Libertà

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Alcune volte ricevevo chiamate da papà, come stai, tutto bene, come sta andando, ma mai è venuto più a trovarmi. Io rimasi in quella villa, non avevo amici, ma almeno ero impegnata con la mia carriera. Stavo bevendo del caffè seduta sul bordo della piscina, con le gambe immerse nell'acqua. Con una lunga camicia bianca e l'intimo. Mi godevo il paesaggio, gli uccellini sugli alberi che cinguettavano, come tutte le mattine. Amavo l'alba, ogni giorno facevo il possibile per riuscire a vederla. Questo era il mio giorno libero, non avevo impegni e avevo praticamente finito di lavorare, per ora. In questi 2 mesi sono piena di interviste, ecco perché l'AMC, la compagnia per cui lavoro, mi ha dato fortunatamente una pausa, da me richiesta.
Finito il caffè mi alzai, asciugandomi. Poi entrai in casa, posai la tazza per il caffè e mi vestii.

Una volta finito andai in bagno e mi legai i capelli, per poi truccarmi

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Una volta finito andai in bagno e mi legai i capelli, per poi truccarmi.

Da poco avevo tinto i miei capelli di questo rosso, e mi piacevano tanto

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Da poco avevo tinto i miei capelli di questo rosso, e mi piacevano tanto. Mi stavano bene e tutti me lo dicevano.

Presi il mio telefono e uscii, per una passeggiata.
Avevo anche una mascherina che misi subito, per non farmi riconoscere.
La gente quando mi passava vicino mi guardava, ma feci finta di nulla, perché finchè non mi disturbavano andava bene così. Volevo comprarmi qualcosa, dato che domani sarebbe stato il mio ventesimo compleanno.

Camminai per qualche minuto, e dal caldo mi tolsi la mascherina per qualche minuto.
Iniziarono le richieste per foto o autografi, che io accettai sentendomi quasi obbligata.
Arrivarono i paparazzi, come se ne avessi bisogno. Mi misi la mascherina in tasca, poi entrai in un bar, per prendere una bottiglietta d'acqua dal caldo.
"Ecco a lei" disse il barista dandomela.
Io sorrisi mentre la presi. E mentre scendevo ho sbattuto la testa contro il petto di qualcuno.
Alzai lo sguardo e riconobbi quei occhi, che mi hanno guardata nello stesso modo di quando ancora ero un'adolescente.
Ma feci finta di nulla, anche se essi mi stavano mangiando viva.
"Scusa, non avevo visto." dissi, per poi andare alla cassa per pagare.
Sentivo quello sguardo che era ancora su di me, quindi mi affrettai per uscire dal bar. Continuai a camminare, ma lui mi afferrò da dietro, delicatamente.
Mi girai e, mentre lui mi guardava negli occhi, io provavo a quasi ignorarlo.
"Ehi-"
"Che ci fai in Italia?" chiesi, finalmente incrociando il suo sguardo.
"Siamo venuti dinuovo per dei concerti... ieri."
"Bene, non voglio vederti." dissi.
"Ada... volevo solo parlarti... ma quando ci hai cacciato di casa, non riuscivamo a contattarti."
"Lo so, ed è stato meglio così, Tom."
"Senti Ada... a me piacevi. In tutto questo tempo... i miei sentimenti non sono cambiati, io volevo lasciarla, per me una relazione a distanza... non vale nulla. Ed io mi sono... mi sono innamorato di te fin da subito.. perfavore Ada perdonami.."
Il suo sguardo iniziò a diventare più cupo e triste.
Così io lo presi per mano e lo portai lontano da tutti, in un parco davvero grande. Ci sedemmo su una panchina e iniziammo a parlare, dopo un lungo silenzio.
"Volevo stare tranquilla oggi, non vederti, dopo quello che mi hai fatto. Non sono mai più venuta in Germania, non volevo neanche sentire parlare di voi. A me piacevi, piacevi tanto. Ero incerta di questo ma ora lo capisco.
Ma ora non riuscirei a fidarti di te facilmente, non come prima. E poi tu andrai in Germania... non può funzionare Tom."
"Perché non potrei restare in Italia con gli altri? Lo farei per te Ada."
"Smettila, sai anche tu che non funzionerà."
"Sono passati 4 anni, dal nostro incontro... tutti e due siamo cambiati, ma i nostri sentimenti sono rimasti... perfavore.."

"Hai una ragazza Tom, non-"
"L'ho lasciata, non ho avuto più nessun rapporto con nessuna ragazza, e non lo farò mai, finquando non assaggeró le tue labbra, il tuo rossetto e... non starò con te, finquando potró davvero mostrarti i miei sentimenti."
"Tom... io non-"
"Ada... perfavore, perdonami, ti chiedo solo questo." disse lui, prendendo la mia mano e tenendola tra le sue, mentre mi guardava quando le sue lacrime scendevano per il suo viso.
Io distolsi lo sguardo, asciugando le lacrime che per poco non rovinavano il trucco.
"Va bene. Se è questo che davvero vuoi..." dissi, per poi appoggiare le mie mani sul suo collo e baciarlo.
Lui chiese accesso alla lingua, ma io mi staccai, sorridendogli.
Sorrise anche lui, e per quando sia cresciuto, il suo sorriso non era cambiato affatto. Quel sorriso che faceva un bambino dopo aver ricevuto il regalo che tanto voleva.
Poi giró la testa, abbassandola per l'imbarazzo, anche se continuava a sorridere.
Io la alzai, con due dita sotto il mento.
Lui mi guardò negli occhi, invece io guardavo le sue labbra, su cui c'era il mio rossetto.
Lo tolsi con il dito, o almeno ci provai.
"Sono sporco di rossetto?"
"Un po', ci dovrebbe essere una fontanella da queste parti." dissi vagando con lo sguardo sul paesaggio attorno.
"Lascia stare, non mi importa" continuó lui.
"Va bene... allora, vuoi farti una passeggiata?" chiesi alzandomi, mentre gli presi la mano.
"Decisamente."

Running through the MoonsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora