Capitolo 2- La Perla Nera

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Ore 14: la campanella liberatrice suonò, interrompendo una non molto interessante lezione di filosofia. Ginevra, guardandosi intorno, si rese conto che oltre metà classe si stava in quel momento risvegliando da un attacco di sonno che aveva colpito i suoi compagni due ore prima grazie all'accostamento delle lezioni di storia e filosofia le ultime due ore del venerdì.

Questa volta il tram che doveva prendere arrivò al semaforo nello stesso momento in cui vi arrivò la ragazza, la quale cominciò una specie di gara contro il mezzo raggiungere in tempo la fermata, e, anche se stava per collassare a terra, riuscì a salire. 

A Duomo scese e decise di fare a piedi un pezzo e prendere così la metropolitana una fermata dopo, Ginny, infatti, tentava di passare davanti allo store della sua squadra del cuore ogni volta che ne aveva l'occasione e, così, entrò in galleria San Carlo e, sulla destra, l'attendeva il negozio della squadra che fin da piccola l'aveva incantata e fatta sognare, il Milan. Questa volta, come scusa per entrare, utilizzò la festa di nozze che avrebbe avuto luogo quella sera nel ristorante in cui lavorava; venne a sapere, infatti, che sia gli sposi, che la maggior parte invitati, erano  milanisti e decise quindi di fare un piccolo pensiero per la coppia appena nata a nome del personale del locale. Optò per un pupazzo di un orsetto con la maglia rossonera e un set di due tazzine da caffè con lo stemma sul davanti. Uscita dallo store, prese la metro e tornò verso casa. 

Una volta dopo aver finito di studiare, iniziò a prepararsi per andare a lavorare, si truccò con del make up leggero, del mascara, del correttore (per coprire le occhiaie che iniziavano a farsi vedere) e applicò infine del rossetto color corallo opaco, si raccolse i capelli in una treccia alta che le valorizzava il viso ovale e gli zigomi alti; impacchettò il regalo e mise degli indumenti di ricambio nella borsa, mentre indossava già dei pantaloni flare a zampa neri e una camicia bianca come era richiesto per il personale. Prese le chiavi di casa, spense le luci ed uscì.

Il ristorante "La Perla Nera" dove lavorava Ginevra da ormai un paio di mesi, si trovava in una via appartata dietro il Duomo del capoluogo lombardo, quindi era facilmente raggiungibile in metropolitana. Il proprietario era il fratello di un collega del padre di Ginevra, appena lei aveva dichiarato di voler trovare un impiego che non le occupasse troppo tempo, suo padre aveva subito chiesto in ufficio se qualcuno avesse bisogno e Gianluca si era subito fatto avanti dicendo che suo fratello cercava un altro cameriere per il locale che gestiva visto che un ragazzo si era trasferito e aveva dato le dimissioni. Il compenso non era alto, ma lei era intenzionata a guadagnare qualcosa per poter far avverare, un giorno, il sogno che portava con sé da diversi anni, andare a Madeira, in Portogallo; la ragazza si era innamorata dell'isola quando in seconda media aveva fatto una breve ricerca come compito di geografia, quelle zone erano note come le Hawaii europee, e la cosa che la rendevano più suggestiva era la presenza sia dell'oceano che delle montagne, che lei adorava, le sembrava il luogo perfetto, già si immaginava di fare lunghe passeggiate sulle rocce e in mezzo alle foreste con una vista mozzafiato sull'oceano o un bagno nelle acque cristalline dopo una camminata ad alta quota. Ultimamente, oltretutto, su Instagram comparivano video e foto dell'isola portoghese molto più di frequente rispetto al passato, o almeno così era sembrato a Ginevra, che, in realtà, non sapeva se la cosa la spingesse ad andare sempre a lavorare e dare il massimo o se le spegnesse le speranze e la demoralizzasse perché le ricordava quanto ancora avrebbe dovuto fare per potersi permettere anche solo il volo. Ginevra voleva pagare il viaggio da sola, senza l'aiuto di nessuno, voleva dimostrare a tutti che era perfettamente in grado di essere una donna indipendente e responsabile e che non passava le giornate ad aspettare che i genitori le dessero la paghetta mentre lei stava sdraiata sul divano, ma, allo stesso tempo, l'ansia e l'angoscia della maturità si avvicinava, era in quinta e febbraio stava per volgere al termine.

