L'ospedale

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Sono saltato in groppa alla mia moto blu dirigendomi verso l'ospedale super preoccupato. Ci messi poco più di 5 minuti per arrivare in quel luogo che mi provocava ansia e nervosismo, ma soprattutto preoccupazione nei riguardi di Michael. Corsi per tutti i corridoi del primo piano quando ad un tratto incontrai un'infermiera che usciva da una stanza con le cartelle in mano.
"Scusi..."
"Mi dica?"
"Dove si trova la stanza di Clifford?"
"Secondo piano terza porta a destra."
"Grazie...buona giornata."
"Buona giornata."
Mi allontanai di corsa dalla signorina e mi fiondai subito al piano superiore camminai leggendo i numeri delle porte, arrivata davanti la terza porta a destra lessi il numero ad alta voce.
"Stanza N. 206"
Bussai alla lastra di legno e in pochi secondi una ragazza poco più grande di me apri la porta. La ragazza era leggermente più bassa di me, capelli color cioccolato fondente, occhi color cioccolato al latte. Dopo aver studiato la giovane donna mi voltai verso il lettino del malato e vidi il mio adorato Michael attaccato a delle flebo. Mi avvicinai lentamente al quel piccolo letto sentendo le gambe cedermi dalla tristezza, non potevo mai immaginare che Michael fosse in quelle condizioni a causa mia, presi una sedia e mi sedetti al fianco del malato e scoppiai a piangere disperato.
"Tu sei Luke, vero?"
Mi chiese la donna.
"Si...sono io, e tu...dovresti essere sua sorella Marisol."
"In carne e ossa."
"Cosa gli è successo?"
"Lo hanno trovato esanime in camera sua con le vene tagliate ad entrambi i polsi e con il suo cellulare in mano."
"Cosa stava facendo con il cellulare?"
"Guardava una tua fotografia."
"Scusa...scusa...scusa...scu...sa"
Dissi in preda hai singhiozzi.
"Ama veramente...non a mai fatto una cosa del genere per un ragazzo...devi fargli proprio uno strano effetto."
"È quel Louis allora chi era ?"
"Era solo un fottuto stolker del cazzo..."
"Veramente?"
"Si lo seguiva ovunque lui andasse."
"Sono un fottuto idiota...come ho potuto pensare che mi stesse tradendo..."
Ormai i miei nervi erano crollati come il mio cuore adesso ero vulnerabile ad ogni singola emozione esterna.
"Non dire così...non lo sei"
"Si...si...si...lo sono...sono proprio un idiota senza cervello...come farò adesso io lui era tutto per me è senza la sua presenza non ho più motivi per vivere...avevano ragione i bulli...la mia vita è inutile..."
Dissi cominciando a ripensare a quei momenti tristi della mia adolescenza.
Flashback: stavo camminando nel corridoio della scuola, al tempo frequentavo le superiori, il terzo superiore. Ero il solito ragazzino che tutti i bulli prendevano di mira per via di tutte quelle ragazze che mi venivano dietro e che io rifiutavo. Camminavo tranquillo dirigendomi verso l'aula di fisica quando ad un tratto delle mani mi afferrarono e lanciarono contro gli armadietti color grigio scuro, mi voltai e vidi il mio aggressore, era Steven il bullo della scuola.
"Hey frocetto, vuoi farmi un pompino."
Chiese facendomi un sorriso diabolico.
"Va a farti fottere...il pompino lo fai a me so che lo vuoi fare"
Dissi senza controllare le parole che uscirò dalla mia bocca libere.
"Cosa...ti faccio vedere io hemmings..."
Disse prendendo il ragazzo biondo dal colletto della maglia e lanciandolo dall'altro lato del corri foglio facendolo sbattere alla parete, gli si avvicinò e sgancio un l'aglio di pugni nel basso ventre facendo rimanere il povero ragazzo senza fiato e facendolo accagliare per il dolore che stava provando.
"Hemmings...sei solo un frocetto di merda che non vale un cazzo"
Disse dandogli ripetuti calci allo stomaco.
"Vaffanculo...Steven...vaffanculo...mi vendicherò di quello che mi stai facendo"
Dissi cominciando a sputare saliva mista a sangue.
"Aah si ti vendicherai!? Odio ho paura il hemmings il frocetto mi vuole uccidere...ma fammi il piacere..."
Disse dando un pugno in faccia al biondo rompendogli il naso che in pochi secondi comincio a sanguinare. Mi sentivo abbandonare ma non lo feci per fare un dispetto a Steven resistetti finché il professor Cooper caccio via Steven dal mio corpo ormai morente e prendendomi in braccio portandomi in infermeria è da quel momento buio totale.
Fine flashback.
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Erano passati ormai tre giorni da quando Luke era seduto su quella sedia in lacrime senza bere e ne mangiare, rimaneva li a vegliare sul suo amato non pensando minimamente alla sua vita che piano piano si stava spegnendo.
"Luke...luke...ti prego svegliati"
Disse la voce sconosciuta.
"Luke non lasciarci..."
Disse un'altra voce.
Mi senti scosso da qualcuno e cominciai ad aprire gli occhi sentendomeli pesanti come macigni,ma ci tentai. Apri gli occhi e vidi mia madre e Marisol guardarmi preoccupate, poi mi guardai intorno e notai che non ero accanto a Michael ma ero sdraiato in un lettino dell'ospedale con delle flebo attaccate al braccio sinistro. Provai a parlare ma la mia gola era arida come un deserto quindi non uscì parola.
"Piccolo...tieni"
Disse mia madre porgendomi un bicchiere di acqua. Lo afferrai subito e bevvi avaramente senza pensare che a me, poi riprovai a parlare.
"Ma...mma...perché sono qui?"
Chiesi con un filo di voce.
"Questa mattina sei svenuto...e i medici ti hanno messo qui per farti riprendere i sensi..."
Disse stringendomi una mano con delicatezza.
"Luke...ci hai fatto preoccupare un sacco"
Disse Marisol sorridendomi teneramente.
"Dove Michael?"
"Si è svegliato poco fa...e mi a chiesto subito di te..."
"Davvero!?...devo andare a vedere come sta...subito..."
Dissi tentando di alzarmi in piedi, ma essendo troppo debole non cela feci.
"Calmati leone...sei troppo debole per camminare ora ti prendiamo la sedia a rotelle così potrai andare a vederlo..."
Disse trattenendomi al mio posto mentre Marisol uscì dalla stanza per andare a prendere una sedia a rotelle.
"Luke aspetta un attimo che ti aiuto a salire così andiamo..."
Disse Marisol portandomi la sedia a rotelle color mandorla tostata. Mi prese per una spalla e mi aiutò ad alzarmi poi mi fece sedere sopra la carrozzina.
"Grazie...Marisol"
Dissi sorridendogli imbarazzato. Ci dirigemmo verso la stanza N. 206 e bussammo.
"Avanti...!"
Disse una voce da dietro la porta di legno. Appena entrati nella stanza vidi un ragazzo dai capelli rossi che mi fissava a bocca aperta.
"Lu...ke...luke...mio Dio stai be...ne"
Disse cominciando a piangere per l'emozione di vedere il suo amato sano e salvo senza alcun problema.
"Hey...non sono io il malato adesso...tu come stai...?"
Chiesi avvicinando a lui sorridendogli.
"Sto...bene..."
Disse qualsiasi balbettando.
"Ne sono felicissimo..."
Dissi salendo sul lettino e sedendo accanto a lui scompigliandogli i capelli teneramente. I due stettero per quella posizione per tutta la giornata senza separarsi finché il rosso non guarì definitivamente.

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