Capitolo 41

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Elias riuscì a malapena a nascondere la sorpresa e la contrarietà. Che cosa centrava Glamus con una festa a casa sua?

Capisco disse. Ne avete già discusso tu e lui.

Gli ho solo detto che mi era venuta questidea della festa. È stato lui a offrirsi di dare una mano e non potevo certo dirgli di no, ti pare?

No, sarebbe stato poco educato. Rispose Elias con voce piatta. Bene, visto che avete già pianificato tutto vi lascio carta bianca. Glamus sarà senzaltro molto più bravo di me a organizzare la festa. Deve avere una notevole esperienza in materia.

Si alzò, prese i piatti e li portò al lavello. Si accorse che Eugene lo aveva seguito solo quando lui gli posò le mani sulle spalle.

Lo stai facendo ancora, Elias. Gli disse con voce vibrante, poi si staccò da lui per passarsi una mano dietro la nuca. Non voglio prendere più iniziative di quelle che mi spettano, redimi. Se ti ho proposto questo party è perché sono convinto di fare il bene tuo e di Michael. Sei in debito verso i suoi amici ed è tuo dovere ringraziarli in qualche modo per quello che hanno fatto, non trovi?

Elias abbassò gli occhi e non rispose. Non era quello il problema: era molto grato a quelle persone e non vedeva lora di dimostrarglielo, ma la casa era sua e di Michael e non vedeva perché dovesse essere un estraneo a prendere in mano le redini dellorganizzazione. Non potevano cavarsela da soli lui ed Eugene?

E va bene sospirò lui, Lasciamo perdere tutto. Avrei dovuto saperlo fin dallinizio che lidea non ti sarebbe piaciuta. Non so neanche perché te lho detto. Non vuoi uscire dal tuo guscio, vero? Preferisci tapparti in casa come un recluso, come un martire, perché il mondo sappia quanto è profonda la tua sofferenza. Credi di essere lunico al mondo a soffrire? Comunque hai vinto, la festa non si farà e non si farà mai nientaltro. Da quando ho messo piede in questa casa non hai fatto che bocciare tutte le mie proposte, ma avevi ragione tu. Non dovevo neanche venire.

Fece per allontanarsi, ma Elias allungò il braccio per fermarlo. Lui guardò le dita che gli tenevano strettala mano, poi il visto tormentato di Elias.

Scusami. Rispose lui scuotendo la testa. non voglio che tu mi giudichi male, Gene! Io ti sono molto riconoscente per quello che stai facendo e ogni tanto mi trovo così antipatico! Telefona a tutti, voglio che domenica la casa sia piena di gente. Lo voglio davvero.

Lui non rispose subito: lo guardò negli occhi per assicurarsi che fosse sincero, poi gli sorrise.

Basta che domani non cambi idea unaltra volta.

No. Ti giuro he non cambierò idea. Io voglio questa festa, e penso proprio che sia arrivato il momento giusto per organizzarlo. Fai pure tutto quello che credi.

Non ti stai sforzando solo per farmi piacere? gli domandò lui sospettoso.

Gene no.

Posso dire a Glamus che non abbiamo bisogno di aiuto, che abbiamo deciso di fare tutto noi due.

Quello era il problema! Ma Glamus ci sarebbe rimasto male.

No, mi sentirei terribilmente in colpa e lui si offenderebbe. Se vuole aiutarci, lascialo fare.

Vedersi sottrarre così i suoi compiti di padrona di casa non gli andava, ma se organizzare una festa in piscina avrebbe aiutato Eugene e Glamus ad avvicinarsi che diritto aveva lui di mettere i bastoni tra le ruote? Lui sarebbe stato senzaltro contento di avere vicino lamico che dava sapore alle sue giornate. Sentirsi escluso e poco considerato solo perché lui aveva parlato del party prima a Glamus che a lui, poi, era davvero infantile!

Il sabato pomeriggio lavorarono in giardino e riempirono la piscina, dopo di che Eugene andò a fare la spesa ed Elias si dedicò alla pulizia della casa. A quanto sembrava i due amici dinfanzia formavano una squadra perfetta: Glamus si era occupato di fare tutte le telefonate, perché era lunico dei tre ad avere lagenda aggiornata, e aveva anche scritto la lista della spesa.

