fase 6: paura, terrore, George Micheal

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Narra Klaus

Non starò qua a riassumervi la trama, che non ho voglia. Facciamo che ve la leggete voi la lettera, poi mi dite cosa ne pensate. 


24 dicembre 2006

Harper,
scusami. Questa lettera sara solo un mucchio di "scusa" uno dietro l'altro. 
Spero davvero che tu stia bene, per quanto possibile. 
Hai rischiato di morire ed è solo colpa mia. Non posso permettere che succeda di nuovo. Quindi, anche se mi fa male, devo starti lontano. Probabilmente anche tu vorresti che ti stia lontano, dopo quello che è successo ed è quello che ti auguro, anche se forse vorrei che non lo fosse. Forse sono solo le voci nella mia testa che lo vorrebbero. 
Non vorrei finire a essere patetico, ma dato che è un addio, tanto vale, quindi scusami per quanto segue. Ti penso e sempre ti penserò quando vedrò la stella polare, o qualsiasi stella. La notte sarà come i nostri pomeriggi e potrò vederti attraverso le stelle. Siamo sotto le stesse stelle dopotutto (e la stessa Luna, perché a te piace tanto la Luna). 
Scusami anche se ti ho spaventata, uccidendo quei bastardi davanti a te. Non avrei dovuto lasciare che vedessi quelle cose. Avrei dovuto proteggerti, ma non ci sono riuscito.
So che troverai la tua strada e ti auguro che in questa strada non trovi un idiota che ti fa finire in mezzo a situazioni come quella dell'altro giorno. 
Ti voglio bene Harp. 

Tuo per sempre, 
5

Un deficiente, no? Non vorrei influenzarvi, ma non penso che qualcuno stia pensando qualcosa di diverso. 

Narra la coscienza di Harper

Quelle giornate erano state come quelle in cui si era presa la bronchite e non aveva potuto vederlo per più di una settimana. Tremende e desolate. Almeno quella volta sapeva che prima o poi sarebbe guarita e l'avrebbe rivisto prima o poi. Stavolta no.
E la lettera non fece che rendere tutto ancora più insopportabile.
Potete immaginare che il baratro di disperazione in cui si trovava. Almeno, dipende da cosa si intende per disperazione. Lei la disperazione la esprimeva diventando apatica. Erano giorni che non riusciva a dormire per più di mezz'ora senza svegliarsi. Mangiava quel poco che bastava, senza avere mai fame. Cercava di leggere qualcosa per distrarsi, ma finiva per lanciare il libro dall'altra parte della stanza dopo mezza pagina, perché non riusciva a concentrarsi.

Il suo comportamento era giustificato dal trauma che gli aveva causato la sparatoria a scuola. Era passato troppo poco tempo per pretendere che si riprendesse dallo spavento.
Sappiamo, però, che non era solo scossa dal fatto di aver rischiato la vita, ma anche da qualcos'altro. Il giorno seguente all'accaduto, era andata alla caffetteria sperando di trovarlo lì, anche se non ci contava troppo. Non sapeva perché, ma si sentiva che non sarebbe venuto.
Nella sua mente si mischiavano immagini di sangue con quelle più tiepide di lui che arrivava per salvarla. Era furioso, e forse anche qualcosa di più. Cinque non era uno di quelli che facevano trasparire le emozioni più di tanto. Vederlo così... non sapeva neanche come descriverlo. Non si ricordava come fosse il suo volto, ma sapeva che quella era pura rabbia. Nonostante gli avesse chiesto scusa per averla spaventata, lei non aveva avuto paura di lui, non un singolo istante. Era semplicemente grata che lui fosse venuto a salvarle la vita. Era arrivato venti minuti prima del resto della squadra dell'Umbrella, senza la divisa. Era corso fin là senza gli altri solo per lei? L'aveva sperato, ma non osava pensare che fosse vero. Era solo il suo dovere, dopotutto. Però era stato così... così carino, ecco. L'aveva tenuta stretta fino a che praticamente tutta la scuola non la vide intrisa di sangue abbracciata a uno degli eroi dell'Umbrella Academy, tutto tremante e ansimante che non distoglieva lo sguardo da lei neanche per rispondere alle domande della polizia, che era arrivata dieci minuti dopo. 
La rabbia che sbolliva dal suo corpo la scaldava da quel terrore gelato che non riusciva a scacciare. Si sentiva al sicuro però. Non poteva succederle niente se c'era lui.
E adesso? Gli scriveva una lettera, dopo tre giorni, in cui le diceva che sarebbe stata al sicuro senza di lui. Non poteva essere serio. Come poteva essere in pericolo, con lui accanto? Lui, che praticamente non la sfiorava senza chiederle il permesso. Lui, genio di qualsiasi cosa, maestro di tutte le forme di lotta esistenti, e aveva anche i superpoteri (doveva esserle capitato un miracolo perché uno come lui la considerasse). Doveva cadere un meteorite perché fosse in pericolo attorno a lui. Ma neanche, l'avrebbe teletrasportata da qualche altra parte. Visto?
Non capiva perché gli avesse scritto quelle cose. Perché avrebbe dovuto essere lui la causa della sparatoria? Non c'entrava niente, o no? Aveva mandato lui Jenkins a puntarle una pistola alla tempia? Perché avrebbe dovuto? E anche il discorso del "scusami di averti spaventata", poteva essere più idiota? L'unica cosa che gli faceva paura in quel momento era di perderlo. E l'aveva perso. Come se le potesse bastare guardare la Luna di sera e pensare "oh beh, almeno siamo sotto la stessa Luna". Quanto poteva essere illogico pensarlo? E vogliamo parlare del "tuo per sempre, 5" alla fine? Come si poteva pensare che sarebbe stata bene, o avrebbe addirittura trovato un altro, dopo essersi dichiarato "suo"? E "per sempre"?
Comunque, si sentiva come uno straccio appeso d'inverno. Le sarebbe passato, sicuramente, ma non era certa di volere che le passasse. Avrebbe significato dimenticarlo, e non voleva dimenticarlo. Ma finché l'avrebbe ricordato, avrebbe sofferto. Magari prima o poi avrebbe accettato la cosa, ma non adesso. 
Ma chi vogliamo prendere in giro. Accettare che cosa? Aveva mai accettato qualcosa nella sua vita? No. E non avrebbe cominciato adesso. 

Le 7 fasi secondo Klaus | cinque hargreevesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora