07 | PROBLEMI?

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07 | PROBLEMI?

Sono una bugiarda patologica.

Nessuno lo sa, non l'ho mai detto a nessuno in realtà, nemmeno a Lisa. Non l'ho mai pronunciato ad alta voce, nemmeno a me stessa quando sono da sola nella mia camera, nel mio letto con faccia schiacciata contro il cuscino e gli occhi serrati. 
Mentire mi viene così facile che ho smesso ormai da tempo di sentirmi in colpa di farlo, e poi sarebbe inutile perché continuerei lo stesso a farlo.

Sono una bugiarda patologica e questo è il mio più grande segreto. Nessuno lo sa. Nessuno sa assolutamente niente perché sono brava a dire cazzate, così brava che nemmeno io so se sto mormorando falsità o qualcosa di vero. E' successo davvero? Lo sto facendo apposta? Non mi ricordo più.
Sono così brava che tutto nella mia testa si è confuso e indistinto, come un gomitolo di lana tutto attorcigliato, con mille nodi impossibili da disfare. Da buttare, in pratica. 

La mia mente è ridotta a rottame inutilizzabile ma io sono una bugiarda patologica, quindi mi dico che c'è ancora qualcosa di salvabile.


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Il lunedì seguente pensavo ancora all'ultimo incontro di dibattito. Non avrei mai più parlato, pensavo morbosamente, non avrei mai più discusso con D'Alba riguardo a questioni classiche e da nerd, anzi, non gli avrei mai più rivolto la parola in generale. 
Il filmato che la primina timida aveva fatto di quella penosa ombra di un dibattito era stato pubblicato sulla pagina Instagram della scuola. Fantastico. Sapevo che era opera di Tommaso, lo sapevo e questa cosa mi rodeva. Sentivo il bisogno di sprofondare in una buca e uccidermi, perché quel coglione aveva persino avuto la decenza di taggarmi. Manco ci seguivamo a vicenda. 
Forse ero paranoica, ma ero davvero convinta che volesse umiliarmi. Forse ero anche bipolare.

Chissà, magari lo avrei denunciato. Se non per quello, per quell'atroce foto profilo che si ritrovava. Ma non scenderò nei dettagli, se non per ribadire ancora una volta che io avevo chiuso con lui. Non che ci fosse nulla da chiudere, capiamoci bene.

Niente da dire, Tommaso D'Alba continuava a starmi sul cazzo in una maniera assurda.

Quella mattina ero a malapena scampata agli strilli di mia madre che si lamentava che non avessi fatto di nuovo colazione, ed ero scesa di corsa giù per le scale del condominio, buttandomi praticamente fuori. Sì, perché tutto quel pensare come se non bastasse mi aveva fatto perdere di vista l'orologio. Tutto preannunciava un disastro.

"Bea! Ehi!" Qualcuno mi strinse la spalla e io mi voltai, frastornata, bloccandomi in mezzo al marciapiede. Dopo un attimo focalizzai il viso di Leo e socchiusi gli occhi, inspirando, togliendomi lentamente le cuffie dalla testa mentre il mio cuore minacciava di esplodermi nel petto. 

"Mi hai fatto perdere vent'anni di vita" Esalai a denti stretti. Il mio amico sorrise timidamente, alzando le braccia in aria come in segno di resa. Il suo casco gli scivolò fino al gomito, impigliandosi a metà strada nella manica del giubbotto.

"Scusa, ti ho chiamato ma non mi hai sentito. Sembravi estremamente assorta." Ridacchiò e io scossi la testa, cercando di combattere il sonno. Non avevo nemmeno avuto il tempo di prendermi il caffè. Gli diedi una leggera gomitata prima di ricominciare a camminare, fianco a fianco. 

"Assorta, sì. Qualcosa del genere." Borbottai, evitando una spallata da un gruppetto di primine. "Avrei preferito rimanere a letto stamattina."

"Mhm, anche io." Disse, annuendo leggermente. Guardò verso di me, inclinando la testa di lato. "E' successo qualcosa?"

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 03 ⏰

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