Quindici

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Settembre 2013

Sapevo già chi era, chi rappresentasse per la società e cosa lo aveva portato in quel posto. Ma ho finto. Come ho finto il mio interesse nel conoscerlo. Come ho finto la maggior parte del mio tempo. 

Ma non lo potevo evitare tra quelle mura. La prima volta che si avvicinò era sera, mi sedetti sul ciglio della finestra ad ammirare il cielo. 

«Ancora sveglia?» la sua voce era piatta. Non mostrava sentimenti ma avrei coltivato la fiducia. 

«Volevo guardare il cielo prima di dormire.»

«Cosa ci trovi?»

«Il buio dei miei sogni più belli e rimarranno tali per tanto tempo.» accennai sarcastica. Lo guardai. 

Ricambiò il sorriso. Lo aveva scambiato per qualcosa di gratitudine ma la mia era una maschera da mostrare solo in sua presenza. 

«Io ci trovo solo le stelle. Brillano tanto da accecarmi la vista.» mormorò con un sospiro. 

«Non ti piace il cielo notturno» affermai voltando lo sguardo di fronte a me. Quel blu pesto che sognavo sempre, tutte le notti. 

«Come fai a saperlo?» domanda sbigottito.

So tante cose di te. Ma non lo saprai.

«Peter.»

«Greta.»

Oggi

Mi trovo nel parcheggio della casa circondariale di Pagliarelli, mi attendono due guardie penitenziarie ai lati del cancello.

Scendo dal veicolo, andando incontro alle figure, e porgo la mano per salutarli.

«Buon pomeriggio agenti» accenno con una stretta di mano. Loro ricambiano il saluto con più veemenza.

«Benvenuta comandante» dicono entrambi uno alla volta.

«Comandante»una voce si sente dalla vetrata. Una guardia seduta dietro la scrivania con un cenno, ricambio il gesto senza troppe parole e vado avanti.

«Andiamo forza» incito gli agenti a proseguire senza perdere tempo, è prezioso questo momento e non posso perdermi in chiacchiere. Devo conoscere il carcere ed i reclusi che ci alloggiano.

Seguiamo il tragitto fino all'interno dell'edificio, tante sbarre si presentano davanti alla mia visuale con vestiti stesi ad asciugare e lacci di scarpe allacciati ad un fiocco.

Tanti colori raffigurano le loro presenze, i loro corpi si intravedono da dietro le sbarre che osservano l'esterno e qualche mano che saluta a caso.

Tante anime chiuse lì in attesa di un processo definitivo o di uscire per vivere la propria libertà che si sono persi.

«Andiamo nel femminile»dice uno di loro per avvisarmi. Annuisco alle sue parole.

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