Quinto

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Una decina di giorni dopo, mi trovavo dietro i vetri della finestra della mia stanza ad aspettare l'arrivo della carrozza in compagnia dei tumultuosi battiti del mio cuore. Non ero in attesa di una qualunque carrozza, ma quella dei Lucardesi. Tenevo l'anta della finestra leggermente aperta, se mia madre se ne fosse accorta avrebbe dato di matto: non stava bene fissare la strada per di più con la finestra aperta. Ma grazie a quell'apertura, però, potei sentire lo scalpitio dei cavalli seguito dal rumore del legno delle ruote sulla strada che, di tanto in tanto, infrangevano qualche pozzanghera per farsi spazio. Finalmente la carrozza si arrestò davanti al portone, ed io mi precipitai di sotto, perlomeno per la prima rampa di scale, poi pressi un bel respiro e scesi l'ultima con compostezza, la compostezza che era necessaria. Al piano terra Lorenzo e Costanza stavo già attendendomi. Salutai entrambi con grazia e signorilità e ci dirigemmo verso il mezzo che ci avrebbe condotti al Parco delle Cascine, per quella che si prospettava essere una deliziosa passeggiata mattutina. Nell'abitacolo presi posto di fianco a Costanza e, senza troppi preamboli, le strinsi la mano. Non era sicuramente un gesto signorile, ma lei ricambiò la stretta e mi rivolse uno sguardo obliquo di complicità. Giunti davanti all'ingresso del parco, fummo raggiunti dai figli del signor Amidei, Alberto e Federico. Ecco spiegato il principale intento di quella passeggiata: Costanza e Federico. Ma questo a me poco importava poiché, non molto tempo più tardi, dopo aver casualmente incontrato anche Cecilia Lucardesi e Cristiana Bischeri, ero finalmente stretta al braccio di Lorenzo Lucardesi.
– È magnifico poter godere del calore di questo sole splendente, dopo la bufera di ieri – gli dissi mentre mi accompagnava più vicina all'Arno.
Lui sorrise, mi sorrideva sempre. E quel sorriso era così salubre e rinvigorente per il mio cuore. – Come darvi torto, cara Melania, è davvero una splendida giornata – si voltò per incontrare i miei occhi e io mi voltai per guardare di fronte a me, o avrei rischiato di arrossire.
– Spero siate felice di aver fatto rientro a Firenze – chiesi, con l'intento di prolungare la conversazione.
– Certamente.
– Intendevo dopo gli anni trascorsi fuori, in Accademia – chiarii.
Lorenzo arrestò il passo e mi rivolse uno sguardo quasi invadente. Ero certa che quello non era un atteggiamento consono perché mi sentii immediatamente imbarazzata, in soggezione per quegli occhi curiosi e sfrontati. Quando ebbi il coraggio di ricambiare il suo sguardo, lui si voltò e riprese a camminare e io lo seguì, il mio braccio ancora poggiato al suo.
– Vi chiedo scusa.
– Non dovete – risposi, senza sapere perché.
– Mi spiace se le parole insolenti di pocanzi del signorino Amidei possano avervi, in qualche maniera, turbata.
Abbassai lo sguardo ed arrossì. Fu in quel momento che vidi, ancor prima di sentirla, la sua mano sollevarsi per poggiarsi sulla mia. Sentì la forza di quell'impercettibile stretta e il calore della sua pelle nuda attraversare i miei sottili guanti merlettati.
– A voi posso confessarlo: sono felice di essere tornato – mormorò avvicinando le labbra al mio orecchio. – Ma che resti tra noi, non vorremmo rischiare di turbare il signorino Amidei.
Mi portai una mano alla bocca per coprire la risata che, senza alcun preavviso, mi era scappata.
Qualche tempo più tardi avremmo tutti insieme festeggiato con gioioso entusiasmo l'unione tra Costanza e Federico. Quel giorno tra le sue sorelle, sua madre, fanciulle prepotenti e il suo essere sfuggente, Lorenzo fu oltremodo inavvicinabile. Durante il rinfresco, tentai comunque una conversazione con lui, mi sentivo particolarmente coraggiosa e forse un po' incoraggiata dai suoi modi spesso sfrontati e, dopo l'ultima volta, anche confidenziali. Perciò senza badare troppo alle formalità mi avvicinai a quello che, anche in quella occasione, era l'uomo più affascinante della sala. A breve sarebbe partito un valzer e io mi sarei fatta trovare nella sua orbita. Che sfacciata che ero, far prevalere i miei desideri al buon costume, ma infondo non stavo infrangendo nessuna buona regola. Presi conversazione lodando Costanza, ma mi rattristai quando lui, poco dopo, si allontanò catturato da altro. E anche quando l'ennesimo gentiluomo mi trascinò verso la pista da ballo, i miei occhi continuarono a seguire i passi e i movimento di Lorenzo mentre i miei piedi cominciavano seguire quelli del valzer.

Sposerò un gentiluomoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora