Quando mio padre parcheggiò la macchina nel vialetto di casa, riconobbi subito quel fisico muscoloso che era seduto sulla panchina davanti alla porta di casa mia. La mia rabbia, che poco tempo prima di era attenuta, ora, stava iniziando a salire sempre di più. Il sangue mi ribolliva nelle vene. Camminai velocemente verso di lui.
«E così te ne vai in Arizona senza dire un cazzo alla tua ragazza?! Senza rispondere ai mille messaggi che ti ho mandato o alle mie chiamate?!». I miei genitori erano scioccati ma non rimasero a guardare mentre discutevamo. Rientrarono in casa insieme a Mary, che mi guardava preoccupata.
William si alzò in piedi dicendo:«ti prego, fammi spiegare almeno».
«Spiegare?! Ma vaffanculo William!!». Mi prese per un braccio.
«Ti prego, Diana, lasciami parlare per due minuti».
«Hai preso e te ne sei andato senza dirmi un cazzo di niente e ora dovrei darti la possibilità di spiegare?! Di spiegare cosa?! Sono io che dovrei dirti che sei una merda per non esserci stato in questi giorni! Avevo bisogno di te e tu non c'eri! Lasciami stare!», gli urlai. La sua presa sul mio braccio diminuí e senza guardarlo negli occhi entrai in casa.
Mia madre mi guardava a bocca aperta, sapevo che avrebbe voluto chiedermi qualcosa ma d'altra parte sapeva anche che avevo bisogno di stare un attimo da sola per sbollire la rabbia.
Quando arrivai in camera, presi un cuscino e iniziai a soffocare un urlo. Aveva avuto la faccia tosta di venire davanti a casa mia per "spiegarmi" che cazzo ha fatto in due giorni in Arizona. Ero furiosa. Non riuscivo a smettere di muovermi. Volevo spaccare qualcosa. Mi sedetti sul letto e iniziai a far tremare la gamba per la rabbia e la tensione. Il mio cellulare iniziò a squillare e appena vidi il suo nome comparire sullo schermo, decisi di prenderlo in mano e di bloccare il contatto. Iniziai a piangere per colpa della disperazione. Non avevo mai provato così tanto dolore in tutta la mia vita. Mi faceva male il cuore. D'istinto, mi strappai la collana dal collo e la buttai nel cestino sotto la scrivania.
Sentí la mano di qualcuno accarezzarmi la schiena mentre avevo affondato la faccia nel cuscino continuando a piangere.
«Shh... shh». Era Mary. Stava provando a calmarmi, e il suo tocco un po' funzionò.
«Sono cosí arrabbiata con lui!», le dissi alzando la testa dal cuscino.
«Lo so, lo so tesoro. Sfogati ora».
«Dopo tutto l'amore che mi ha promesso se ne va in Arizona per due giorni senza chiamare, senza avvisarmi e poi torna pretendendo che io sia felice di vederlo! Ma che razza di uomo è?!».
Mentre continuavo ad urlare, Mary non smetteva di accarezzarmi la schiena.
«Magari è andato lì per una cosa importante», mi disse.
«Importante?! E io chi sono per lui?! Una sconosciuta?! Le cose importanti si dicono alla propria ragazza!».
«Hai ragione, tesoro». Poi continuò a dire:«è meglio se guardi dalla finestra, Diana».
«È lui con i suoi maledetti fogli, vero?!». Non riuscivo a calmarmi.
«Vado di là. Ma tu guarda». Alzai lentamente la testa dal cuscino e mi strofinai gli occhi per guardare meglio. Mi avvicinai alla finestra e vidi William con le lacrime agli occhi e un foglio in mano, con una scritta rossa.Aspetta
Poi, cambiò foglio.So che non vuoi parlarmi o vedermi
Mentre cambiava i fogli, le mie lacrime continuavano a scendere.
Ho sbagliato a non parlartene prima
Sono andato in Arizona per risolvere alcune cose personali
Diana, ti amo
Dammi la possibilità di spiegarti
Ero ancora troppo arrabbiata. Presi un foglio e gli scrissi una risposta.
Mi hai abbandonata
Quando lesse le mie parole scritte, incominciò a piangere in modo più disperato.
Sono sempre qui, Diana
Gli risposi con un altro foglio. Questo era sempre stato un po' il nostro modo di comunicare.
Non ci sei stato nel momento del bisogno
Lesse il foglio e ad un tratto, scomparì dalla mia vista. Pochissimi minuti dopo, qualcuno spalancò la porta. Era lui.
«Diana, ti prego, lasciami parlare».
«Ragazzo, forza, andiamo», gli disse mio padre cercando di farlo uscire dalla stanza.
Lo guardai negli occhi. Non l'avevo mai visto così fragile.
«Papà, fallo entrare». Mio padre, mi ascoltò gli diede un'occhiataccia e chiuse la porta della mia camera.
«Diana, amore mio». Si sedette sul letto vicino a me e cercò di mettermi entrambi le sue mani sul mio viso.
«Non mi toccare». Stavo cercando di respirare e di calmarmi.
«Quali erano le cose personali che dovevi risolvere?», gli chiesi. Non riuscivo a guardalo negli occhi. Lui continuava a piangere e a cercare di toccarmi.
«È una cosa orribile di cui me ne sono pentito ma non potevo dirtela. Non potevo rispondere ai messaggi o alle tue chiamate».
«Voglio che mi dici di cosa si tratta. Subito».
Sì alzò dal letto e iniziò a mettersi le mani tra i capelli. Faceva avanti e indietro per la stanza preso dalla completa disperazione. Poi, finalmente, parló.
«Droga. Si tratta di droga. Due anni fa ero entrato nel giro dello spaccio e sono andato in Arizona per chiudere un debito».
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INCASTRO PERFETTO
Chick-LitDiana Margaret Smith è una ragazza di diciannove anni, malata di cancro ai polmoni. Passa le sue giornate rinchiusa fra le mura di casa. Un giorno quasi come gli altri di settembre, vede una famiglia trasferirsi nella casa accanto alla sua. Uno dei...