Capitolo 1

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"Povera ragazza", esordì lo sceriffo Foster mentre cercava di distogliere lo sguardo dal corpo deceduto dalla ragazza con i capelli rossi. Era stesa a terra, la sua testa quasi completamente fracassata era appoggiata su un pezzo del tronco di un albero. Le sue gambe erano storte. Il bacino era scomposto. La sua bocca era ancora aperta; vidi alcuni insetti ricoprirle i denti. Il viso era completamente bianco e la sua pelle fredda come il ghiaccio. Aveva dei capelli bellissimi.
"Di chi si tratta?", chiesi allo sceriffo quando vidi il corpo della ragazza disteso per terra, ricoperto da fanghiglia e da alcune macchie di sangue oramai seccate. Era settembre, alcune foglie cominciavano a cadere dagli alberi e anche sul corpo della ragazza.
"Amanda Wilson. Non aveva con sé i documenti ne il cellulare. Era sparita dalla circolazione da più o meno cinque giorni. Abbiamo chiamato i genitori per sapere se il corpo fosse il suo e loro hanno confermato". Per un attimo distolsi gli occhi dal corpo deceduto e guardai i genitori. La madre piangeva per la disperazione, urlava, le sue gambe e le sue mani tremavano freneticamente, mentre il padre cercava di sostenerla e di tenerla in piedi. Il suo viso era triste, il suo sguardo cupo, ma non versò neanche una lacrima. "Andrà tutto bene, tesoro, andrà tutto bene", le disse, mentre le accarezzava i capelli.
"Portateli in caserma. Non voglio che stiano qui neanche un minuto di più. È straziante", dissi ai due agenti che mi avrebbero accompagnata nel corso delle indagini.
Robert Parker era nuovo. Il suo primo caso e già rischiò quasi di vomitare. Era un ragazzo giovane, forse sulla trentina. Non sembrava proprio adatto a questo lavoro, ma ero obbligata a tenermelo appresso. Il capo diceva che doveva imparare qualcosa dalla migliore.
L'altro agente, era uno dei miei amici più stretti.
"Fred, facciamo una scommessa", gli dissi. "Vai, spara".
"Il nostro novellino domani chiede al capo di cambiare caso", mi uscì una piccola risata.
"Scommessa accettata".
Mentre raggiungemmo la macchina parcheggiata, Robert, tra un conato di vomito e l'altro, disse "guardate che sono qua... e che vi sento". Io e Fred ci guardammo e scoppiammo in una grande risata.
Il commissariato di polizia distava venti minuti da dove era stato ritrovato il cadavere di Amanda. Nessuno in macchina osò dire qualcosa. Non fu il mio primo caso, ma lei era così giovane. Una vita davanti a sé. Solamente diciott'anni.
Poteva essersi strangolata da sola, magari era depressa, ma il bacino rotto e la testa frantumata non facevano pensare ad un suicidio. Era impossibile. Qualcuno doveva averla ammazzata.
Quando arrivammo al commissariato, i genitori di Amanda ci stavano già aspettando. Erano completamente distrutti.
"Signori Wilson, mi spiace per la vostra perdita. Vi porgo le mie più sentite condoglianze, ma io sono qui per risolvere questo caso. Sono la detective Freya Collins e cercherò di darvi delle spiegazioni su quello che è successo il prima possibile, ma voi dovrete collaborare". La madre di Amanda, annuì con la testa e mi seguì verso la stanza degli interrogatori.
"Lo so, è un posto cupo", dissi quando ci sedemmo tutti e tre al tavolo in mezzo alla stanza. Il padre di Amanda osservava attentamente le telecamere.
Elizabeth mi prese la mano, facendo per poco cadere il bicchiere di plastica con l'acqua per terra. "Che cosa è successo alla nostra Amanda, detective?", chiese con disperazione. La sua mano era fredda.
"Quando è stata l'ultima volta che l'avete vista?", chiesi, mentre aprì il mio solito bloc-notes. Elizabeth non riusciva a parlare.
"Era sabato scorso. Era tornata a casa abbastanza tardi, forse verso le dieci, le dieci e mezza", rispose il padre di Amanda. Io appuntai.
"Lavora nella pasticceria qui vicino, ma il suo capo le aveva chiesto di fare un turno extra; di solito lavorava solo il pomeriggio dopo scuola", continuò.
"La mattina seguente non l'avete vista?", chiesi.
"No. La mattina era già scomparsa. Verso le tre di notte sono andato a controllare in camera sua, per vedere se stesse dormendo. Lei non c'era. Il suo telefono e i suoi documenti erano sul suo letto". Continuai ad appuntare.
"Sapevate se si frequentava con qualcuno, o non so... se fosse una ragazza ribelle. Sappiamo che gli adolescenti...", il padre non mi fece finire di parlare.
"No. Lei non era quel genere di ragazza. Non era ribelle. Quando non era a lavoro passava le giornate a studiare. Si frequentava con un ragazzo, Jacob Russel, ma non l'abbiamo mai conosciuto personalmente. Non so perché, ma non voleva mai presentarcelo".
"Amanda aveva dei nemici? Magari all'interno della scuola o da qualche altra parte", domandai.
Questa volta rispose Elizabeth. "Non che io sappia. Amanda era preziosa. Piaceva a tutti. Era gentile, aiutava le persone in tutto e per tutto. Non c'era motivo di odiarla e soprattutto non c'era motivo di ucciderla!".
Elizabeth scoppiò di nuovo a piangere.
"Va bene, direi che per oggi abbiamo finito. Se avremo qualche altra domanda verremo direttamente a casa vostra", dissi mentre mi alzai dalla sedia.
"La prego. La prego Freya. Scopra cos'hanno fatto alla mia povera bambina". Il padre di Amanda prese sua moglie dalle spalle e l'accompagnò fino all'uscita.
Misi entrambi le mani sul tavolo e presi un respiro profondo. Questo caso sarà un vero inferno.
Erano le tre di notte e io stavo ancora lavorando al caso di Amanda Wilson.
Sua madre aveva accennato ad una frequentazione con un ragazzo; Jacob Russel. Vent'anni compiuti da poco. Non andava benissimo a scuola, ma se la cavava in qualche modo. Dopo essersi diplomato aveva iniziato a lavorare in una ferramenta, non tanto distante dalla caserma, insieme ai suoi genitori.
Era stato dentro a quattordici anni quando aveva provato a rubare un braccialetto d'oro in una gioielleria. Era stato rilasciato dopo due giorni sotto pagamento di cauzione. Trovai il primo posto da dover indagare.

LO STRANO CASO DI AMANDA WILSONDove le storie prendono vita. Scoprilo ora