Sinceramente, Ginny, non aveva idea do come avrebbe fatto a iniziare a riprendere tutti i concetti e portare avanti anche il lavoro; aveva, infatti, un grande difetto, la paura di non fare abbastanza, in qualunque campo, ma, soprattutto, a scuola, aveva questa mania di studiare sempre alla perfezione, presentarsi a scuola più ordinata e pronta possibile, era più forte di lei, le amiche le chiedevano spesso di uscire, ma, la maggior parte delle volte, ricevevano dalla ragazza risposte negative e rifiuti. 'E se poi il compito va male ed io potevo fare di più?' Questa era la domanda che le rimaneva fissa in testa tutti i giorni dell'anno, persino d'estate non si dava pace, e lei lo considerava un grande difetto, quanto avrebbe voluto essere in grado di non pensarci per un momento, di fregarsene delle frasi dei professori che sicuramente le sarebbero state rivolte, ed era già capitato in passato, come 'Questa volta non è andata così bene, perché?', oppure 'Hai smesso di impegnarti? Perché ho notato un calo di studio ' e domande simili. Non le interessavano i voti, ma la reazione degli altri al voto e il fatto di doverlo recuperare e quindi spendere altro tempo quando, se si fosse impegnata di più, non l'avrebbe fatto, aveva paura di  deludere le aspettative, anche se i suoi genitori non le avevano mai messo pressione, purché si impegnasse, non contava il voto per loro. Si, si riteneva una grande complessata, era davvero difficile poter dire di conoscere Ginevra realmente e, secondo lei, nessuno lo aveva ancora fatto, tranne la sua famiglia, ed era convinta che nessuno ci sarebbe riuscito, o, una volta fatto, si sarebbe sicuramente allontanato da lei. Creava ansia e tachicardia non solo a sé stessa, ma anche a chi la circondava. 

Il rumore degli stivali riecheggiava per le vie del centro, decisamente meno affollate di qualche ora prima, con il freddo e il buio di febbraio che iniziavano a calare sulla città. Il ristorante distava pochi passi dalla galleria Vittorio Emanuele, l'insegna luminosa contribuiva ad attirare l'attenzione dei passanti, soprattutto dei turisti stranieri. La fila fuori, non mancava mai e capitava che si dovesse prenotare con diverse settimane di anticipo per aggiudicarsi un tavolo. Un altro punto di forza, era, infatti, anche il menù molto vario, ce n'erano per tutti i gusti e per i palati più delicati, con proposte che andavano da pizze e focacce a piatti più particolari con carne e pesce, inoltre, l'ultima novità, prevedeva delle serate a tema con cucine di diversi paesi, c'era il giorno del menù sardo, alto-atesino, pugliese, siciliano fino ad arrivare alla cucina spagnola, portoghese, thailandese, cinese, giapponese o indiana. Quella sera, per la festa di nozze, erano stati chiamati tutti i cuochi delle varie specialità, Ginevra già si chiedeva dove avrebbero trovato lo spazio per farli cucinare tutti contemporaneamente.

La cosa che più piaceva a Ginevra era la presenza di un cortile interno, che veniva aperto quando il tempo lo permetteva, era addobbato con file di lampadine che emanavano una luce di un colore giallo caldo e che davano un tocco casalingo e rustico e, allo stesso tempo, elegante e raffinato all'ambiente, il pavimento del cortile era ricoperto di erba tagliata cortissima, che le ricordava tanto i ristoranti degli alberghi e dei resort in cui andava in vacanza da piccola, dove giocava con sua sorella a nascondino mentre aspettavano la cena. 

Ginevra superò l'ingresso intorno alle 18 e, come al solito, andò nel bagno riservato al personale per sistemarsi i capelli, ritoccare il trucco, lavarsi le mani e prendere dall'appendino il grembiule su cui vi era ricamato il suo nome con del filo rosso vivo. Salutò i suoi colleghi e andò a prendere i coperti per la tavolata del matrimonio, quella sera avrebbero aperto solamente per l'evento. Stava per far cadere i piatti di ceramica che stava portando verso l'esterno da mettere sui tavoli, quando notò quanto effettivamente fosse lunga la tavolata, alcuni tavoli erano stati disposti a ferro di cavallo, probabilmente per gli invitati più vicini alla coppia, mentre altre isole di quattro o cinque banchi erano disposte tutte attorno, già le mancava il fiato a pensare alla serata che l'aspettava. Appoggiò velocemente i piatti sul primo ripiano liberò che trovò e corse all'interno, arrivando al bancone della zona bar con una faccia da disperata "Ma il matrimonio è di Leonardo DiCaprio per caso? Ci saranno 250 posti a sedere fuori!" "No, sono 283 per essere esatti", rispose un collega "Cos..." a quel punto, era sicura al 99% che non avrebbe superato la notte. "Dai andiamo ad apparecchiare, saranno qui per le 21". 

Ginevra si rimboccò le maniche e l'immagine di una cartolina di Madeira la spinse a riprendere i piatti che aveva lasciato. Purtroppo non spettò a lei mettere i nomi dei segnaposti degli invitati sui tavoli, altrimenti sarebbe svenuta a vederli, forse avevano fatto apposta ad affidare il compito ad altri camerieri, non poteva nemmeno immaginarsi cosa sarebbe successo di lì a poche ore. 


Spazio autrice: Come state? Eccomi con il secondo capitolo! Spero vi sia piaciuto e che iniziate ad immedesimarvi nella protagonista, almeno sotto qualche aspetto, questo era l'ultimo capitolo di "presentazione" dell'ambiente; Rafa è sempre più vicino, non temete, non dirò altro perché non intendo spoilerare. Presto copio e sistemo il terzo capitolo con la speranza di pubblicarlo nel fine settimana, altrimenti dovrei riuscire a farlo lunedì, quindi rimanete connessi!

Grazie per aver letto fino a qui, buon fine settimana a tutt*,

Roby




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