13. Small misunderstandings

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Michelle



"And  he looked at me, like there was something in me worth looking at"
Anonimo.



I never knew what I needed,
Until I felt your hand
holding mine, yeah


«Michelle...» Una volta spalancata la porta del club, la voce di Cora mi penetra le orecchie.
«Ciao.» Borbotto io, senza aggiungere altro, camminando spedita verso gli spogliatoi.
Con la coda dell'occhio noto Jordan grattarsi la nuca. «È arrabbiata, vero?» Udisco la voce sussurrata di Cora, dopodiché la risposta da parte del rosso non tarda a venire. «Credo di si...»
Scuoto la testa, entrando negli spogliatoi.
Sono incazzata, sento tutta l'arrabbiatura incenerirmi le ossa. Mi hanno lasciata da sola a casa di uno sconosciuto.
Apro il mio armadietto, successivamente mi sfilo le vans ancora un po' umide da ieri sera e la mia giacca a vento, riponendo tutto all'interno del mobile e poi chiuderlo sbattendo l'anta con un colpo secco. Un respiro profondo fuoriesce dalle mie labbra, portando a far accelerare i battiti del mio cuore. Continuo a pensarci.
Le sue mani, le sue labbra, la sua lingua.
Le leccate, i morsi, le carezze.
Wayne si è impossessato della mia mente.
Appoggio la fronte contro la parete metallica e gelida del mio armadietto, facendo fuoriuscire un altro respiro profondo dalle mie labbra.
Non si deve più avvicinare a me.
Chiudo gli occhi lentamente, lasciandomi trasportare da dei frammenti di ricordi rintanati nel mio cervello.

inizia a spostare le mani dai fianchi verso i miei glutei ed una volta averli presi fra le mani, scende ancor di più, verso le mie cosce scoperte, afferrandole e infine, provando ad avvicinarmi ancor di più a lui, come se non fossimo già incollati l'un l'altra.

Stringo le cosce tra loro, reprimendo lo stesso calore che mi ha scombussolata per tutta stanotte. Cosa cazzo mi sta succedendo?

Dolcemente posa le sue labbra sul mio collo, iniziando a lasciare qualche bacio umido e a giocherellare con la pelle di esso.

