9| Rosso un amore che non posso

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Mi guardai allo specchio, pronta ad andare al circuito con tutti gli altri; ero arrivata la sera prima verso 22 in hotel, alloggiavamo al Mandarin e io non avevo mai visto un hotel così lussuoso, ogni cosa era impeccabile.

La stanza aveva i toni del chiaro, avevo un letto davvero grande per essere da sola e il bagno era completamente in marmo bianco, con una doccia e una vasca, mi sentivo una regina.

Mi aggiustai il colletto della polo rossa, poi presi il badge e uscì dalla mia stanza, pronta per andare verso l'ascensore.

Ieri mattina avevo chiamato velocemente i ragazzi, mentre aspettavo l'aereo che da Roma mi avrebbe portato a Doha, parlammo di quello che era successo con la promessa che gli avrei rivelato i dettagli al circuito, fortunatamente stavolta ci sarebbero stati anche loro.

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Dopo mezz'ora io, Mia, Chris, Francesca e Silvia arrivammo al circuito, passammo velocemente la folla e andammo verso il nostro box.

Salimmo nel paddock per organizzare le storie e i post, rispondere ad alcuni commenti e pensare ad alcuni video da postare su youtube.

Avevamo leggermente anticipato il tutto per poter fare subito delle foto e dei video ai ragazzi, così da non intralciare i preparativi per la gara.

Verso le 10 arrivarono i due piloti, il primo ad entrare nel box fu Carlos che mi salutò con calorosità «Si sentiva la mancanza della nostra italiana, anzi siciliana» sorrisi, poi un dubbio mi balenò in testa, chi gli aveva detto che ero siciliana?

Quella domanda venne spazzata dall'entrata del monegasco nel box, provai ad ignorarlo il più possibile e feci finta di non vederlo; continuai a parlare Silvia del lavoro fatto oggi, la pagina di Instagram del team faceva grandi numeri e noi non riuscivamo a spiegarci il perché.

Sentì il suo sguardo sulla schiena, così decisi di salire al paddock, tra l'adrenalina di essere tornata sul circuito, il suo messaggio l'altra notte e quello sguardo, avevo bisogno di tranquillità; ero contenta ma quando c'era lui mi sentivo in imbarazzo e sotto esame.

La colazione sotto il temporale era stato solo una piccola parentesi.

Entrai nella stanza da dove solitamente guardavamo la gara, all'interno un divano e altre sedute e ogni tipo di snack o bevanda.

Mi sedetti sul divanetto, buttai la testa all'indietro e respirai piano, mi accorsi di essere leggermente sudata, a Doha c'era una giornata calda e umida, ma quella situazione non aiutava di certo.

«Stai male?» Sobbalzai e lo vidi, erano due le cose o io ero diventata sorda o lui era molto abile nel riuscire a non farsi sentire.

Mi decisi a rispondere «No, avevo solo bisogno di riposare un attimo, il viaggio di ieri è stato molto pesante» era una mezza verità, poi chiusi gli occhi e poggiai la testa sul divano.

«Mi stai ignorando?» Aprì gli occhi un po' seccata «Ma tu fai sempre domande?»
Lo vidi indurire la mascella, segno che si stesse innervosendo «Come pensi di lavorare con me se non mi parli?».

Non risposi, poggiai i palmi sul divano per darmi una leggera spinta e mi alzai per avvicinarmi a lui.

Lo vidi osservarmi mentre mi avvicinavo, mi fermai a debita distanza e mentre lo guardavo negli occhi provai ad immaginare quelli azzurri di Leo.

«Hai detto bene, io e te lavoriamo e basta, parliamo solo quando ce n'è bisogno okay?» Lui si avvicinò leggermente e io cercai di pensare al mio ragazzo con tutte le forze, alla nostra litigata e al fatto che non si meritasse questa vicinanza tra me e lui.

Ricordati di guardare la luna // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora