𝐌𝐚𝐫𝐞 𝐅𝐞𝐫𝐦𝐨 8

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𝐪𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐚𝐥 𝐜𝐮𝐨𝐫 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐚𝐧𝐝𝐚

La testa di Evelyne era poggiata sul cuscino bianco del suo letto, con i capelli sparsi sulla superficie morbida e il corpo coperto da una semplice maglietta, stava fissando il soffitto come suo solito, solo che questa volta a farle compagnia c'er...

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La testa di Evelyne era poggiata sul cuscino bianco del suo letto, con i capelli sparsi sulla superficie morbida e il corpo coperto da una semplice maglietta, stava fissando il soffitto come suo solito, solo che questa volta a farle compagnia c'era la pioggia mattutina. Sembrava quasi come se stesse cercando di ricordare qualcosa che le era successo, ma non ci riusciva, così rilesse ciò che aveva scritto sul suo quadernetto. "Sabato cinque luglio...Dylan mi parla dei suoi problemi sul suicidio" Iniziò a leggere sbuffando, per poi lanciare il quadernetto in una parte remota della stanza. Questa dannata amnesia la stava rovinando, era stancante dover scrivere tutto su un quadernetto per paura di dimenticare qualsiasi cose le succedeva. Possibile che la sua memoria fosse stata danneggiata così duramente? Dannato incidente, dannata pioggia e dannato il padre che aveva superato il limite di velocità!. Si girò verso la grande finestra per poi prendere il suo cellulare e lanciare anche quello, questa volta contro la porta. "Ahia!" Urlò qualcuno. "Amy? Che ci fai in camera mia?" La bionda entrò sedendosi sul letto della ragazza. "C'è Dylan...di sotto" Disse piano guardando la stanza in subbuglio. "E cosa vuole questo Dylan?" Chiese Evelyne dirigendosi verso l'armadio. "Dovevate uscire insieme stamattina...ieri sera vi siete parlati, non ricordi?" La ragazza la guardò con sguardo di fuoco, probabilmente si sarebbe incenerita. "Ovviamente non ricordo. Digli di aspettarmi giù, sono da lui fra cinque minuti" Disse invitandola ad uscire. "Ha una cotta per te" Affermò la bionda con un sorriso amaro in volto "Ma tu ovviamente te ne dimenticherai" Concluse uscendo dalla stanza con la testa bassa. Improvvisamente si sentì quasi come se il mondo le stesse crollando addosso, era talmente agitata tanto da non riuscire a chiudere l'ultimo bottone della gonna in tessuto blu cobalto. Perché doveva dimenticare sempre? Non poteva essere come tutti le altre ragazze della sua età? No...la sua vita doveva essere dannatamente complicata, come ogni singola volta. Presa da uno scatto di rabbia lanciò l'oggetto più pesante che aveva davanti a sé...la lampada colorata che suo padre le aveva regalato per il suo compleanno. Era tutta colpa sua se lei era ridotta in quello stato, lui e quei dannati limiti di velocità!

