«Le cose che venivano riflesse nei miei occhi non avevano significato. Le cose che non potevano essere riflesse nei miei occhi non esistevano.»
Cade dal cielo un tepore lieve che mi limito a descrivere saper ricordarmi l'infanzia. Sotto le note di un piano defeco gli ultimi residui di calorie che ho iniettato due giorni fa'. Non è vero. L'ho detto solo per lasciarti una lieve impressione. Mi sollazza rompere i ritmi, creare imprevisti è una delle poche gioie su questa Terra.
Non ha senso. Il mio broncio, i miei pensieri, il mito di Sisifo, sono tutte narrazioni. Non sono altro che narrazioni soggettive a cui taluni, chi più chi meno (ma che importa la quantità?) sottostanno. Perchè hanno bisogno di sottostare. O di crearsene una tali altri. Una nuova narrazione.
Ora è cambiata melodia, è Nocturne Op. No. 2.
Non sono nessuno per dirti di Sentirla. Di entrare in questa melodia come entri nei tuoi racconti, nelle tue matasse. Come te la dai a bere ogni giorno che passa che stai crescendo, che hai nuovi obiettivi.
Morirai. Come chiunque che è venuto al Mondo. Ed è deludente vedervi cercare risposte ai Ted Talk, su Kurzgesagt, dalle labbra screpolate di Umberto Galimberti e sosia.
Nemmeno la scienza vale come nuovo Deo. Nemmeno la scienza è in grado di sollazzarmi. La Noia dello studio autoimposto, o imposto ancor peggio. Se impostare vi fate, se vi fate imporre dagli altri cose, dal capo del lavoro, dall'insegnante, dall'amico che vi sembra un genio, da chi è più scaltro di voi. O da voi medesimi. Scaltri o meno.
Sono del 1° Dicembre. Gradisco il freddo, le poche parole, i vestiti pesanti che coprono il mio corpo esile. Le proposizioni che salvaguardiano quel poco di integrità che ci resta, dopo che come tutti, in fondo, sottostiamo a qualcuno. Rispondetemi pure che se con la mente non ti senti sottomesso in fondo sei libero, poco importa. Crederai a te stesso e non ad altri. Sarai egocentrico, o inaperto al dialogo, sofista maybe, insomma, dovunque ti giri, è sempre così, se scavi nei tuo passato, hai avuto occhi grandi per qualcuno almeno una volta, che sia un padre, una madre, un amante, o il dottore. E, se poi ti è successo che sei cambiato, se ora ti si sono rimpicciolite quelle pupille, è perchè sai anche tu in fondo a te stesso che non sono altro che Storie. Tutto ciò che ti mantiene in piedi, che ti fa andare avanti.
Se c'è un altro sollazzo che ho, è quello di osservarvi. Voi che non siete me, e se avessi uno specchio, anche me, perchè no. Chissà cosa direi di me, quali manie egoiste riscontrerei, quali riprovevoli vizi che sgradisco negli altri rintraccerei anche in me medesimo nel mio intimo. Ma questi sono altri racconti. Io ora voglio parlare di voi, per come vi ho visto coi miei occhi, con le parole ho appreso sin dalla nascita e che Voi mi avete messo in Testa e che ora uso. Che uso si, perché almeno questo, fino a che non ci scopriranno che nemmeno il libero arbitrio esiste, almeno questo per ora, seppure limitato dalle falle della memoria, del tempo, dal contesto, almeno questo mi da una parvenza di scelta. La scelta delle parole.
Quante volte i miei stanchi occhi hanno visto vincere il momento persone idiote, capaci solo a rispondere sul tempo, quanti sanno che il gioco del teatro funziona a secondi, e non a significanti, che le parole e gli scritti solo lasciano intravedere tutti gli errori e le lacune dietro i ragionamenti. Quanti si vorrebbero chiudere in un mutismo scelto come scrisse di un suo personaggio Isabel Allende nella Casa degli Spiriti solo perchè sanno che in fondo, qualsiasi cosa dicano, qualsiasi opinione diano, non è altro che un Errore, un pensiero immaturo di qualcosa di più complesso, di ancora sfocato nelle loro menti, o di irraggiungibile.
Murciélago è la mia Zanpakutō, una normale katana con la guaina e una maniglia verdi, dall'anima artistica e decadente, non per niente mi trasforma anche il corpo in un pipistrello. *Sulla schiena gli spuntano due grandi ali nere mentre la maschera si completa e forma come una specie di casco con due grandi corna sul capo e due più piccole sulla nuca, all'altezza delle tempie. I capelli si allungano così come la tunica, che però lascia scoperte braccia e spalle; i segni sulle guance si allargano e diventano verdi*
"Cosa c'è, laggiù? Non c'è nulla. Sono nato in fondo a un pozzo dove non brillava luce. Come se fossi schiacciato dall'oscurità. Non toccato da tutto. Nato sotto quegli oscuri sedimenti. Avevo una forma bianca. I miei compagni erano tutti in puro nero. E poi... Non c'era niente per me, tranne i miei occhi. Non ho sentito niente. No piuttosto... Era possibile che quello che sentivo fosse "vuoto", ancora. Non potevo sentire niente, non potevo mordere niente, non potevo sentire niente, non potevo sentire niente mentre toccavo, non potevo riposare."
Al calare della luna, quando nessuno vuole uscire, quando tutti pensano al riposo; mi metto a scrivere. Al calare della luna, sul fondo di un bicchiere, mi chiedo, ancora una volta io, cosa continuo, questo vagare, questi scopi, questo "essere per", inafferrabile, ogni volta scappa come da piccolo le code delle lucertole mi passavano sotto gli occhi e allora mi godo un suono di violino, bevo un poco di vino, quel che basta per togliermi il pensiero.
Dimmi, te, che un motivo lo hai, ti senti soddisfatto? Ti guardi indietro con piacere?
Dimmi te, che una causa ed un effetto li hai, ti è mai capitato di guardarti intorno?
Gente e gente che passa, che pensa, che elabora, che computa, che scrive, che ama, che odia, che lotta, gente che lotta. E' questo vivere? é lottare? Non mi importa, un'altra narrazione.
Come mi consideri Hannah Arendt, a me che non ho niente da perdere? Che non voglio registrare, perchè non ci vedo in niente un valore. Carne ancora, o solo spazzatura?