06 | SUBLIME

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 warning: questo capitolo contiene estrema dose di pippe mentali classiciste. sono corrette? non c'è modo di dirlo, dato che si basano sia su cose studiate sia su opinioni personali (dei personaggi). il senso di questo è che non c'è un punto di vista giusto.


06 | SUBLIME


"Penso che tutti i presenti qui siano d'accordo che  tra Tucidide ed Erodoto, ci sia più culturalmente vicino Tucidide. Per ovvi motivi."  Disse Tommaso D'Alba il giorno dopo a debate, seduto sulla cattedra a gambe incrociate, al posto di Lombardi. 

Quel giorno indossava una camicia azzurra e una cravatta con sopra stampata una fantasia a paperelle di gomma gialle. Lo guardavo con le sopracciglia aggrottate e non ancora completamente sicura perché quel ragazzo di appena diciotto anni fosse la persona più popolare del Garibaldi.

"No, in realtà no."

Undici paia di occhi si puntarono su di me. Tommaso inclinò la testa di lato.

Non saprei dire quando esattamente io abbia cominciato a comportarmi in maniera diversa in base alle persone che avevo davanti.

Non so se sia successo e basta o se io sia stata da sempre così, fatto sta che sono arrivata ad un punto della mia vita dove non ho la più pallida idea di chi io sia in realtà. Quale sia la mia vera personalità.

Nella mia testa tutto è disposto a cassetti: le battute da evitare con una certa categoria di persone, i momenti in cui è meglio far finta di capire cosa gli altri dicono e quindi anche i sorrisetti da "so tutto io"  quando in realtà la maggior parte delle volte non ho la più pallida idea di cosa stia succedendo intorno a me. A scuola ero quell'amica un po' stupida e stronza che non ha problemi, ma che  in qualche modo è sempre pronta ad ascoltarti, mentre in altri contesti preferivo invece essere quella con l'espressione impassibile e la risposta sempre pronta.

Diversi modi di fare con amici diversi. Diversi discorsi con ciascuno dei miei genitori.
Se mi fossi ritrovata nella stessa stanza con tutte le persone che conoscevo probabilmente sarei impazzita o qualcosa del genere.

A mia madre piaceva dire che lei mi conosceva più di chiunque altro al mondo e quindi capiva subito quando non le dicevo qualcosa. Questo mi faceva sempre ridere, dato che nemmeno io avevo la più pallida idea di chi fossi io.

Però di solito sapevo già che Beatrice essere, quale parte di me far vedere a una specifica persona.
Con Tommaso D'Alba invece mi sentivo estremamente in difficoltà. 

"Come scusa?" Disse lui, come se non mi avesse sentita parlare. Capii che mi stava dando una possibilità, una via d'uscita, permettendomi di mormorare una scusa o una battuta. Di rispondere "oh si si, Tucidide è davvero la mia prima scelta, ovvio" e far dimenticare a tutti che io avevo parlato. 
Perché io a dibattito non intervenivo mica, seguivo i botta e risposta in silenzio e basta. Non avevo alcuna intenzione di essere una speaker e attirare l'attenzione degli altri su di me, preferivo starmene seduta sulla mia sedia in fondo alla classe e osservare come si svolgevano le discussioni.

Eppure io in quel momento avevo aperto bocca, avevo acceso la miccia e lui mi stava dando la possibilità di spegnerla. Ma allo stesso tempo mi stava sfidando di non farlo.

Drizzai la schiena, componendomi, e fissai dritto negli occhi il ragazzo dall'altra parte dell'aula. Non so da dove trovai il coraggio di farlo, ma lo feci e basta e mi schiarii la gola, guardandolo come se fossi annoiata da quella situazione. Come se non volessi vomitare dall'ansia che stava avvolgendo ogni singola cellula del mio corpo. "Hai sentito quello che ho detto. Non tutti sono d'accordo perché io non sono d'accordo."

Tutte le cose che non ho dettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora