Capitolo 15

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Quando arrivai a casa, chiamai subito William, anche se molto probabilmente era a lavoro. Aiutava suo padre nell'officina meccanica di famiglia. Il telefono squillava ma lui non rispondeva. Ero emozionata e volevo che sapesse al più presto di questa nuova terapia, che forse, avrebbe potuto salvarmi. Forse, il desiderio che aveva espresso il giorno del suo compleanno poteva veramente realizzarsi. Forse, avremmo avuto la possibilità di avere un futuro insieme. Sapevo che ne sarebbe stato felice.
«Mamma! Vado un attimo dai Collins. Torno fra poco!», le urlai poiché era in cucina che stava già preparando il pranzo.
Lungo il piccolo tragitto, ero agitatissima. Facevo dei piccoli saltelli di gioia. Non vedevo l'ora di vederlo e di dirgli tutto.
Anna mi aprì la porta di casa. «Ciao Anna, c'è Will in casa?», le chiesi sorridendo.
Anna rimase un po' confusa dalla mia domanda, infatti rimase in silenzio alcuni secondi prima di rispondermi.
«Diana, Will stamattina è partito per l'Arizona. Ha detto che voleva passare un po' di tempo con i suoi amici, ma scusa, non te l'ha detto?». Rimasi a bocca aperta.
«Ah, sì giusto. Me ne ero completamente scordata. Scusami. Salutami tanto Bella e Logan», le dissi prima che lei chiudesse la porta di casa.
Presi immediatamente il telefono che avevo nella tasca dei jeans posteriore e gli scrissi un messaggio.

Ariziona? Davvero? E quando pensavi di dirmelo?

Ero furiosa. Poteva essere un momento speciale e invece lui ha deciso di partire per l'Arizona senza neanche dirlo alla propria ragazza. Stavamo insieme da quasi tre mesi e non avevamo mai litigato prima d'ora. Era una sensazione strana, non sapevo come comportarmi. L'unica cosa che sapevo, è che ero incazzata nera.
«Sono a casa», dissi a mia madre fingendo un sorriso. Non volevo che sapessero di tutto ciò.
«Di già? Pensavo ti fermassi di più da loro», mi rispose mentre con la forchetta assaggiava uno spaghetto per vedere se era cotto abbastanza.
«Mamma, io in realtà non ho molta fame. Sai, sono ancora un po' confusa per la notizia della terapia, quindi vado di sopra».
«Tesoro, sei sicura di stare bene?».
«Si, sto bene. Vorrei solo cercare un attimo di mettere in ordine i pensieri. Voi mangiate pure», le dissi mentendo.
Passavano le ore, ma nessuna risposta da parte di William. Mi sentivo ferita. Aveva rovinato un momento speciale della mia vita. Un momento che avrebbe potuto cambiarmela.
Non avevo toccato cibo per tutto il giorno, e infatti, mi sentivo senza forze.
Verso le undici, mi addormentai ancora con il telefono in mano, nella speranza di ricevere una sua chiamata o un suo messaggio.

Ad un certo punto, iniziai di nuovo a sputare sangue dalla bocca. Ma stavolta, non respiravo proprio. I miei polmoni erano completamente bloccati e l'ossigeno non poteva attraversarli. Provai ad indossare con velocità la maschera che tenevo vicino al letto, ma neanche quella funzionava. Ero nel panico più totale.
Non riuscivo a chiamare mia madre o mio padre. La voce non usciva dalla mia bocca. Stavo per morire, e lo sapevo.
Mi sedetti sul letto e d'istinto mi misi le mani attorno al collo. Sentivo pressione negli occhi, come se qualcuno mi stesse soffocando.
Sentivo che era arrivato il mio momento. Sentivo che la mattina seguente, i miei genitori mi avrebbero trovata morta nel mio stesso letto. Un corpo freddo. Immaginavo il pianto disperato di mia madre e le inutili fatiche di mio padre per provare a risvegliarmi.
Era già passato un minuto da quando non riuscivo a respirare. Iniziai a non sentire più le parti del mio corpo. Le mie mani formicolavano e le gambe non si muovevano. Dopo due minuti di astinenza dall'ossigeno, mi lasciai andare. Mi arresi alla vita. Non ce l'avevo fatta.
Quel venticello, era passato a prendermi per portarmi in un posto migliore, dove non avrei più dovuto soffrire. Dove nessuno avrebbe più sofferto.

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