La domenica mattina a colazione Eugene propose di fare un salto in chiesa e al cimitero, dove era già stato qualche volta ma sempre da solo, ed Elias accettò con immenso piacere.

Quando scese dopo essersi cambiato, lui lo aspettava già pronto in fondo alle scale. Nel vederlo Elias restò di stucco, tanto era elegante nel suo abito grigio con cravatta blu. Non laveva mai visto così ben vestito, sempre e solo in jeans o tuta da ginnastica, e lo trovò irresistibile.

Stai molto bene. Gli disse lui andandogli incontro sullultimo gradino. Tagliare i capelli è stata unottima decisione, sai? Sembri più adulto.

Lui gli sorrise e insieme, uscirono di casa. Sapeva di essere elegante, ma sentirselo dire da Eugene era tutta unaltra cosa!

Nella piccola chiesa metodista Elias si sentiva molto orgoglioso di lui. Anche seduto sulla vecchia panca di legno era una spanna più alto di tutti gli altri, e quando si unì al coro la sua profonda voce di baritono finì per dominare quella degli altri fedeli. Nel momento in cui tutti chinarono la testa per ricevere la benedizione finale lui gli prese la mano e gliela strinse forte: Elias capì che stava a Michael e gli vennero le lacrime agli occhi. Quella era stata la loro chiesa di famiglia dove i due fratelli erano andati a lezione di catechismo alla domenica pomeriggio e avevano fatto la prima comunione. Chissà quanti ricordi si affollavano nella mente di Eugene in quel momento, dopo tanti anni di lontananza! E cera lui lì vicino, lunica parente rimasto, un estraneo capitato a casa sua solo due anni prima. Eppure, era così vicini Elias sentì che ormai si erano pienamente accettati lun laltro, forse avvicinati dal profondo dolore per la perdita di Michael che aveva salutato per lultima volta gli amici e la moglie proprio lì in quella capella.

Andarono insieme al cimitero e davanti alla tomba del fratello lui fece di nuovo il gesto di prendergli la mano. Cera solo bisogno di dare e ricevere conforto in quella stretta, e quando gli passò un braccio attorno alle spalle lui allacciò la vita senza problemi. Non cera niente di equivoco in quel loro voler stare vicini: era un modo per dire a Michael che aveva fatto bene a mandare quel nastro, perché insieme a Eugene, Elias stava facendo grandi progressi.

Tornarono a casa senza parlare. Elias andò in camera a cambiarsi e poi subito nello studio, dove radunò tutti i quadri di Michael. Quando entrò senza bussare nella stanza del cognato, lo trovò che si stava allacciando la cintura dei pantaloni.

Questi sono per te. Disse appoggiando i quadri sul letto.

Lui guardò Elias, poi le tele, poi di nuovo lui.

Perché? domandò.

Perché sono sicuro che Michael avrebbe voluto così. Rispose Elias con gli occhi che luccicavano.

Eugene gli andò vicino e labbracciò senza una parola. Quando fu sicuro che aveva finito di piangere gli asciugò le lacrime con le dita, poi gli accarezzò le guance con un bacio.

Elias chiuse gli occhi per assaporare fino in fondo la stupenda sensazione delle sue labbra sulla pelle. Non era attrazione fisica quella che provava in quel momento, ma qualcosa di molto più profondo e molto più pericoloso per la sua pace spirituale. E quando lui appoggiò la guancia sulla sua Elias tirò un piccolo sospiro di sollievo: per un attimo gli era sembrato che volesse baciarlo sulle labbra.

Non potrò mai ringraziarti per quello che mi ha dato, Elias. Sussurrò lui. Poi lo guardò negli occhi fosse scritto qualcosa di molto chiaro che però lui non voleva leggere. Ci ripensò tutto il pomeriggio, soprattutto quando lasciò Eugene e Glamus da soli in cucina per salire a prepararsi.

Prese dallarmadio il primo costume che gli capitò tra le mani, erano dei pantaloncini neri, e poi uscì dalla stanza.

Riamare di nuovoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora