Sesto

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Me ne stavo in salotto a ricamare, quando avvertì la presenza di mia madre alle mie spalle. Avevo sentito i suoi passi in corridoio e poi il rumore degli anelli sulla cornice in legno del divano color panna, su cui ero seduta. Mi voltai per salutarla con un sorriso che lei ricambiò prontamente. Tornai con lo sguardo chino sul tessuto bianco, ben teso, del piccolo telaio circolare. Un altro paio di punti ed anche l'ultima fogliolina, del ciclamino che stavo componendo, sarebbe stata completata.
– Melania, hai ricevuto uno proposta di matrimonio molto allettante.
L'ago rimase impigliato nel tessuto nell'esatto momento in cui le mie orecchie udirono quelle parole uscire, con calma e disarmante pacatezza, dalla bocca di mia madre. Erano anni che mi preparavo ad udire quelle parole ma il battito mi si fermò ugualmente. Una proposta. Un pretendente.
– Chi? – mi precipitai a chiedere.
Non volevo sapere altro. Non importava altro. Non poteva essere lui. Sentì gli anelli scorrere lungo la cornice di legno, mentre rimasi con il viso chino ed il cuore in gola. Non avevo il coraggio di alzare lo sguardo per vedere mia madre pronunciare il nome del mio corteggiatore. Lei si sedette al mio fianco, giunse le mani sulle gambe e disse un nome. Un nome seguito da un cognome a cui, in una seconda frase, aggiunse il titolo nobiliare del padre che un giorno sarebbe stato di colui che sarebbe potuto essere il mio futuro marito. Era ciò che ci si aspettava da me. Un matrimonio conveniente. Un matrimonio che innalzasse la mia posizione nella società e mi garantisse la vita che la mia famiglia si era sempre prospettata per me. Ma adesso non era quello che volevo. Quella proposta era arrivata così in fretta, così rapidamente che forse avrei anche potuto rifiutarla. Dovevo. Non potevo. Sentì un nodo in gola. Avrei voluto piangere come una sciocca bambina. Sentivo l'amarezza. No. Non lui. Non per lui, ma perché non era il lui che speravo. Non era il nome che il mio cuore voleva.
Mia madre spostò una mano sul mio braccio, con l'altra mi tolse la cornice di legno dalle mani. – Lo so che possiamo ambire a molto di più – ancora quella calma.
Sollevai finalmente lo sguardo.
Lei vide la delusione nei miei occhi. – Tuo padre si è preso del tempo per rifletterci su.
Fu una notte interminabile. Non potevo dormire; quegli occhi, quel viso e quella mano erano un tormento per la mia mente. Non potevo disobbedire al volere di mio padre, se avesse deciso che dovevo sposare il figlio del visconte Pardini l'avrei fatto. L'avrei fatto anche se col cuore spezzato, condannandomi ad una vita probabilmente senza amore. L'indomani mattina convinsi mia madre a mandarmi in visita da Costanza, ora Amidei. Dovetti insistere anche perché quella era la luna di miele dei neo coniugi. Mi sentivo una gran maleducata ma le mie mani tremavamo, i battiti mi rimbombavano in gola e da lì a breve, ne ero c'era, mi avrebbero impedito di respirare. Le scrivemmo una breve missiva per avvisarla della mia visita, e quello stesso pomeriggio ero seduta, a sorseggiare del tè e spilluzzicare qualche pasticcino, nel salotto della nuova abitazione di Costanza. La padrona di casa mi chiese se qualcosa non andava nei biscotti al burro, sorrisi e mi scusai per la mia inappetenza. A stento riuscivo a respirare, figuriamoci a mangiare. Era maleducazione vertere una conversazione, senza i giusti convenevoli, ma l'essere lì mi faceva già sentire la più scortese delle dame, cosa avrebbe potuto cambiare una domanda, forse un po' sfrontata, a fin di bene? Così, senza troppi giri di parole, informai Costanza della proposta di matrimonio che avevo ricevuto il giorno prima. Lei si rallegrò, posò la sua tazza, ancora piena di tè, sul piattino e poi sul tavolino di fronte a noi; cercò della gioia nel mio sguardo.
– Non sei felice? Non hai intenzione di...
– Non lo so – mi precipitai a dire.
– È un buon partito, non si può negare.
– Lo so – sospirai sonoramente. – Ma...
– Oh! – sospirò a sua volta. – Lui non è in città – soggiunse con tono dispiaciuto. – È in viaggio per una questione riguardante la contea.
– Con vostro padre? – chiesi.
– È andato solo stavolta. Mia madre sostiene che sarà di ritorno domani sera.
– Capisco – rimasi in un concitato silenzio per una manciata di secondi. Non potevo aggiungere altro. Cosa avrei potuto direi poi?
– Aspetta – disse d'un tratto Costanza alzandosi in piedi dritta sulla schiena. Si diresse verso il mobiletto alla nostra destra, aprì un cassetto da cui estrasse penna e calamaio. – Non prendete impegni per domani, sono certa che mia madre sarà lieta di averci come ospiti.

Sposerò un gentiluomoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora