L'Arboreto del Parnaso era un'oasi di pace nel cuore di Arcanta; un paradiso rigoglioso, popolato da ogni specie umanamente conosciuta di alberi, fiori, arbusti e piante acquatiche, distribuite su varie Terrazze che ricreavano in maniera artificiale il loro habitat nel Mondo Esterno. Ruscelli, cascate e stagni rendevano ancora più piacevole percorrerne i sentieri coperti di ghiaia, oppure sedere all'ombra, meglio ancora se con un libro a portata di mano.
Il posto preferito di Alycia era sempre stato il Terrazzo Giapponese: un manto di muschio verde e rocce, dove regnavano le forme essenziali e i contrasti. Ogni elemento del Tutto era in perfetto equilibrio, nessuno prevaricava sull'altro, così come lo era nell'alchimia e come doveva essere stato un tempo anche nel Mondo Esterno.
Alycia era affacciata al parapetto di un ponte rosso ad arco, sospeso su un laghetto delimitato da rocce e giunchi; guardava il suo riflesso tra i fiori di loto bianchi che fluttuavano sullo specchio d'acqua artificiale e ripensava a quanto era stata stupida a illudersi di poter cambiare le cose alla Cittadella. Che bastassero lo studio e la determinazione per invertire la direzione di una ruota che da secoli girava sempre e solo nello stesso verso.
Si lasciò sfuggire un sospiro tetro. Quale destino poteva aspettarsi alla fine? Lo stesso di altre centinaia di donne: seguire il percorso che era stato tracciato per lei dal momento in cui era venuta al mondo. Rimanere per sempre là, a galleggiare nella stessa acqua priva di corrente come quei fiori di loto, il cui unico scopo era di mantenersi graziosi alla vista, ancorati saldamente al letto dello stagno in cui erano nati. Una vita tranquilla, senza affanni, senza pericoli e senza stimoli...
"Fa sempre piacere che una giovane donna trovi qualcuno che si prenda cura di lei."
Alycia aggrottò la fronte. Estrasse dalla tasca della tunica un sasso liscio e rotondo raccolto dal sentiero e lo scagliò con forza nell'acqua immobile dello stagno, dando vita a una spirale di increspature.
Ripensare a quelle parole le faceva ribollire il sangue. Nessuno si era mai preso cura di lei: sua madre era morta prima che avesse imparato a pronunciare il suo nome, suo padre aveva sempre avuto ben altro per la testa che occuparsi di lei. Era entrata nella Corte delle Lame, aveva imparato a combattere e a evocare potenti magie. Aveva iniziato a studiare complessi manuali di alchimia senza che nessuno la aiutasse. Insomma, aveva sempre provveduto a se stessa e, accidenti, pensava di averlo anche fatto discretamente!
Aveva sul serio bisogno di un marito? Di qualcuno che le dicesse cosa fare e cosa non fare? Di protezione?
No. Non si sarebbe data per vinta così facilmente. Avrebbe ripreso il controllo sulla propria vita, anche a costo di tornare alla Cittadella e costringere il Primo Alchimista a darle l'occasione che si meritava. Lui non la conosceva, non aveva idea di cosa fosse capace...
Lascio il ponticello decisa a tornare al Cerchio d'Oro sul piede di guerra. Octavio l'avrebbe di sicuro accolta berciando come una gallina, visto che non aveva ancora cucinato nulla per il pranzo di compleanno del Maestro Rashid, ma non le importava. Gli avrebbe cucito la bocca con una fattura se necessario.
STAI LEGGENDO
Gli ultimi maghi
FantasiNew Orleans, 1933. In un mondo sempre più arido di magia, il Fenomenale Spettacolo Errante di Maurice O'Malley si sposta attraverso l'America colpita dalla Grande Depressione con il suo baraccone di prodigi e mostri. Tra loro c'è Jim Doherty, l'unic...