Basta. Di colpo apro gli occhi, ritornando a pensare al presente. Non si deve più avvicinare a me, quello stronzo non deve azzardarsi a sfiorarmi. I miei pensieri cessano non appena sento lo scricchiolio della porta. Aggrotto le sopracciglia, sporgendomi con il capo da dietro il mobile. Il mio sguardo va incontro alla figura di Cora, appena entrata nella stanza. Quest'ultima possiede un espressione preoccupata non appena mi nota fissarla. «Michelle, possiamo parla...» No, non se ne parla. Sbuffo, successivamente m'infilo gli stivali velocemente, per poi alzarmi e puntare la porta. Non ho intenzione di ricevere scuse da parte sua, non doveva lasciarmi in quel posto e andarsene senza avvisare. «Scusami, veramente... Io non volev..» Lei, pensando che mi stessi avvicinando per un confronto, prende a scusarsi. In tutta risposta scuoto la testa amareggiata, superandola velocemente. Non dovevo fidarmi, non avrei mai dovuto farlo. «Mì, ti prego...» Mi supplica nuovamente, facendomi fermare dinnanzi alla porta. «Ti prego.» Aggiunge per l'ennesima volta. Mi volto verso di lei, senza proferire alcuna parola; I suoi occhi sono dispiaciuti, il suo corpo trema leggermente. Vorrei proprio cercare di chiarire con lei, ma la mia rabbia supera qualsiasi cosa, non riesco nemmeno a rivolgerle la parola. Forse è meglio se mi allontano, forse non dovrei più riporre fiducia in qualcuno, non dovrei nemmeno instaurare rapporti. O forse dovrei semplicemente tornare a Genova. Il respiro mi si mozza d'improvviso al sol pensiero di rivedere quella casa. Dovuto a ciò, abbandono la stanza velocemente, lasciando da sola la bruna. Dovrei tornare a subire tutte quelle cose? Me le merito?
Mentre questa tempesta di pensieri incasina la mia mente, non faccio nemmeno in tempo a fare un passo in più, che il mio naso si scontra di colpo contro un petto duro. «Scus...» Sto per scusarmi, ma un odore di ribes selvatico stuzzica i miei sensi. Spalanco gli occhi di scatto, alzando con la stessa velocità il capo verso il suo viso. No, questo non è possibile. Mi allontano frettolosamente, con le guance che vanno a fuoco. Non riesco nemmeno a guardarlo dopo tutto ciò che successo in piscina. I suoi occhi color oceano mi scrutano da capo a piedi, accennando un sorriso di approvazione. «Ci rivediamo, sbadata» Apre bocca lui, acchiappandomi dai fianchi con entrambe le mani. Cosa sta facendo?  «Dove scappi?» Aggiunge, nel frattempo mi accorgo della presenza dei suoi amici. «A servire un cliente che conosce le buone maniere, in confronto a te.» Replico io, a testa alta. Dopodichè, incontro lo sguardo della rossa, essa mi sta fulminando. «Esatto, perchè non te ne vai?» Acidamente s'intromette lei, se non erro si chiama Gwenda. Ignorandola, Wayne mi avvicina ancor di più a lui, costringendomi a poggiare le mani sul suo petto. «Quindi per avere le tue attenzioni devo essere più "educato"?» Aggiunge, ammiccando. «Perchè vorresti avere le mie attenzioni?» Aggrotto le sopracciglia, voltandomi nuovamente verso di lui. «Infatti, perchè dovresti volere le sue attenzioni?» S'intromette nuovamente la rossa, incenerendo Wayne con lo sguardo. Quest'ultimo, in tutta risposta, avvicina le sue labbra carnose e rosee al mio lobo. «Vorrei divertirmi con te, proprio come l'ultima volta.» Risponde, lasciando un bacio umido sul mio collo. Quello strano calore prende a divampare ancora fra le mie cosce, facendo persino arrossare di poco le mie gote. No. «L'ultima volta?!» Grida Gwenda inferocita. Ignorando quest'ultima, spintono Wayne, allontanandolo da me. «Mi hai presa per un giullare? Cosa diavolo non capisci della frase: "Non sono un giocattolo"?» Rimarco la frase con acidità, posando entrambe le mani sui miei fianchi. «Come siamo diventate permalose, Price» Ridacchia lui. «Vai al diavolo, Bennet» Inviperita più che mai gli volto le spalle, per poi avanzare verso un tavolo. Per affievolire la rabbia, prendo a servire qualche tavolo, cercando di ignorare in tutti i modi possibili Jordan e Cora. Fila tutto liscio per circa venti minuti, tanto che mi ero persino quasi dimenticata della presenza dello stronzo, fin quando la mia quiete divina non viene interrotta nuovamente. «Cosa vuoi Bennet, ancora?» Aguzzo gli occhi, alternando lo sguardo da lui alla rossa seduta sulle sue gambe, intenta a possedergli il collo con baci e morsi. «Vorrei ordinare un gin lemon, sbadata» Alzo gli occhi al cielo. «La finisci?»