Un gran frastuono interruppe le parola che Lucas stava rivolgendo a Dylan, stavano parlando di auto, corse e piloti, scoprendo di avere in comune la passione per la Formula 1 e di essere nella stessa tifoseria...il predestinato, anche comunemente Charles. Lucas scattò verso Amy. "Che le hai detto?" Chiese lui, conosceva fin troppo bene sua sorella. "Nulla! Lo sai che quando non ricorda lei scoppia!" Alzò le mani in segno di resa, vedendo il suo ragazzo seguito da Dylan, correre verso di sopra. Bussò Lucas alla porta. "Hey Evelyne, sono Lucas" L'unica risposta fu ben recepita, non voleva nessuno. Il ragazzo guardò il moro, per poi indicare la porta. "Hey ehm...Eve, fammi entrare" La ragazza si alzò dal pavimento, avvicinandosi alla porta per poi aprirla piano in modo da far entrare solo il moro. Inutile dire che lo spettacolo davanti a sé lo sconvolse, una lampada frantumata in mille pezzi, il quadernetto aperto sul pavimento e il cellulare, non si sa come, sopravvissuto al lancio precedente. La ragazza si sedette a terra, con la schiena poggiata al letto e iniziò a piangere silenziosamente. Il ragazzo sembrò capire, si era dimenticata dell'appuntamento al lago e si sentiva in colpa. "Non devi sentirti in colpa...non è una piaga" Affermò lui facendole scuotere la testa. "Smettila di comportarti come se non ti dispiacesse..." La voce era tremolante e il respiro rotto dai singhiozzi. "Eve" Disse lui avvicinandosi a lei con quel pezzo di lampada sopravvissuto alla terribile ira. "Non l'hai rotta per caso" Disse lui girandosela tra le mani, era chiaro l'avesse fatto di proposito. "Lo odio...è tutta colpa sua...è colpa sua se io sono ridotta in questo stato" Affermò strofinandosi il naso e inclinando la testa verso il letto. "Avrò il mio lieto fine...ma come farò se dimentico tutto ciò che mi viene detto?" Chiese a se stessa singhiozzando ancora. Dylan posò quello che ne restava della povera lampadina per poi sporsi verso di lei. "Cosa vorresti fare adesso?" Chiese lui in un sussurro. "Che vuol dire? Vorrei starmene sotto le coperte per tutto il giorno..." Sbuffò, non voleva uscire ed era ovvio, non solo per la pioggia ma anche per la rabbia e la tristezza. Il moro si alzò per poi raccogliere il quaderno e il suo cellulare, lasciò i pezzi della lampadina in un cassetto e poi si accomodò sul letto. "Allora vuol dire che staremo tutto il giorno sotto le coperte" Si gettò a capofitto su quel letto, aprendo le braccia per quanto fosse comodo. Affondò la testa nella lenzuola fresche e bianche, notando che avevano tutte lo stesso odore...fragola, il profumo che indossava sempre Evelyne. Sorrise sentendo la superficie abbassarsi sotto di lui, vedendo la ragazza fargli spazio per stare più comodo. "Guarda che puoi rimetterti in mutande, sai? Non ti guardo" Affermò il moro ridendo di gusto, seguito poi da uno schiaffetto sul braccio. "Smettila moretto" Rise la ragazza girandosi verso il viso di lui, sul quale un sorriso era stampato. "Potresti piangere anche per ore, ma saresti sempre bellissima" Affermò accarezzandole la guancia arrossata. Le loro mani si avvicinarono sempre di più per poi prendersi, provocando in lei una strana sensazione che partiva dallo stomaco...la sentì familiare ma non riusciva a ricordare né il dove né il quando. "Riguardo alla domanda di prima..." Iniziò lei coprendosi il viso con la mano libera. "Vorrei baciarti" Disse velocemente, senza mai togliere la mano dal suo viso. Dylan si avvicinò lentamente cogliendola di sorpresa per poi baciarla con altrettanta lentezza, facendole vorticare lo stomaco mille volte. Il moro non si azzardò a toglierle la mano dagli occhi, il fatto che lei non lo vedesse gli dava più spazio e lo rendeva meno impacciato. Si staccò dalle sue labbra, baciandole in collo con baci caldi e umidi facendola sospirare leggermente. E al suono di quel sospiro Dylan ritorno sulle sue labbra, facendosi sfuggire un altrettanto, ed intenso, sospiro nella sua bocca. La mano della ragazza si spostò dal suo viso a quello di lui, spingendolo verso di lei, intensificando il bacio. Dylan ritornò a baciarle il collo causandole ancora una volta, dei sospiri trattenuti...era forse sadico? Andiamo, quel ragazzo stava per esplodere e i sospiri di Eve non aiutavano, anzi. Smisero di baciarsi per poi guardarsi. "Sei un pazzo, moretto" Disse lei sorridendo, per poi lasciargli un bacio sulla punta del naso. "Tu mi stai facendo impazzire, Eve" 

Forse impazzendo non era la parola giusta. La parola giusta, probabilmente era innamorando...si stava innamorando di lei senza che senza accorgersene. 

𝐌𝐚𝐫𝐞 𝐅𝐞𝐫𝐦𝐨 Dylan O'BrienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora