CAPITOLO 3. // PREPARATIVI //

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Mi risvegliai intontito, la prima cosa che vidi fu il soffitto della mia camera da letto, man mano che riprendevo conoscenza sentivo dolori muscolare in tutto il corpo e con fatica mi misi seduto, notai mia madre addormentata accanto a me, aveva il volto sulle mie gambe e mi stringeva la mano, sorrisi e dolcemente le accarezzai la testa cercando di non svegliarla.

Mentre la accarezzavo si svegliò dal leggero sonno, dopo essersi sfregata gli occhi ed averli apertimi guardò in volto, i suoi occhi iniziarono a diventare lucidi e copiose lacrime cominciarono a rigarle le guance, si strinse forte al mio petto e mi abbracciò piangendo, singhiozzava e non riusciva quasi a respirare da tanto il pianto era forte, le emozioni che mia madre stava provando fecero piangere anche me, quella mattina continuai a scusarmi per quello che avevo fatto.

Mio padre era fuori quindi in casa c'eravamo solo io e lei, mi raccontò che avevo dormito per 4giorni e il medico che avevano chiamato gli riferì che avevo subito un sovraccarico di mana, dato che il mio nucleo non si era formato completamente il mana rilasciato dall'amuleto non era stato assorbito e aveva viaggiato attraverso il mio corpo direttamente come una scarica elettrica, questo causò la mia perdita di coscienza.

Ormai avevo capito che per me era meglio non praticare più nessun tipo di arte magica.


« Se in futuro avrò dei compagni potrei usufruire delle loro capacità per compensare le mie mancanze oppure... usare armi!...» pensai.


In quel momento realizzai che l'unico modo di sopravvivere per una persona come me era la possibilità di usare tecnologie del mio vecchio mondo... in fondo sapevo che prima o poi avrei dovuto lasciare il nido, e se non fossi stato pronto per quel giorno probabilmente alla prima schermaglia o pericolo sarei potuto morire facilmente.

Grazie alla immensa conoscenza affidatami da quell'essere avevo accesso a tutte le armi che volevo, il problema era crearle, per quanto il mio sapere fosse immenso di certo non mi dava le capacità di creare armi dal nulla, avrei dovuto crearle io stesso.

Mentre ero perso nei miei pensieri mio padre apri la porta d'ingresso, appena varcò la soglia di casa posò il sacco di carbone che aveva in spalla sul pavimento a fianco all'entrata e non appena mi vide l'espressione sul suo volto si scurì, si avvicinò velocemente con fare minaccioso verso di me, alzò il braccio sinistro sopra la testa, allargò la mano e in una frazione di secondo mi ritrovai contro il muro.

Sentii un forte calore sulla guancia destra, le orecchie mi fischiavano e il dolore cominciava a farsi sentire, ero rimasto così scosso e sorpreso dall'accaduto che non emisi nemmeno un suono, avevo immaginato che avrei ricevuto una ramanzina ma non mi aspettavo un risvolto simile, portai una mano al volto per coprirmi la guancia paonazza, faceva male, mio padre iniziò ad urlarmi contro ma non capivo bene cosa stesse dicendo a causa del ronzio che mi tartassava i timpani.

Mia madre, invece, si stava preoccupando e si attacco al suo braccio destro cercando di persuaderlo a non colpirmi nuovamente; dopo diverse suppliche riuscì a calmare l'ira di mio padre che da li a poco si trasformò in rimorso, si girò e andò silenziosamente verso la camera da letto seguito da mia madre, io invece ero rimasto contro il muro, chiuso in un pianto silenzioso.


Il resto della giornata la passammo in un silenzio tombale, nessuno aveva la voglia o il coraggio di parlare, e la sera durante la cena non volò una mosca, ne commenti ne argomenti esterni che non riguardassero la faccenda, tutto era avvolto da questo silenzio gelido, seguito da una sensazione di timore costante.

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