«Di fare cosa, esattamente?» Sorride sghembo. «D'infastidirmi, sei fastidioso.» Lo guardo male. «Sono un cliente, o sbaglio?»
«No, sei solo un buffo..» Volevo concludere la frase, ma il suo sorriso mi fa aggrottare le sopracciglia. «Che c'è?» Porto le mani sui miei fianchi. «Sei incredibile, hai sempre la risposta pronta.»
«Te l'ho già detto, solo quando serve, e con te serve sempre.» Alza gli occhi al cielo. «Mi porti questo gin lemon, quindi?»
«Solo se non mi disturbi più.»
«Se vuoi che io non ti disturbi più, tu devi smettere di distrarmi.» 
«E come ti starei distraendo, se nemmeno ti sto considerando?»
«Con il tuo corpo.» Mi pietrifico sul posto. Queste parole hanno appena riaperto le ferite che si stavano ricucendo. «Dopo questa te lo scordi il gin lemon.» Faccio per voltarmi, ma la sua mano si stringe attorno al mio braccio, facendomi rivoltare verso di lui. «Lasciami.»
«Stavo scherzando, perchè fai così ora?» Mi domanda, ridacchiando. «Si Wayne, perché non la lasci andare? Chiederemo a qualcuno di più simpatico il gin Lemon.» I miei occhi saettano nella direzione della rossa, facendo scontrare i nostri sguardi. Quest'ultima si alza dalla sedia, avvicinandosi a noi. Successivamente afferra dal braccio il moro, cercando di staccare il nostro contatto. «Perché t'intrometti sempre?» La voce rauca e spazientita mi giunge alle orecchie. «No, No. Ha ragione lei, perché non chiedi a qualcun altro?» Il mio sguardo si fa acido non appena mi volto nuovamente verso Wayne, pronta ad allontanarmi, ma lui non lascia la presa, anzi, intensifica il contatto tirandomi verso il suo petto. Non appena i nostri petti collidono, mi afferra la vita con un braccio, avvicinandomi ancor di più a lui. Spalanco gli occhi, alzando istintivamente il mento. Mi paralizzo sul posto. Lentamente, mantenendo il contatto con la rossa, avvicina le sue labbra carnose al mio lobo. «Te l'ho già detto, sei entrata nel vortice e non ne uscirai molto facilmente.» Il suo sospiro caldo mi solletica la palle, il suo odore al ribes selvatico mi rinfresca i sensi. Sbatto le palpebre più volte, cercando di allontanarmi, poggiando le mani sul petto. «Ma non ti stufi a ripetere la stessa frase? A furia di nominare questo vortice mi stai facendo venire il mal di testa. Per caso ambisci a diventare un sirenetto?» Alzo un sopracciglio, nel frattempo noto gli sguardi dei suoi amici soffermarsi su di noi. La rossa sta fremendo dalla rabbia. «Mi stai prendendo per il culo?» Mi chiede lui, ghignando. «Ma chi? Io? No.. Non mi permetterei mai Mr. Poseidone» La mia voce sarcastica lo sprona a stringere il braccio attorno ai miei fianchi. «Vuoi vedere che tipo di pesce possiede "Mr. Poseidone"?» Sorride sghembo lui, meritandosi un pugno sul petto da parte mia. «Fai schifo!» Esclamo, incrociando le braccia al busto e guardandolo in malo modo. «L'altra sera però non ti facevo così schifo...» Ammicca lui. Al dunque, non ci faccio molto caso, ma percepisco qualcuno alzarsi. «Mhm... strano» Mi porto l'indice al mento, iniziandolo a picchiettare sulla pelle, con fare pensoso. «Io invece mi ricordavo che eri tu quello che cercava disperatamente di trattenermi in piscina, quando io invece volevo tornare a casa.»  Replico, con un sorriso irritante, non accorgendomi di quanto io mi stia abituando al contatto di Wayne. Lui non fa in tempo a rispondere, che un terzo soggetto s'intromette nella conversazione. «Uhhhh» Una voce squillante si va notare tra la folla, accentuata da un battito di mani. «E siamo a uno a zero per lei! Bro... sta ragazza riesce a stenderti in tutti modi, devi pensare ad un modo alternativo per corteggiarla...» Una sagoma di uno dei suoi amici compare di fronte a noi. Il suo sorriso accentuato da dei brillantini, spicca tra tutti. Quest'ultimo mi da una pacca sulla spalla, facendomi sobbalzare e dunque avvicinare di più a Wayne. «Era ora che qualcuno mettesse in riga il signorino Bennet. Comunque piacere, sono Elias.» Con un altro sorriso, mi porge una mano, che rimango a fissare titubante. Sto per presentarmi anch'io, ma qualcun altro mi precede. «E con questo cosa vorresti dire, esattamente?» Aggrotta le sopracciglia