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Ci siamo addormentati sul divano e quando ho aperto gli occhi lui non c'era più. Avrei voluto vederlo accanto a me una volta fuori dal mondo dei sogni ma dopotutto è Spiderman. E fare così lo rende più figo e misterioso, a quanto pare.
Passano abbastanza giorni e lui non si rifà mai vivo, né per un saluto né per combattere nemici. Effettivamente credo che ormai abbia sterminato tutta la criminalità. Ma visto che ha del tempo libero potrebbe anche portarmi a fare un giro. E poi un giorno...
Mi squilla il telefono. Lo accendo ed ecco che appare Lyla.

«Come stai bff?».
«Amichetta! Tra te e Miguel non so chi mi ignora di più».
«Scusa scusa scusa! Ero impegnata e tenerlo a bada. Ora finalmente s'è addormentato e ho potuto sgattaiolare un attimo da te».
«Tenerlo a bada? Perché? Che ha combinato?».
«Beh ecco è un po' complicato...».
«Posso andarlo a trovare?».
«Ecco in realtà mi ha ordinato di stare zitta. Ha minacciato di sbarazzarsi di ogni apparecchio elettronico nel raggio di venti kilometri se ti avessi detto qualcosa».
«Ma sta bene? Che succede?».
«Ma no niente di incurabile ma non vuole averti intorno».
«Vabbè lo dice sempre. Dammi l'indirizzo».
«Stavolta credo faccia sul serio. Non vuole vederti finché non gli è passata».

Sbuffo.

«Cioè non mi vuole intorno e non ha neanche il coraggio di dirmelo? Non dico di persona ma almeno un messaggio...E invece no, devi dirmelo tu perché lui fa la primadonna. Adesso gliela faccio vedere io. Lyla. Indirizzo».

Lei esita un po'.

«Se te lo chiede non l'hai sentito da me. Hai girato la città guardando tutti i campanelli finché non hai trovato casa sua, intesi?».

Annuisco. Lyla si lascia sfuggire silenziosamente l'indirizzo di casa O'Hara.

«Sei la meglio!».

Dò un bacio al suo ologramma.

«Beh grazie, lo so», ride

Non perdo altro tempo e vado dove l'algoritmo ha detto. Wow. Vive in un quartiere piuttosto di lusso. E che bella casa...Mi sento un po' in soggezione. Suono il campanello. Aspetto un po' ma nessuna risposta. Suono di nuovo. Niente. Insisto finché non si degnerà di farmi entrare. Finalmente mi risponde dal citofono.

«Và via», dice bruscamente.
«Fammi entrare!».
«No».
«Perché?»
«Perché no. Sparisci», alza la voce.
«Guarda che mi arrampico dal cancello».
«No».
«Sei un disco rotto. Io scavalco».
«Ti fai male. Vattene».
«Se mi facessi entrare magari non rischierei di farmi del male».
«No».
«D'accordo come vuoi».

Inizio a salire il cancello di ferro.

«Scendi giù!», mi urla dal citofono.
«Apri. Il. Cancello. Miguel!».

Sospira pesantemente molto arrabbiato.
Apre mentre sono ancora sopra. Scendo giù e lo chiudo dietro di me. Non ci voleva tanto. Avrebbe potuto farlo fin da subito. Supero il giardino e mi piazzo davanti alla porta.

«Apri!»
«No! Volevi che aprissi il cancello, non la porta di casa. Ora vattene», mi grida da dietro il legno.
«Perché? Che ti ho fatto?».
«Non ti voglio intorno».

Non aprirà mai quella porta vero? Mi guardo intorno cercando una finestra aperta. Fortunatamente lo sono tutte. Faccio uno scatto per entrare. Appena arrivo davanti alla prima, si chiude di scatto insieme alle tende. Corro alla seconda. Anche quella viene sigillata e coperta in men che non si dica.

«Miguel!».
«Vai via!».
«Giuro che prendo a pugni la finestra».
«Ti appendo a testa all'ingiù su un albero».
«Per favore! Ma che hai?».
«Sto...male».
«Eppure hai corso dalla porta fino a qui. Mi sa che sei guarito, che fortuna».
«No».
«No cosa!?».

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𝐇𝐞𝐥𝐩 𝐦𝐞! // 𝐌𝐢𝐠𝐮𝐞𝐥 𝐎'𝐇𝐚𝐫𝐚 𝐱 𝐑𝐞𝐚𝐝𝐞𝐫Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora