𝐈

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I secondi passavano. Le lancette dell'orologio continuavano incessantemente a ticchettare. I minuti volavano con la stessa leggerezza di un colpo dritto al cranio per Crowley.
Aveva sistemato la libreria in un baleno pur di godersi quella "colazione alcolica" con il suo angelo preferito, e il fatto che ci stesse mettendo così tanto a rientrare non era sicuramente un buon presagio.
"Così tanto", poi, non era neanche il termine adatto. Non erano passati più di pochi minuti ma la mente del demone iniziava già a peggiorare tutto. Forse era perché aveva bisogno di parlargli, forse perché temeva il peggio da quella conversazione, temeva che di lì a breve avrebbe completamente dimenticato dell'esistenza dell'amico e sarebbero rimasti di lui solo dei vuoti di memoria nella sua testa.

Quando sentì la porta aprirsi balzò in piedi, tenendo gli occhiali stretti nella mano destra. Gli occhi gialli, da serpente, di Crowley si inchiodarono in quelli azzurri, puri, di Aziraphale, quando quest'ultimo si avvicinò di più.
Restarono così per qualche secondo. L'angelo non voleva parlare e Crowley cercava dentro di sé quel coraggio necessario per dirgli finalmente la verità.
"Quanto potrà andare male?" continuava a chiedersi mentre fissava gli occhi dell'amico. Solo allora se ne accorse. Il demone si accigliò e spostò leggermente lo sguardo per poter guardare per intero il volto dell'angelo. Era… nervoso? Forse addirittura spaventato da qualcosa.

Crowley voleva parlare, voleva togliersi quel macigno dal cuore che si portava da millenni e che pesava di più ogni volta che vedeva gli occhi di Aziraphale. Eppure non ci riuscì. Non riuscì a dire neanche una parola di ciò che aveva costruito nella sua mente, non trovava giusto addossargli quel peso in quel momento.

«Va tutto bene?» Chiese con una punta di preoccupazione il demone, mentre faceva un passo verso l'amico. Posò gli occhiali sul primo ripiano vicino a sé ed avvicinò la mano alla guancia di Aziraphale, tentennando e fermandola a qualche centimetro da lui, senza toccarlo.
Non ottenne risposta. Non subito, almeno.
Gli occhi dell'angelo erano ancora fissi nei suoi, non riusciva a staccarli da lì.

«Va tutto bene.» Aziraphale parlò dopo qualche minuto. Aveva una voce bassa, nervosa. Si notava che nulla fosse ok a chilometri di distanza ma l'angelo proprio non ce la faceva a dire la verità a Crowley.
Sapeva come avrebbe reagito, sapeva che se gli avesse parlato dell'offerta - e altro - del Metatron si sarebbe agitato e avrebbe fatto qualche cazzata. Dopotutto, perché dirglielo? Aziraphale aveva rifiutato quell'offerta, non serviva dirlo anche al demone e farlo preoccupare, giusto?

«Conosco il tuo tono di voce, Angelo, so se qualcosa non va.»
La voce di Crowley era dolce, seppur tentasse di fingersi autoritario. Poteva esserlo quando non conosceva l'origine del problema o quando sapeva che fosse una cazzata, ma non poteva esserlo in quel momento. Aziraphale aveva parlato con il Metatron e quella conversazione lo aveva reso nervoso; non avrebbe sicuramente voluto interferire imponendosi su di lui.

Al silenzio dell'angelo il demone sospirò, rinunciandoci momentaneamente. Staccò gli occhi - a fatica - da quelli del suo amico e guardò fuori dalla finestra, notando per pochi secondi una figura anziana che li fissava, prima di fare qualche passo e sparire in un ascensore diretto al Paradiso.
La mano di Crowley si posò per qualche attimo sulla guancia dell'altro, abbastanza da notare che stesse tremando leggermente al suo tocco.
Fu in quel momento che il demone capì - almeno in parte - cosa gli stesse succedendo: Aziraphale era stato minacciato per essersi rifiutato di fare qualcosa. Era terrorizzato.
Ciò che turbava il demone, però, non fu la minaccia in sé per sé; fu il fatto che, non importava il pericolo, l'angelo aveva sempre fatto in modo che Crowley potesse capire come aiutarlo ma non lo stava facendo in quel momento.