il moro. Dapprima l'amico si guarda la mano che non ho afferrato, per poi scrollare le spalle, lasciando scivolare l'arto lungo i fianchi. «Bro, non solo lei ti tiene testa, ma stai preferendo stuzzicare questa ragazza di cui non so nemmeno il nome, che venire a bere con noi» Continua il ragazzo dalla carnagione scura, portandosi una sigaretta dietro all'orecchio. «Ora avete superato il limite!» Interrompe bruscamente la rossa con fare drammatico. Tutti ci voltiamo verso di lei, perplessi. Wayne mi ha detto che loro due non stanno insieme, e allora perché lei si comporta come se lo fossero? «Calmati, perché tutta questa aggressività?» Elias alza le mani in segno di resa. Di colpo Wayne sbuffa, allontanandosi di colpo. da me. «Avete rotto il cazzo con questa ragazza! Possiamo andare a bere e farci i cazzi nostri?» Ruggisce lei, portandosi le mani sui fianchi. Bennet, dal canto suo, si porta con irritazione una sigaretta all'angolo delle sue labbra. «Se hai fottutamente voglia di bere, vai al bancone e ordina, senza rompere il cazzo a noi.» La situazione inizia a scaldarsi, perciò indietreggio appena. «Sono venuta qui per stare con te! Non per assistere alle tue finte discussioni con questa cameriera da quattro soldi! Che tra l'altro questi tuoi giochini che utilizzi per farmi ingelosire non funzionano!» Sbraita lei, infiammandosi completamente. Di quali giochi parla? Aggrotto le sopracciglia, più perplessa di prima. La mascella di Wayne scatta, facendo percepire persino a Gwenda quanto sia irritato e poco calmo in questo istante. È come se l'oceano nei suoi occhi sia diventato mosso, la sua corrente si smuove, le sfumature delle iridi s'incupiscono lievemente. «Ancora con questa storia, Gwenda? Quante volte ti devo dire che io e te non siamo niente? Te lo devo ripetere ancora per quanto prima che tu capisca una volte per tutte? Ti stai facendo delle cazzo di immaginazioni non reali in quella testa, filmini che sai meglio di me che non si avvereranno mai» Con voce pacata, ma acida, la sua voce giunge spedita alle orecchie della rossa, facendogli inumidire gli occhi. Il suo viso cambia completamente espressione, facendo travolgere le mie spalle da una brutta sensazione. «Hai ragione, sei te che non ti meriti un cazzo. Vattene a fanculo, Bennet! Non ti rivoglio più vedere! Devi sparire dalla mia vista!» Urla, facendo voltare  dei ragazzi, intenti a bere, dietro di lei. «Sei tu che continui a venirmi dietro, Gwenda, è inutile che fai la disperata quando l'unica cosa che vuoi è succhiarmi il cazzo» Le sue parole graffianti mi arrivano dritto al petto. Come può dire una cosa simile con così tanta leggerezza? La rossa, ferita, si volta senza far trasparire alcun sentimento. «Vattene al diavolo, razza di coglione» Queste sono le sue ultime parole, prima di sparire dietro la folla in pista.
Wayne, vedendola dileguarsi, si accende con nervosismo la sigaretta, assorto dai pensieri. Rimango a fissarlo, aggrottando le sopracciglia nel vedere i suoi occhi svuotarlo.
A che sta pensando?
Come se mi dispiacesse, mi avvicino di poco a lui, sempre mantenendo un po' di spazio fra noi.
«Bennet...» Stendo lentamente il braccio verso di lui, ma l'unica cosa che ricevo da parte sua è un occhiata torva, per poi vederlo allontanarsi dal mio contatto. «Non toccarmi, cazzo. Non farlo mai più»  Ringhia, puntando i suoi fari spenti su di me. Sobbalzo all'indietro per via della sua aggressività, non volevo intromettermi, volevo semplicemente chiedergli come stesse, dopotutto lui mi ha riportata a casa e volevo sdebitarmi. La sua irruenza però, mi fa indietreggiare, preoccupata e allarmata al contempo.  Mi allontano velocemente, riparandomi il più possibile dalla sua traiettoria. Non voglio più avere persone così nella mia vita, devo tenermi distante da tutto ciò.
Non devo farlo avvicinare a me, è aggressivo come papá.
«La rossa ha ragione, vai al diavolo Bennet.»
Contrattacco io, per poi voltarmi e iniziare ad andare verso una ragazza che deve ordinare.
«Cazzo amico, sei un emerito coglione...»
L'altro ragazzo ridacchia, esclamando ironicamente altre cose del genere, ma io non ne voglio più sapere, né di questa situazione e soprattutto né di questo stronzo dagli occhi abbaglianti.

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