ELIA
5 anni prima, terza media
Prendo un respiro profondo prima di entrare nella sala da pranzo. Appena entro vedo Zack Davidson seduto a capotavola e sua moglie seduta alla sua sinistra. Cammino verso di loro e mi siedo di fronte a mia madre, alla destra di mio padre.
«Oh, che bello, era da tanto che non cenavamo tutti insieme» esclama mia madre, Amanda Davidson: è una donna di 39 anni. A causa del suo lavoro da avvocato è sempre impegnata in cause diverse e si potrebbe dire che passa più tempo in tribunale che a casa, dove è sempre chiusa nel suo studio a lavorare ad altre cause, tuttavia ama la sua famiglia. Zack Davidson, invece, è il proprietario di una concessionaria e anche lui, come mia madre, passa più tempo nel suo ufficio che a casa. Forse è per questo che si amano così tanto. A differenza di mia madre però mio padre si è formato da solo: mi racconta sempre dei tre lavori che faceva per pagarsi le rette dell'università. Forse è per questo che frequento una scuola pubblica, per farmi sembrare di avere una vita anche lontanamente normale, la verità? Non lo è neanche lontanamente. Te ne accorgi dal fatto che preferisco stare a scuola che a casa. La maggior parte dei ragazzi aspetta con ansia l'estate per non andare più a scuola, io aspetto con ansia che finisca, perché? Niente scuola vuol dire stare a casa, stare a casa vuol dire stare da solo chiuso nella mia camera a suonare il pianoforte. C'è una sola cosa che mi piace dell'estate: il campionato. A giugno, infatti, inizia il campionato di calcio della contea di Los Angeles. Non sogno di diventare un calciatore famoso, è un semplice passatempo. Non ho iniziato a giocare a calcio perché mi piaceva, ma per lui. La prima volta che l'ho incontrato eravamo in gita ai giardini botanici, in quarta elementare. Le maestre organizzarono una specie di caccia al tesoro a squadre per passare il tempo e gli venne la brillante idea di fare squadre miste tra le tre classi, così finimmo in squadra insieme, con altri due bambini di cui non ricordo nemmeno il nome. La prima cosa che mi colpì di lui fu la sua spensieratezza, il modo in cui trattava me e gli altri due bambini, come se fossimo amici da sempre, quando in realtà non sapevamo dell'esistenza l'uno dell'altro fino a quella mattina. La seconda, il modo in cui cercò di consolare noi altri quando perdemmo la caccia al tesoro, anche se in realtà l'unico che ci rimase male era lui. La terza, il sorriso che gli spuntò quando il maestro della sua classe tirò fuori un pallone da calcio. Prima di quel giorno non lo avevo mai notato ma dopo iniziai a notarlo: nei corridoi, in cortile, quando mi affacciavo dalla finestra della mia classe, all'ingresso, all'uscita, sempre e ovunque.
Non pensavo lo avrei mai incontrato direttamente, poi il primo giorno di prima media, mentre entravo in classe lo vidi, seduto in seconda fila vicino la finestra. Così mi avvicinai a lui, gli chiesi se potevo sedermi lì e lui mi rispose subito di sì, senza pensarci nemmeno, e mi sorrise. Poi mi chiese se praticavo qualche sport, la risposta a quella domanda? No, non praticavo nessuno sport, ma cosa gli risposi? "No, ma avevo pensato di iniziare a giocare a calcio" Volete la verità? No, non ci avevo mai pensato fino a quel momento, ma lo guardai e quando vidi di nuovo il suo sorriso, mi ricordai che lui giocava a calcio, così glielo dissi e il suo sorriso mentre mi diceva che lui ci giocava era la cosa più bella che avessi mai visto. Fu in quel momento che capì di essermi innamorato di lui, ma fu l'anno dopo che capii che i miei genitori non lo avrebbero mai accettato.
