nastri, anch'essi color avorio, e dopo aver messo le scarpine e i guanti di raso, di diresse emozionata verso l'atrio del castello.

Con sorpresa, John la stava già aspettando insieme al suo valletto e al signor Montgomery, pronto con in mano il suo soprabito. Era messo di spalle rispetto alle scale, dunque non si era accorto del suo arrivo.

Anche lui era elegante, vestito con il classico frac nero, guanti e fazzoletto da collo bianchi, stivali lucidi e l'immancabile bastone in legno laccato al suo fianco. Trovava avesse sempre un che di austero in quella posizione, così come nell'atteggiamento: era come se volesse intimidire chiunque tentasse un approccio. Lo aveva fatto con lei e continuava a farlo con le altre persone.

Le dispiaceva, per quello. Certo capiva il suo comportamento, dopo la loro chiacchierata in carrozza sapeva bene quanto John avesse sofferto, eppure non era mai stato più distante dall'essere severo e imperscrutabile.

In quelle settimane si erano conosciuti meglio, avevano parlato, anche di argomenti che mai avrebbe pensato di poter discutere con un uomo, e aveva scoperta una persona ironica, divertente e, soprattutto, comprensiva.

Avrebbe voluto che anche lui se ne accorgesse, che la smettesse di rimanere intrappolato nel passato, perché se c'era qualcuno che meritava pace e serenità, era lui.

Arrossì a quel pensiero, ma era la verità. 

A ogni modo non era quello il momento per lasciarsi andare alle riflessioni e preferì focalizzarsi su chi avrebbe danzato con lei quella sera.

Visti i trascorsi, era sicura che il signor Wright si sarebbe proposto per primo, seguito dal Duca, poiché, in quanto padrone di casa, non poteva esimersi dalle danze. Per quanto riguardava il signor Sterling, doveva ammettere di non averci pensato molto. Dopo il loro incontro, infatti, lo aveva fatto solo tre volte: la sera stessa, il giorno seguente, ma solo perché pioveva e non aveva avuto nient'altro da fare, e dopo il discorso con John sull'amore e l'infatuazione.

Un visconte all'improvvisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora