Alessandro
Non sono il tipo di persona che riuscirebbe a trascorrere una cospicua quantità di tempo nella nullafacenza. Ho costantemente bisogno di qualcosa da fare, qualcosa che abbia uno scopo, che mi sia di motivazione e che dia un senso al mio tempo. Per la gran parte delle mie giornate, il qualcosa in questione è il mio lavoro. Non credo che riuscirei a sopravvivere senza, nemmeno se fossi più ricco di quello che sono e potessi permettermelo. Credo che non avere degli orari, dei compiti, degli obiettivi, mi farebbe sentire come se stessi accartocciando la mia vita per lanciarla fuori dalla finestra.
E penso che una delle cose più stupide che si possano fare sia proprio buttare il proprio tempo. Perché è l'unica cosa su cui non abbiamo il minimo controllo. Un giorno lo abbiamo, il giorno dopo non lo abbiamo più. E quando ce ne rendiamo conto- se abbiamo a quel punto la facoltà di rendercene conto- è troppo tardi per chiederlo indietro.
La mia giornata libera è però comunque una nota di freschezza nella mia settimana. Di solito la uso per sbrigare qualche commissione, fare la spesa, uscire a giocare con Ares- l'unico essere che ritengo sufficientemente fedele da risiedere in pianta stabile nella mia vita- e ritagliarmi qualche ora di gradita nullafacenza.
Di solito è la giornata di stacco, la giornata di relax, la giornata che mi aiuta a riprendere la quotidianità con un po' meno di stanchezza sulle spalle. Oggi, però, sembra che io non abbia fatto la scelta migliore per alleggerire i pensieri. Dopo il pranzo in università, hanno cominciato ad imboccare sentieri indesiderati, tutti in qualche modo trasversali al quanto possa essere pericoloso trovare piacevole una conversazione con un'esponente dell'altro genere. Pezzetti di ricordi hanno cominciato a riaffiorare pericolosamente da un passato che mi sono proposto di lasciare saldamente chiuso in un cassetto inaccessibile della mia coscienza.
C'è voluta una corsa sotto la fredda pioggia battente di dicembre a fianco della mia fedele palla di pelo e una bella doccia bollente per riacquisire la razionalità necessaria a ricordarmi che ho tutto sotto controllo. Che quella conversazione è stata solo parte di un piano, di una strada verso un obiettivo, e che non ci sono pericoli reali, ma solo paure ancora abbastanza potenti da affiorare in superficie di tanto in tanto. Mentre aspetto l'arrivo di Asia, sprofondato nel divano con una mano affondata nel pelo nero di Ares che da qualche ora a questa parte continua a lanciarmi occhiate interrogative come a chiedermi cosa mi prenda, ho ripreso il pieno controllo del mio umore e ho ormai abbandonato l'insensata idea di abbandonare il mio brillante progetto.
Certo, sempre che io non sia costretto a farlo, nel caso in cui Mia decidesse di non usare il mio numero di cellulare. Tornare ad appostarmi fuori dall'università quando meno se lo aspetta contro la sua volontà sembra un po' troppo anche a me; perciò, nel caso in cui dovesse decidere che non sia opportuno rivedermi, mi arrenderò a non scoprire mai come sarebbero andate le cose se le sue parole fossero state stampate sulle pagine di un libro in vera carta e inchiostro.
"È zia Asia." Rispondo alla domanda insita negli occhioni neri che mi fissano da sotto la frangia di pelo quando nel salotto giunge il suono del campanello.
Come se avesse davvero compreso il significato delle mie parole, Ares salta giù dal divano in finta pelle grigio scuro, ci gira intorno e si pianta dietro la porta d'ingresso, con la coda arricciata verso l'alto che oscilla ritmicamente da un lato all'altro.
"Non saltare..." Ma il mio comando risulta totalmente vano, perché non appena apro la porta, il mio cane – dalle dimensioni non esattamente modeste- si solleva sulle zampe posteriori per dare il benvenuto alla nostra ospite.
"Scusalo, gli sei mancata."
Asia sorride, chinandosi e prendendo a grattargli la zona dietro le orecchie con le dita. Tempo due secondi, e quello che dovrebbe essere un cane da guardia giace con la schiena sul parquet e le zampe all'aria, chiedendo coccole e grattini sulla pancia neanche tanto implicitamente.
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Quando si inciampa in una storia d'amore
ChickLit[DAL 18 NOVEMBRE IN EBOOK E CARTACEO] Mia ha ventidue anni e tre grandi amori: il cappuccino, il Natale e la scrittura. Almeno fino a quando, all'ennesima volta in cui si ritrova a rompere con un ragazzo, proprio nel periodo natalizio, non decide di...