𝐈𝐈

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Quando il sole raggiunse il massimo del suo splendore, il demone sembrò finalmente potersi rilassare.
Era quasi mezzogiorno e quel macigno sul cuore gli pesava dall'alba ormai. Non riusciva a sopportare il vedere Aziraphale così agitato tra le sue braccia - se così poteva definirsi; Crowley non lo aveva effettivamente mai abbracciato in quelle ore, per non dargli fastidio.
L'angelo aveva smesso di piangere dopo quella che sembrava un'ora - forse poco più - ed era poi crollato in un sonno profondamente irrequieto. Il demone lasciò che restasse appoggiato a sé, anche se consapevole che non avessero alcun bisogno di dormire, lo facevano solo perché gli andava.
Per un attimo sorrise alla consapevolezza che Aziraphale avesse personalmente deciso di addormentarsi mentre lo stringeva ma quel sorriso ebbe vita breve. Ritornò serio, quasi malinconico, quando realizzò che probabilmente avesse scelto di addormentarsi pur di smettere di piangere.

Lo guardò preoccupato, quel dolce volto angelico, che era abituato a vedere sempre soddisfatto o sorridente, ora era contratto, nervoso a causa dei suoi stessi sogni.
La mano che Crowley gli aveva poggiato alla nuca iniziò a muoversi lentamente dal basso verso l'alto nel tentativo, fallimentare, di farlo calmare e riposare bene. Sembrava non funzionare niente. Il demone non aveva, per la prima volta, la più pallida idea di come aiutare l'amico e questo gli faceva male nel profondo. Si sentiva inutile.

Era quasi mezzogiorno quando finalmente Aziraphale si calmò e si rilassò, posando la testa sulla gamba che Crowley aveva poggiato sul bracciolo della poltrona - tenendo l'altro piede a terra.
L'angelo aveva ora un'espressione calma mentre stringeva ancora la vita del suo amico. Lo teneva stretto a sé abbastanza da non permettere neanche al demone di poter provare a muoversi - per quanto quest'ultimo stesse aspettando che allentasse appena la presa per poterlo portare in camera e farlo riposare in pace.
Non poteva biasimarlo per nulla. Erano state giornate pesanti, aveva dovuto gestire Gabriele, aveva guidato da Soho ad Edimburgo - e ritorno - per poter capire qualcosa, aveva quasi scatenato una guerra tra Paradiso e inferno e, cosa che Crowley non sapeva, stava rischiando nuovamente la sua intera esistenza; non poteva biasimarlo per essere mentalmente distrutto in quel momento.

Il suo respiro rallentò insieme a quello di Aziraphale, mentre portava la mano libera tra i suoi capelli, accarezzandolo con dolcezza. In quel momento sperò con tutto sé stesso che l'angelo stesse davvero dormendo e che non sapesse nulla di tutto l'affetto che gli aveva dato in quelle poche ore.
Il mondo fuori dalla libreria sembrava essersi bloccato. Non c'era rumore che le orecchie di Crowley potessero sentire, non c'era nessuno né fuori, né dentro, che potesse disturbarli. Erano loro due e nessun altro, in un equilibrio talmente fragile che rischiava di essere distrutto da un soffio di vento. Il demone attese, attese pazientemente che si svegliasse per ore intere. Non gli pesò neanche un secondo di quel tempo rimasto immobile, l'unica cosa che lo rendeva nervoso era solo l'umore dell'angelo, tanto fragile da poterlo spezzare tra le dita di una mano.

──

Il tempo passava. Sembrava più veloce ora che l'angelo si era calmato, sembrava scorrere normalmente. Quando, dopo non molto, sentì la testa di Aziraphale muoversi leggermente, Crowley tolse immediatamente la mano dai suoi capelli, spostando lo sguardo fuori dalla finestra. Non guardò qualcosa nello specifico, semplicemente non voleva essere preso in flagrante mentre guardava con amore l'amico - soprattutto ora che non indossava gli occhiali.