Il rosso fece qualche passo indietro. Fece un profondo respiro ed espirò, consapevole che avrebbe dovuto nuovamente rimandare quel discorso. Avrebbe solo peggiorato la situazione.
Si avvicinò alla porta della libreria a passo lento, sentendo come Aziraphale non si stesse muovendo di un singolo passo.
«Potresti restare qui, caro?» Si limitò a dire come una preghiera, congiungendo le mani in grembo e girandosi completamente in direzione dell'amico, vedendolo annuire.
Un piccolo sorriso si fece strada sul volto dai lineamenti dolci dell'angelo quando vide Crowley accettare in silenzio.

«Non stavo andando via.» Disse dopo qualche minuto perso a guardarlo in silenzio, prima di girare il cartello sulla porta in "Chiuso".
Camminò verso la scrivania di Aziraphale, che lo seguiva passo passo con lo sguardo, sedendosi - come suo solito - sul bracciolo della poltrona. Appoggiò il gomito sullo schienale e posò la guancia sul palmo della propria mano, rivolgendo ora il suo sguardo al volto dell'angelo - anche se non lo aveva mai lasciato completamente.
Aziraphale non attese neanche un attimo. Lo raggiunse e si sedette accanto a lui, sulla propria poltrona.

Mantenne lo sguardo rivolto al pavimento. Perso.
«Temo di aver commesso un terribile errore, mio caro.»
Crowley lo guardò con un sopracciglio alzato e uno sguardo confuso. Cosa avrebbe mai potuto fare di così grave da sentirsi così perso e giù di morale, rifiutandosi addirittura di parlargliene?

«Sono un pessimo angelo.» Quelle parole furono probabilmente ciò che più ferì il demone. Poteva dire di tutto, poteva anche insultarlo e non lo avrebbe ferito come quella frase. L'immagine che aveva il rosso di Aziraphale era tutto fuorché "pessima", come osava definirsi lui.

Sospirò e appoggiò la schiena allo schienale, inclinandosi leggermente contro Crowley, posando la spalla contro il suo corpo.
«Sei un ottimo angelo, Aziraphale.»
Disse soltanto, lasciando che altro si mettesse comodo e si poggiasse a lui per quanto tempo volesse. Sarebbe rimasto immobile per l'eternità se necessario.
Il silenzio tombale della libreria venne lentamente sostituito dai lievi singhiozzi dell'angelo, che si rifiutava di piangere apertamente davanti a Crowley.
Non aveva bisogno di quello, però. Aveva bisogno di lasciar uscire tutto ciò che teneva in gola da troppi anni a causa dei continui conflitti con il Paradiso.

Il demone abbassò gli occhi verso di lui, notando come stesse evitando il suo sguardo, e lo portò a girarsi verso di lui, facendo sì che poggiasse la fronte contro il suo stomaco. Lasciò la mano sulla nuca dell'angelo, mentre quest'ultimo cinse le braccia attorno alla vita dell'amico, lasciandosi lentamente andare in un pianto liberatorio. Un pianto che doveva avvenire secoli prima ma che aveva sempre rimandato tenendosi impegnato a far altro.
Non ce la faceva più, non con la consapevolezza che le sue precedenti risposte avevano messo in pericolo non solo lui, ma anche la sua vita sulla Terra e quella di - e con - Crowley.

Lo strinse a sé, come se temesse che potesse sparire da un momento all'altro, mentre metteva da parte qualsiasi briciolo di orgoglio che gli era rimasto, piangendo apertamente contro di lui e singhiozzando ogni volta che gli mancava il fiato.
Il demone, in risposta, lasciò solo che si sfogasse, senza pronunciare una parola. Si chinò per lasciargli un bacio tra i capelli, vedendo come non accennasse neanche a calmarsi, anzi.
Crowley non era un demone particolarmente affettuoso, mai si sarebbe sognato di baciare qualcuno nel tentativo di calmarlo ma in quel momento gli venne semplicemente spontaneo volergli dare la certezza che sarebbe rimasto lì anche ore, giorni o settimane.

Decise che avrebbe lasciato ad un futuro indefinito il cercare di capire cosa gli avesse detto il Metatron; Aziraphale non era sicuramente dell'umore adatto a parlarne e chiederglielo sarebbe stato semplicemente crudele, anche per Crowley - che tanto amava definirsi "non buono".

Ho bisogno di te (Aziracrow)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora