Leggete lo spazio scrittore.
Buona lettura. E.B.Michelle
«È malato di sogni. Siamo tutti malati di sogni. Ecco perché siamo qui.»
Charles BukowskiInfilo un paio di leggings neri e una felpona verde con su scritto 'Los Angeles' in bianco.
Per le scarpe opto le mie solite vans nere e bianche. So che sono poco consone per un colloquio di lavoro, soprattutto sono rovinate, ma sono di mia madre e so che mi porteranno fortuna in questa giornata.
Mi spruzzo un po' di profumo, mi trucco leggermente e infine mi faccio qualche ciocca ondulata con la piastra ormai scottante.
La testa mi gira leggermente e per questo ingoio una pastiglia per il mal di testa, dovuto alle poche ore di sono per via del solito incubo che attanaglia la mia mente da oramai anni e anni.
Indosso la giacca a vento, in seguito anche la sciarpa e cappello di lana, purtroppo qua a New York fa freddissimo, soprattutto a Dicembre.
Sul tavolo della cucina vi è appoggiato un calendario dell'avvento, comprato ieri al mini market qui di fianco, scarto la casella del sei dicembre e dal rettangolino fuoriesce un cioccolatino a forma di una renna. Sorrido appena, per poi scartarlo e posarlo sulla lingua.
Il cioccolato al latte si scioglie su di essa, impastandomi la bocca di un sapore dolce che non provo da anni. Ho sempre rivoluto provare il cioccolato, ma non avevo mai abbastanza soldi per potermelo permettere. Usavo solamente cento euro a settimana per poter fare la spesa e avere qualcosa sotto i denti, ovviamente facevo compere specialmente per mio padre, l'uomo che mi ha sempre maltrattata. Dovevo fare attenzione a ciò che compravo, dovevo rispecchiare i suoi gusti personali e nel caso avessi sbagliato a comprare qualcosa, beh... passavo una nottata a piangere per tutte le punizioni che mi dava. -botte e rapporti sessuali costanti per tutto il giorno fino al tramontare del sole.-
Deglutisco rumorosamente, lasciando scivolare giù un groppone amaro, grosso quanto una casa, lungo l'esofago.
La sveglia sul mio cellulare prende a suonare, risvegliandomi dal passato e dai ricordi della mia vita burrascosa e priva di belle emozioni.
Lo spengo nell'immediato, sussultando appena.
È ora di uscire di casa, ho bisogno di questo lavoro. Esco dal mio palazzo salutando la signora Anne seduta all'entrata, ringraziandola anche per il pensiero che mi ha comprato: un amuleto in ferro a forma di un cerchio, esso è portafortuna legato, composto da un filo bianco intrecciato ad uno rosso. Per fare prima, chiamo un taxi, che arriva dopo soli dieci minuti. Successivamente, dopo aver dato le indicazioni, parte il tragitto. Imbocchiamo una strada, fino ad addentrarci nel traffico sul ponte di Brooklyn e poi uscirne dieci minuti dopo.Scendo dal veicolo arancione, pagando la corsa al tassista. I miei occhi incrociano nuovamente i bagliori di Times Square, che illuminano tutt'attorno nonostante siamo solamente le nove di mattina. Prendo a camminare, cercando di arrivare il prima possibile al locale di stanotte, ma un languorino allo stomaco mi fa sostare in uno Starbucks nei paraggi. Prendo un frappuccino al caramello strabordante di panna con glassa del medesimo gusto, per poi uscire da questa catena e riprendere a camminare. Mi sistemo il cappellino di lana sul capo, coprendomi le orecchie. Fa così freddo... Cammino per altri dieci metri, ma mi paralizzo non appena noto quella scritta in Neon. Il Fun time club.
Fisso la porta, cercando con lo sguardo quel rettangolo di carta, e appena lo vedo, un sorriso si espande sul mio contorno labbra. Cercano ancora dipendenti. I battiti del mio cuore prendono a riecheggiare nel petto, riscaldandomi dal freddo di questo stato.
Poso una mano sulla porta, e facendo delicatamente leva su di essa, quest'ultima si apre, facendomi trafiggere il viso da dell'aria calda.
Entro in questo locale, chiudendomi la porta di entrata alle spalle. È meno chiassoso di stanotte, ma pur sempre bellissimo e pieno di luci e led, con tanto di logo in neon che brilla al centro del muro principale. La pista da ballo è vuota, così come quasi il resto del locale. Qua e la c'è sparso qualche cliente seduto a tavoli e di tal volta anche agli sgabelli, ma mi affretto a distogliere lo sguardo poiché non voglio aspettare altro tempo. Faccio dei passi in avanti, prendendo a guardare l'intero posto pieno di uomini e donne che lavorano qui. Un ragazzo dietro al bancone che si attiene ad asciugare con un panno dei bicchieri appena usciti dalla stoviglie, però, mi scaturisce curiosità. Mi avvicino al bancone, e mi accorgo dopo qualche secondo che il rosso che sta svolgendo il proprio lavoro è proprio il ragazzo che ho incontrato stanotte.
«Hey... Ehm... Ciao» deglutisco, tossendo appena per farmi accorgere da lui.
Lui si volta, dapprima sorpreso, per poi sorridermi.
«Hey, ciao. Aspetta, temo di averti già vista da qualche parte...» Esordisce, poggiando entrambe le mani sul bancone e cercando di ricordare qualcosa.
«Oh, tu sei la ragazza di ieri? Giusto?» Constata dopo pochi secondi, spesi a fissarmi e a sorridere, scuotendo la testa in senso di certezza.
Io annuisco.
«Si, sono io.» sussurro, sentendomi un po' a disagio per il modo in cui questo ragazzo mi sta fissando. Dopo poco fa decorrere la lingua sulle labbra, inumidendosele leggermente, per poi porgermi una mano lentamente. «Piacere, io sono Jordan.» Fisso la mano del ragazzo di fronte a me, con titubanza, ma dopo qualche secondo decido di stringergliela, anche se non del tutto sicura. «Michelle. Sono qua per poter chiedere un colloquio di lavoro dato che ho visto il cartello appeso alla porta e ne ho bisogno.» sussurro appena, presentandomi a mia volta e arrivando subito al dunque. «Michelle. Che bel nome, è francese giusto?» Annuisco alla sua domanda, ritirando subito la mano. Mai nessuno, prima d'ora, mi ha mai fatto un complimento, o perlomeno, le mie orecchie non ne sentono uno da otto e lunghissimi anni.
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OPPOSITE POLES
Teen FictionNel cuore di una giovane ragazza si nasconde una forza inarrestabile, un sorriso che cela cicatrici profonde. Michelle Price ha vissuto l'inferno in una casa che avrebbe dovuto essere il suo rifugio, ma che si è trasformata in una prigione di abusi...