«Mhm...» Aziraphale mugugnò, mentre apriva appena gli occhi. Restò fermo per qualche secondo, non avendo ancora metabolizzato di trovarsi con la testa sulla gamba del demone. È stato semplice capire quando se ne accorse, dato che balzò all'indietro dall'imbarazzo, quasi cadendo dalla poltrona e facendo fare lo stesso a Crowley. Quest'ultimo strinse lo schienale della sedia con la mano che fino a poco prima era sulla nuca del compagno, per evitare di finire con la testa sul pavimento.

«Non saltare così, stavo per cadere.» disse il demone con un sorrisetto, cercando di smorzare la tensione e ironizzare un minimo. Guardò il volto di Aziraphale, ancora imbarazzato mentre tentava di evitare il suo sguardo.
Per quanto Crowley potesse sperare che quella reazione fosse dovuta all'essersi svegliato su di lui, purtroppo sapeva benissimo che aveva agito così solo perché, nel profondo, si sentiva in colpa per averlo tenuto così a lungo seduto nella stessa posizione.
Sospirò. Si alzò da lì e scosse la testa, appoggiandosi con le mani alla scrivania ma dandole le spalle, per poter guardare Aziraphale.

«Ho deciso io di restare, non sentirti in colpa.»
A quelle parole l'angelo sorrise dolcemente, alzando il volto verso l'amico e rivolgendogli uno dei sorrisi più calorosi della giornata - che di per sé sembrava essere gelida.
Aziraphale mosse lo sguardo per la stanza, prima di rifissarlo su Crowley e, finalmente, parlare.

«Oh, mi dispiace tanto, mio caro. Non era certamente mia intenzione-»
Riuscì solamente a dire, bloccandosi da solo per la consapevolezza che il demone non avrebbe accettato mai le sue scuse, soprattutto se non le sentiva necessarie.
«Ti ringrazio.»
A quelle parole Crowley sorrise di nuovo, questa volta in modo più sincero.

Sembrava essersi sistemato tutto autonomamente. Sembrava.
Si stavano godendo quella pace insieme, quel silenzio che tanto bramavano da anni. Era la prima volta, da ben undici anni (ovvero quanto tempo avevano passato costantemente fianco a fianco, senza beccarsi una volta ogni tanto durante le guerre), che stavano passando un attimo insieme di pace, di serenità.
Nessuno dei due effettivamente era sereno: ad Aziraphale era tornata quasi immediatamente in mente quella conversazione e Crowley, dal suo canto, si stava scervellando per capire da sé cosa gli avesse detto il Metatron per renderlo così nervoso.

Non reggeva più quel silenzio, quella pace apparente non faceva per lui. Doversi trattenere dall'essere sincero riguardo i suoi sentimenti era un conto, dover sopportare di vedere Aziraphale combattere contro i suoi demoni da solo, ne era un altro. Fece un passo verso di lui e gli porse la mano simbolicamente, inchinandosi appena.
Quel gesto, che Crowley fece solo per comodità, fece solo apparire quest'ultimo come una specie di cavaliere agli occhi stanchi dell'angelo che, ancor prima di sentirlo parlare, gli prese la mano.

«Abbiamo saltato la nostra colazione alcolica, Angelo mio, che ne dici di una cena al Ritz, stasera? Rimediamo!» Disse entusiasta il demone, vedendo gli occhi dell'angelo illuminarsi mentre annuiva gioioso. Difficile a dirsi se in quel momento a renderlo felice fosse la cena al Ritz o il fatto che questa cena fosse con Crowley; il demone diede per scontato che fosse per il primo motivo, Aziraphale, invece, restò con il dubbio. Non voleva farsi troppe domande, rimase con quel dubbio in testa pur di non affaticare ancora di più la propria mente.
Voleva rilassarsi, passare la giornata con il suo demone preferito e aspettare insieme l'orario di cena per uscire con lui e poter finalmente occupare la mente con qualcosa di piacevole.

Ho bisogno di te (Aziracrow)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora