Capitolo 9

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"È il logo della Richards, una casa farmaceutica", continuò.
Cosa c'entrava una casa farmaceutica con tutto ciò?
"Faremo delle indagini anche su questo. Stamattina sono arrivati altri referti del medico che ha fatto l'autopsia ad Amanda. Le è stato trovato del liquido seminale sulla gamba sinistra", disse il capo, mentre mi porse i fogli dei referti.
"Dovremmo effettuare un test sul liquido seminale di Jacob Russel. Magari avevano semplicemente avuto dei rapporti... prima della tragedia".
"Già fatto, stamattina. Il liquido seminale non è il suo. È di qualcun altro", rispose il capo. Le cose stavano diventando ancora più difficili. Poteva essere anche stata stuprata prima della sua morte.
"Dovremmo effettuarlo anche sul padre. Mi sembra possa essere un sospetto", disse Fred.
Io semplicemente annuì. "Va bene. Farò fare questo test sul padre di Amanda. Voi recatevi a casa dei Wilson. Il corpo della madre non è ancora stato rimosso. Provate a vedere se riuscite a trovare qualcosa di interessante".
Salutammo il capo e ci dirigemmo verso casa dei Wilson.
"Che brutta tosse che hai Fred. Sei andato a farti visitare da qualcuno?", chiesi, mentre Fred rimaneva concentrato sulla guida.
"Ma non importa. Sarà il cambio di stagione", rispose, mentre continuava a tossire.
In effetti, poteva aver ragione. A Newport alcuni giorni si moriva di caldo; in altri sembrava che una bufera di neve potesse arrivare da un momento all'altro.
"Secondo voi perché la madre di Amanda si è uccisa?", intervenne il novellino.
Fred rispose prima di me. "Per la disperazione. Anche Freya mi aveva detto che il rapporto che aveva con il Peter non era un granché. Elizabeth, oltretutto, pensava che fosse stato proprio lui ad uccidere Amanda".
"Sì... Elizabeth era veramente arrabbiata con lui. Peter non mostrava emozioni. Non piangeva e non si era neanche preoccupato del funerale. Ma le persone sono strane, a volte. Magari quello di Peter è solo un meccanismo di difesa per non provare dolore. Fare finta che non sia successo niente e andare avanti con la tua vita", risposi.
"È così che hai fatto quando è morto tuo marito?", chiese il novellino. Fred gli lanciò un'occhiataccia mentre continuava a guidare. Io gli feci un sorriso.
"Ci ho provato. Ho provato a far finta di niente, ma dopo un po' scoppi", risposi semplicemente. Robert rimase in silenzio per alcuni istanti, ma poi parlò. "Penso che tutti abbiano vissuto quel tipo di dolore. Mia madre è morta quando avevo ventiquattro anni, in una sparatoria".
Rimasi allibita. Pensavo che Robert fosse solo un sempliciotto. Eppure anche lui ha una storia dolorosa che si porta alle spalle. Forse tutti ce l'avevamo. Questa sua confessione, in qualche modo, mi fece sentire meno sola.
Parcheggiammo davanti al liceo di Amanda. Erano le undici del mattino, le lezioni erano già iniziate, quindi gli studenti erano tutti nelle proprie classi.
Entrammo nella scuola e sul lato destro trovammo la segreteria, con la moglie di Fred impegnata a scrivere qualcosa sul computer. Sua moglie si chiamava Johanna, ma la chiamavo scherzosamente Jen. Non so per quale motivo, ma ci faceva ridere. Era la mia migliore amica alle elementari. Durante tutti questi anni non abbiamo mai perso i rapporti.
"Ma guarda chi si fa rivedere!", si alzò dalla sedia e mi strinse in un confortevole abbraccio. "Oh Jen, mi sei mancata così tanto. Tra il lavoro e il resto, non sono più riuscita a venirti a trovare", le risposi.
"Fred, Robert, andate all'armadietto di Amanda e guardate se riuscite a fare qualcosa". I due uomini obbedirono.
"Quindi, cosa mi racconti? Come stai?", mi chiese Jen.
"Solite cose. Solita stupida e noiosa routine. Avrei bisogno di una vacanza... ma questo caso..."
"Povera ragazza", continuò Jen. "La vedevo tutti i giorni, mi salutava sempre. Una delle poche che ti ringraziava. Era semplice, bella, gentile e simpatica. Non se ne trovano molte in giro come lei". Guardai la porta di ingresso mentre immaginavo Amanda entrare con il suo zainetto rosa dentro la scuola. I suoi capelli rossi, il suo sorriso, poteva rallegrarti la giornata.
"Come va con Fred?", le chiesi, cercando di cambiare argomento.
Si stropicciò gli occhi con le mani e rispose: "come vuoi che vada? Ogni giorno è sempre uno schifo. Rientra a casa tardi da lavoro, si dimentica di andare a prendere i figli a scuola, non mi chiede neanche più come sto. Io ci provo ogni sera ad aver una conversazione ancora con lui, ma si rinchiude in se stesso. Non mi parla e se ne va a dormire. Durante la notte mette addirittura un cuscino in mezzo per dividerci. È come se fossimo già divorziati". I suoi occhi erano diventati lucidi.
"Perché non divorziate veramente?"
Jen rimase per un attimo in silenzio. Prese un fazzoletto e si asciugò una piccola lacrima che stava per cadere dal suo occhio destro.
"Perché lo amo ancora. E penso che lo amerò per sempre, anche se si comporta come uno stronzo. Non so cosa gli sia successo. È cambiato da un giorno all'altro...e poi i bambini? Sarebbe uno shock per loro; poi...". Non le feci finire la frase. "Perché stasera non vieni a stare da me? Un bel bicchiere di vino rosso, un bel film romantico e dei popcorn caldi. Come ai vecchi tempi", le proposi. In effetti, anche io avevo bisogno di passare un po' di tempo con un'amica.
Jen sorrise. "Porto io il vino e il film lo scegli tu però. Sai che sono un'eterna indecisa". Scoppiò a ridere. Mi mancava parlare con lei.
Robert e Fred arrivarono senza nulla in mano.
"Non c'è niente nell'armadietto. Solo fiori e foto in sua memoria. Nient'altro", disse il novellino. Era molto strano. La migliore amica di Amanda, Rose, aveva giurato di aver visto qualcosa dentro il suo armadietto. Ero sicura che qualcuno l'avesse tolto prima del nostro arrivo. Qualcuno sapeva che ci saremmo diretti qui. Lì dentro, in quell'armadietto, c'era qualcosa di veramente importante. Qualcosa che forse ci avrebbe potuto far arrivare alla verità.

LO STRANO CASO DI AMANDA WILSONDove le storie prendono vita. Scoprilo ora