Ed ora eccomi a tavola con loro, a fingere che vada tutto bene, a fingere di stare bene, a fingere sia tutto normale. L'unico rumore che si sente è quello della televisione: nessuno parla, finché in televisione non appare uno spot sul pride.
«Dove andremo a finire» mormora mio padre.
«Ormai non esiste più la famiglia tradizionale» risponde mia madre. Tiro un respiro profondo e stringo i pugni sotto la tavola per non rispondere.
«Che c'è Elia, non sei d'accordo?» mi chiede mio padre.
«No, è amore, non c'è nulla di male»
«Il vero amore è quello tra un uomo e una donna, solo tra uomo e donna possono portare avanti la popolazione» risponde mia madre. Tiro un altro respiro profondo prima di alzarmi: «Non ho più fame» dico per poi avviarmi verso l'uscita della stanza, ma mi fermo sull'uscio.
«Non voglio più andare a scuola» dico per poi andare in camera mia.
Mi chiudo la porta alle spalle, poi mi lascio cadere a terra, nascondo la testa tra le ginocchia e lascio le lacrime uscire. Rimango in quella posizione finché non sento il telefono squillare, guardo la notifica, è un suo messaggio: "Sono così emozionato per il campionato! È il mio primo campionato da titolari!! Nao e Nath dicono che sono esagerato, ma che possono capire loro! Non tutti sono prodigi come loro!". Appena leggo il messaggio le lacrime iniziano a scorrere più velocemente.
Scusa Neil, ma non posso sopportare di vederti ogni giorno e sapere che non potrò mai averti... ti amo troppo per farlo e per il bene di entrambi devo allontanarti.
presente
«Finalmente hai smesso di fregartene di quello che pensano quei due stronzi» è la risposta della mia attuale migliore amica quando le dico dell'uscita: «Comunque, tu sei d'accordo, vero amore?» le sento dire.
«Aspetta un attimo, Samuel è lì con te?»
«Si, al momento è sotto di me, perché?» sento il ragazzo in questione sospirare.
«Cristo Sam, potevi richiamarmi dopo»
«Non in quel senso... è seduta in braccio a me, per questo sono sotto di lei...» risponde Samuel direttamente, tiro un respiro profondo e ridacchio: «puoi dire alla tua ragazza di non dire certe cose?» il fidanzato della mia migliore amica soffoca una risata: «è irrecuperabile»
«Ehi?! Guardate che io sono qui?! La smettete di coalizzarvi contro di me?» sia io che Samuel scoppiamo a ridere e poco dopo si unisce anche Samantha.
«Comunque» Samuel interrompe il momento delle risate: «Per me non ci sono problemi per l'uscita...ma tu sei sicuro? Voglio dire, non puoi nasconderti per sempre ma il punto è che ora non puoi più sparire nel nulla, da quello che so Neil ci rimase male già la prima volta e, beh, se dovessi sparire un'altra volta come prima, ti assicuro che stavolta la tua copertura salterà prima del previsto, perché se ferisci Neil, stai sicuro che lei ti uccide.»
Okay, sì, è un'esagerazione non mi ucciderebbe (spero), ma sì, mi cercherebbe e sono sicuro che me la ritroverei sotto casa, perché Naomi Evans è fatta così, può perdonare chi fa male a lei, ma se fai stare male qualcuno a cui tiene ti scaverà la fossa con le sue stesse mani.
«Sono sicuro»
Lo sono veramente, non voglio più stargli lontano da lui. Pensavo che allontanandolo da me avrei smesso di pensarlo, ma non è stato così, anzi... in cinque anni non c'è stato un giorno in cui non abbia pensato a Neil Grace.
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Hit Me Where It Hurts
Teen FictionNaomi Evans è una ragazza apparentemente fredda e distaccata con tutti, tranne che con i suoi amici. Ma quando si trova su un campo da calcio sembra un altra persona. L'amore per questo sport le è stato trasmesso dal padre e il suo sogno è riuscire...