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Jisung aveva pianto tutto il tragitto e una volta arrivato a casa era crollato.
La mattina dopo era costretto a tornare a lavoro, di nuovo nella pausa pranzo non mangiò.
Invece di mangiare, si mise una sigaretta fra le labbra e se la accese, dopo tre mesi che non lo faceva.
Si sentiva male, talmente male che non riusciva nemmeno più a piangere.
Quando finì anche il suo turno pomeridiano, erano le cinque e sentiva di star per morire, non sapeva se sarebbe resistito fino alla sera.
Mangiò una merendina al cioccolato giusto per non svenire, fumò altre due sigarette e poi decise di andare al bar.
Si sedette e ordinò una coca cola, ma quando stava per accendersi un altra sigaretta, lo vide.
«Ma vai via!» esordì, alzandosi dalla sedia «mi stai stalkerando
«Ma cosa vuoi? Non posso prendermi un bottiglietta d'acqua in pace? Non sapevo neanche che fossi qua.» Minho si girò e lo guardò, alzando un sopracciglio quando notò la sigaretta fra le sue labbra «da quanto fumi?»
«Uh, che ne so. Ho iniziato a sedici anni, poi ho smesso per due anni, poi ho ricominciato, poi ho smesso di nuovo ed ora eccomi qua.» si rigirò la sigaretta fra le dita.
«Ti ho chiesto da quanto fumi, non la storia della tua vita. Sai che è un vizio veramente brutto? Sia per te stesso, sia per l'ambiente, sia per le persone che ti circondano
Minho prese una sedia e si sedette al suo tavolo, mentre Jisung tossiva.
«Ora spiegami perché te ne sei andato.» sussurrò, guardandolo negli occhi, il viso appoggiato sulle sue mani intrecciate.
«Cosa vuoi da me? Perchè non mi lasci stare? Fatti qualcun altro e dimenticati di me.» si accese la sigaretta con le mani tremanti, ma il castano la prese e la spense nel posacenere, così violentemente che si spezzò.
«Non fumare quella merda quando ci sono io. Ti sto parlando.» Minho si risedette, e si accorse che era la prima volta che si arrabbiava in questo modo con qualcuno.
Jisung era quasi spaventato.
«Perchè ti sei ossessionato con me?» non riusciva a guardarlo in faccia, perché il suo sguardo lo stava uccidendo, perciò guardò la sigaretta spezzata.
«Se proprio vuoi saperlo, sei il primo ragazzo con cui ho scopato dopo quattro anni» fece una pausa, perché ricordi dolorosi gli tornarono in mente, dovette scacciarli scuotendo la testa «e se proprio vuoi saperlo, mi piaci cazzo, ma non puoi sempre fare quello che vuoi. Qualcuno deve pur dirtelo, se non lo capisci, che quello che fai è sbagliato
«Non c'è un giusto e sbagliato, per me è semplicemente così.» si grattò il braccio, guardando il pavimento, un senso di disagio lo pervase.
«Si ma non puoi continuare a farti del male da solo Jisung! Apri gli occhi, quello che pensi ti stia facendo bene ti sta uccidendo! Non voglio che tu muoia!» Minho ormai stava gridando e sbattendo le mani sul tavolo, attirando l'attenzione di tutti, ma non se ne era nemmeno accorto, siccome l'unica cosa a cui stava dando attenzioni era il ragazzo davanti a sé.
«Cosa ne vuoi sapere tu?!» alzò la voce anche il biondo, cercando di sprofondare nella sedia.
«Cosa ne voglio sapere? Ci sono passato anch'io, certo che ne so qualcosa!» si alzò la manica della maglia, rivelando le cicatrici sulle braccia «so cosa vuol dire odiare la propria vita, odiare sé stessi, ed è per questo che sto cercando di farti rendere conto che devi amarti, devi volerti bene! Mi ricordi il me di anni fa e questa cosa mi distrugge, perché so esattamente come ti senti.»
Minho si risedette sulla sedia, prendendo un bel respiro.
Jisung sentì gli occhi diventare lucidi quando realizzò ciò che gli aveva appena detto.
«Minho—»
«Non ti chiederò scusa, perché so tutto quello che ho detto è vero, però ammetto che ho usato dei modi un po' bruschi. Ma solo perché ci tengo a te, ok?» si passò una mano fra i capelli, nervoso.
«No, fai bene. Sono io quello che deve chiedere scusa.» Han si alzò e si mise il pacchetto di sigarette in tasca «hai ragione su tutto, e mi dà fastidio perché non so come ribattere
«E butta quel merda di pacchetto.» Minho si alzò a sua volta, ma Jisung si avvicinò a lui e lo guardò negli occhi.
«Tu non mi dici cosa fare però
La mano del castano finì sulla guancia del biondo, uno schiaffo risuonò nell'aria per qualche secondo.
Silenzio.
Il tempo era sospeso.
Han entrò nel bar e pagò, poi se ne andò, tirando una spallata al ragazzo.

𝐘𝐨𝐮 𝐂𝐚𝐧 𝐒𝐭𝐚𝐲 || MɪɴSᴜɴɢDove le storie prendono vita. Scoprilo ora