CAPITOLO SEI

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L'amore non vuole avere, vuole soltanto amare.


"Grazie, comunque." Gli dico con tono triste a causa della situazione che ho creato.

Mi risponde con un cenno del capo.

Dopo un'ora di camminata trascorsa nel pieno silenzio, siamo arrivati a casa.

"Madonna santa, Lily! Non eri tu quella che sapeva badare a se stessa, eh?" mi dice Aron.

"Stop, la predica già me l'ha fatta Akira, non me ne serve un'altra."

"Ma come hai fatto a dimenticarti il telefono? Se ti succedeva qualcosa? Oppure se non c'era la cabina telefonica, lì, cosa facevi? Sono curioso di saperlo." continua lui.

"Sei stupida, per caso?" dice il fratello, adesso.

Rimango con la testa abbassata. Non so cosa dire, come rispondere.

Mi sento in colpa, questo è quanto.

In un secondo mi ritrovo nelle braccia di Aron. Mi ha abbracciato all'improvviso, rimango immobile.

Lo abbraccio.

Comincio ad accarezzargli  i capelli.

Quando erano piccoli, fino all'inizio della scuola media, le maestre e i bambini continuavano a confonderli: l'unica cosa che li distingueva era la loro voce.

Hanno lo stesso colore degli occhi, gli stessi capelli marroncino chiaro. Addirittura i genitori li vestivano in maniera uguale e avevano lo stesso taglio di capelli.

Erano identici, era impossibile trovare le differenze.

Da un paio di anni hanno cominciato a tingersi i capelli, fare cose diverse l'uno dall'altro, vestirsi con stili del tutto opposti.

Aron ha deciso di tingersi i capelli di un biondo scuro, che gli risalta il colore degli occhi, per giunta. Nash invece ha deciso di tingerseli di un colore più scuro. Un nero chiaro. Adesso sembrano diversi. Entrambi però hanno lo stesso i capelli corti.

Akira invece ha i capelli scuri, lunghi. Gli arrivano all'altezza del mento.

I capelli gli risaltano gli occhi, facendoli diventare ancora più verdi, enigmatici: il taglio gli mette in evidenza gli zigomi, gli risalta il viso. Il suo modo di vestire anche, rispecchia la sua personalità. 

Veste largo, vestiti comodi diciamo.

È completamente differente dagli Allan. Non capisco come siano diventati amici: sono opposti;

Aron intanto comincia a darmi dei colpetti sulla testa, continuando a dire "sei stupida", "sei proprio stupida, si". Però non lo dice con cattiveria, no: nella sua voce c'è solo la paura rimasta da prima e l'affetto.

Akira rimane appoggiato alla porta dell'ingresso, intento a guardarci.

Mi avvicino a lui e gli chiedo scusa, sempre con la testa abbassata. Non sono mai stata così imbarazzata in vita mia. Si tira indietro, guardandomi con fare interrogatorio.

"Smettila." È l'unica cosa che gli esce da bocca. Sono delusa.

"Uo Akira, finalmente ti stai affezionando, per caso?" dice Aron.

the beginning and the endDove le storie prendono vita. Scoprilo ora