10. As I Recall, I Know You Love To Show Off

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I giorni di scuola passavano lenti, molto lenti. Mi chiedevo spesso perché l'estate durasse un battito di ciglia e l'inverno trascorresse così lentamente.

Quel pomeriggio di fine ottobre, ero a casa con Bill, che mi stava aiutando a ripetere filosofia per l'imminente interrogazione del giorno seguente.
-Stai sparando una marea di cazzate-
Aveva detto, fermando il mio discorso apparentemente lineare, chiudendo il libro con violenza.

-Così non aiuti, Bibs-
Mi massaggiai le tempie chiudendo gli occhi, era da qualche tempo che Tom mi infestava i pensieri, non lasciando spazio al resto. Non ero mai concentrata, ma sempre con la testa fra le nuvole.

-Cosa ti tormenta?-
Mi chiese, ma di certo non potevo dirgli che la causa delle mie notti insonni era suo fratello, e i mille complessi che ne conseguivano.
-C'entra un ragazzo?-
Continuò il suo quarto grado fin quando non sputai il rospo: a Bill non potevo mentire. E non perché mi sarei sentita immorale, ma forse anche per quello, ma perché avrebbe indubbiamente capito cosa nascondevo.

Non era facile imbrogliare con lui, diceva che bastava vedermi l'occhio destro.
-Quello sincero, lo so!-
Dissi quando mi ripeté le stesse esatte parole di quando voleva estorcermi la verità, ribadendo il discorso dell'occhio.

Ma se c'era una cosa che avevo imparato, era che le verità erano scomode. Era indubbiamente meglio una bugia a fin di bene, in quei casi, ma sapevo che a lungo andare avrebbe portato a diverse conseguenze che avrebbero scatenato un'apocalisse all'interno del mio cagionevole organismo. Non si sfugge alle conseguenze.

-Potrebbe-
Dissi in riferimento alla sua seconda domanda, fu allora che gettò il libro per aria, facendolo cadere al suolo con un tonfo. Si mise comodo con un cuscino tra le gambe incrociate e mi guardò con un solo obiettivo: spettegolare. Glielo leggevo negli occhi che avrebbe fatto di tutto per dei sani pettegolezzi, così lo accontentai.

Lo guardai complice dirigendomi al mobile della cucina, dove presi degli orsetti gommosi, alcune liquirizie e vari dolciumi. Ora sì che potevamo iniziare la nostra seduta psicologica, o come le chiamavo io.

Parlammo di alcune ragazze e ragazzi nella mia scuola, quando il moro fece il nome di suo fratello, e io non potei fare altro che elencarne tutte le caratteristiche negative e i difetti, rischiando di esplodere dal nervoso.
-Ah, l'amore-
Aveva sospirato Bill, quando arrivai a metà del mio discorso. Amore? Avevo appena finito di listare tutto ciò che mi faceva imbestialire dei suoi comportamenti da coglione, e lui lo chiamava amore?

-Scusa, non ti seguo-
Dissi confusa, quando lui prese ad agitare un dito davanti ai miei occhi cristallini sconcertati i quali erano sovrastati dalle mie sopracciglia incurvate.
-Ronny, tu sei mai stata innamorata?-
Domandò, e ammetto che fu difficile trovare una risposta a quella domanda.

No. Nessuno mi era mai piaciuto in quel senso. E non avevo visto mai nessuno sotto quell'aspetto romantico. Tom era l'unico sul quale avevo fatto qualche pensiero poco casto, nel corso degli anni.

-A te piace Tom-
Continuò avvicinandosi al mio occhio destro, tentando di capire se stessi mentendo, ma quello era il sincero dei due e quindi andava sul sicuro.
Io ero innamorata di Tom?
Io ero innamorata di Tom.

Continuammo il discorso ancora a lungo, fino ad ora di cena, quando fu costretto da Simone a mangiare la zuppa di fagioli, nonostante mia madre lo avesse invitato a restare.

Mi crogiolai per l'ennesima volta nel mio letto dalle lenzuola pulite e profumanti di lavanda, era da ormai l'inizio della scuola che non chiudevo occhio.

-Ma che hai? Sembra tu abbia dormito in un bidone dell'immondizia!-
Mi schernì il rasta alla fermata del bus il giorno seguente, vedendomi con una sigaretta tra le labbra e le occhiaie violacee e marcate.
-Parla quello con i capelli da barbone, da quanto non ti fai uno shampoo?-
Gli chiesi con cattiveria, sputando con la mia acidità anche il fumo.

𝑰'𝒍𝒍 𝑲𝒏𝒐𝒘 [𝑻𝒐𝒎 𝑲𝒂𝒖𝒍𝒊𝒕𝒛]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora