𝐕𝐈𝐈

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Crowley si lasciò cadere a terra, in ginocchio, davanti alla statua sfigurata dell'Arcangelo Supremo. Le mani in volto che stringevano, tra le dita, alcune ciocche di capelli che gli cadevano sulla fronte, la testa china e uno sguardo indecifrabile.
Era disperato, addolorato, arrabbiato, confuso. Non sapeva con chi prendersela per quel dolore che gli spezzava il cuore ogni secondo di più.
Chi doveva maledire? Non sapeva nemmeno perché fosse lì.
Doveva maledire il Metatron? Non sapeva cosa avesse detto dall'angelo.
Doveva maledire Dio? A cosa sarebbe servito?
Doveva forse prendersela con Aziraphale? No, non lo avrebbe mai fatto, neanche se fosse stata davvero colpa sua.
Doveva maledire sé stesso? Sì. Gli sembrava semplicemente la scelta più sensata. Forse aveva sbagliato qualcosa, forse lo aveva ferito, forse aveva fatto arrabbiare fin troppo il paradiso, forse, forse, forse...

La presa del demone si strinse sui suoi capelli mentre un singhiozzo strozzato lasciava le sue labbra. Non riuscì a piangere neanche in quel momento.
Si limitò a pregare chiunque, che fosse Dio o qualsiasi angelo il cui nome gli venisse in mente. Non pregava come gli umani, non era circondato da un'aria di speranza e fede, anzi; parlava a Dio nella speranza che gli stesse prestando attenzione e lo ascoltasse davvero. Non fu una richiesta sensata, non se l'avesse messa per iscritto; era un susseguirsi di "Ti prego" e poi richieste varie, tutte incentrate sul sapere se Aziraphale stesse bene. Non voleva sapere dove fosse, non voleva che tornasse da lui, non voleva costringerlo a fare nulla. Aveva solo bisogno di sapere che stesse bene.

Dopo qualche minuto di silenzio assoluto, Crowley si passò una delle mani tra i capelli, trascinandoli indietro. Annuì, accettando quel silenzio e si alzò, guardandosi attorno. Il cimitero era totalmente deserto, senza colori, senza alcun movimento. Guardarlo appariva come guardare una foto in bianco e nero.
Il demone sospirò, prendendo gli occhiali che aveva poggiato sul piedistallo dell'angelo e li rimise, deciso a ritornare alla propria auto e andarsene chissà dove.
Fu allora che Dio sembrò farsi viva.
Silenziosamente, una farfalla dalle ali azzurre si posò sul petto del demone, nel punto esatto in cui si trovava il cuore. Crowley la guardò, sorridendo appena, avvicinando un dito ad essa per far sì che si posasse su questo, fermandosi poi a guardarla una volta che l'aveva portata davanti ai suoi occhi.

Questi ultimi, a proposito, non distinguevano tutti i colori che i normali occhi umani potevano distinguere. Maggiormente riusciva a vedere - in modo chiaro - le tonalità del blu e del verde; fu per questo che le ali della farfalla spiccavano incredibilmente per lui.

«Ineffabile, eh...» Mormorò il demone, guardando l'animaletto volare via dopo qualche secondo, lasciando che andasse via. Dopotutto non avrebbe avuto una prospettiva di vita lunga, perché costringerla a restare con lui?
Non sapeva bene come interpretare quel messaggio. La farfalla dalle ali azzurre è il simbolo della vita e del futuro; poteva illudersi che non fosse tutto perduto, che forse un futuro sarebbe esistito per davvero e che questo futuro lo avrebbero passato insieme. Non poteva essere un caso. Non doveva esserlo.
Non aveva mai visto una farfalla in quella zona e vederne una del colore degli occhi del suo angelo dopo aver chiesto una conferma a Dio non poteva assolutamente essere una coincidenza.

──

Aziraphale, intanto, camminava avanti e indietro nella sala principale della libreria.
Si era dato una sistemata mentre si scervellava per cercare di capire dove fosse andato il demone.
L'essersi autoconvinto che Crowley stesse bene durò ben poco. Esternamente sembrava quasi star "bene". Il problema era che l'angelo si sentiva in qualsiasi modo ma sicuramente non bene.
Camminava avanti e indietro con le mani dietro la schiena, stringeva il suo polso abbastanza forte da farsi male, tant'era nervoso.
Non si sarebbe maledetto abbastanza in tutta l'eternità se fosse successo qualcosa a Crowley per colpa sua. Avrebbe chiesto personalmente di farsi cacciare dal paradiso - o peggio. Dopotutto l'aveva allontanato per proteggerlo, per tenerlo in vita, e non poteva dirglielo. Il demone non avrebbe mai accettato di allontanarsi se Aziraphale fosse stato sincero riguardo le sue motivazioni.
Cosa avrebbe potuto dire? "Ti prego vattene, il Metatron ha minacciato entrambi in caso ci fossimo 'alleati' nuovamente"? Con una richiesta del genere il demone si sarebbe avvicinato ancora di più.
Ed Aziraphale lo sapeva. Aziraphale sapeva benissimo che Crowley sarebbe morto pur di proteggere lui. Il problema era che l'altro non sapeva che anche l'angelo sarebbe morto per lui, sia psicologicamente, sia fisicamente. Si sarebbero annientati pur di permettere all'altro di vivere ma, forse, erano troppo acciecati da questo per capire che nessuno dei due avrebbe accettato di vivere in un mondo in cui non poteva avere l'altro.

Sembravano così stupidi, a volte. Stupidi, forse fin troppo altruisti nei confronti del proprio 'migliore amico'. Avevano preso la frase umana "morirei per te" fin troppo seriamente ma nessuno voleva ammetterlo. Nessuno ammetteva mai che non avrebbero mai vissuto in un mondo senza l'altro. Avevano lottato per salvare il loro mondo, il loro spazio lontano da inferno e paradiso, dove potevano, semplicemente, essere loro.

Ed era proprio questo che stavano facendo da mesi: si stavano annullando per permettere all'altro di vivere "in pace". Quei due avevano tutto ciò che si poteva sperare in una coppia tranne la comunicazione. Non comunicavano, non si esprimevano, non ammettevano le cose più stupide, chi per orgoglio, chi per paura; erano solo due idioti innamorati che non sapevano dirselo e volevano dimostrarlo in un modo pessimo.

──

L'angelo si lasciò cadere con la schiena contro una delle librerie, alzando lo sguardo al soffitto.
In quell'esatto momento, in cui una farfalla si posava sulla giacca del demone. Stesso animale, stesso punto sul petto dell'angelo. C'era un'unica differenza: la farfalla aveva le ali gialle.
Involontariamente, Aziraphale fece gli stessi identici movimenti dell'amico, prendendo l'esserino sul dito e portandolo davanti agli occhi, sorridendo dolcemente a questa visione.

Rinascita. Di questo era il simbolo il piccolo animale dalle ali del colore preferito dell'angelo.
L'arrivo di un cambiamento, di una metamorfosi; un cambiamento faticoso ma rigenerante. Dopotutto, la farfalla simboleggiava proprio una vita nuova, totalmente differente da quella precedente, mutata in meglio.

Non capì bene perché quell'esserino si trovasse lì ma non si fece troppe domande, Aziraphale era comunque un essere dotato di una fede profonda, per quanto potesse esser terrorizzato in quel momento.
Lentamente, posò la farfalla sulle pagine di un libro aperto sulla scrivania, lasciandola libera. Poteva volare ovunque ma decise completamente di restare lì; sarebbe andata via solo qualche minuto dopo.
L'angelo si sedette sulla propria poltrona, portando lo sguardo fuori dalla finestra, al cielo. Mormorò un, appena percettibile, "grazie", continuando a guardare un punto indefinito. Non aveva pregato perché temeva di essere ignorato ma sapeva benissimo che Dio sapesse cosa pensasse anche se non lo esprimeva.
Fu questo il motivo che lo portò a non sospettare minimamente che Crowley potesse avere a che fare con quel "miracolo" - se così poteva essere definito - ; la sua fede lo portò a pensare che fosse semplicemente una scelta di Dio e non una preghiera, una supplica, del suo migliore amico.

Ho bisogno di te (Aziracrow)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora