𝐌𝐚𝐫𝐞 𝐅𝐞𝐫𝐦𝐨 prologo

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Per Dylan non erano mai esistiti i lieto fine, erano un qualcosa di stereotipato e senza un senso logico, ma soprattutto privi di realismo. Forse era per questo motivo che non amava leggere i romanzi adolescenziali ma preferiva informarsi sui casi di cronaca nera, la realtà romanzata non gli apparteneva infondo. Rifugiarsi nella musica quando non voleva leggere nemmeno i numerosi omicidi e suicidi era un'altra cosa che adorava fare...non che ascoltasse chissà che genere musicale, ma forse le canzoni al pianoforte erano le uniche in grado di farlo calmare. Percorse quella strada familiare, arrivando sul ponte che ormai era desolato data l'ora insolita. Si sedette sul cornicione per poi iniziare ad ascoltare il suo brano preferito, se doveva morire voleva farlo con il sorriso sul volto. Notò le numerose chiamate perse da sua madre, quelle da suo padre e i messaggi di sua sorella Julia, che era in lacrime sul divano mentre rispondeva alle domande della polizia. "Non esiste un lieto fine per me..." Sussurrò. Sua sorella si era fidanzata ed aveva avuto un bel finale, sua madre e suo padre si erano riappacificati...mentre lui era rimasto solo, come sempre. Era sempre stato così. I suoi genitori avevano avuto un'occhio di riguardo in più. Julia era molto diversa da sua fratello, sotto molti aspetti. Sorrideva sempre, era solare e si godeva la vita. Dylan era l'esatto opposto. Aveva problemi di depressione, si sentiva costantemente inutile e privo di senso, tanto da porre fine alla sua esistenza.

Sotto di lui la distesa d'acqua immensa era ferma, come non era mai stata. Forse stava aspettando lui per agitarsi, forse voleva un'altra vittima da tenere con sé. Si tolse le scarpe con i calzini che sarebbero rimasti lì e molto probabilmente trovati dalla polizia. Gesto estremo? Molto probabilmente sì, ma non così egoistico. Non voleva essere visto come un vigliacco, era inutile continuare a soffrire quando aveva la soluzione davanti ai suoi occhi. Chiuse gli occhi alzandosi in piedi sul bordo, poi improvvisamente qualcosa gli fece aprire gli occhi...uno strano tichettio. Che fosse già morto? Forse era svenuto e caduto in acqua. "Stai bene?" Una voce dolce e sottile lo costrinse a voltarsi. Una ragazza dalla giacca di pelle lo guardò, bevendo un sorso dalla sua coca-cola. Aveva delle cuffie sul collo bianche e lo stava guardando...con sguardo rassicurante. Vedendo che lui non rispondeva iniziò a gesticolare. "Soffri di mutismo?" Chiese tramite i gesti delle mani, coordinando anche la sua bocca con esse. Cosa voleva quella ragazza da lui? Non poteva lasciarlo morire in pace? "Non soffro di mutismo..." Rispose guardando i suoi piedi. "Bene, piacere Evelyne e dovresti scendere" Continuò guardandolo prendendo un altro sorso dalla cannuccia colorata. Poi improvvisamente lui si voltò ancora verso di lei. "Non posso" Rispose Dylan con voce spezzata. "Perché? Sei incollato al cornicione? Dai vieni, e indossa le scarpe" Gli porse la mano decisa, posando il sacchetto con il cibo all'interno sul muretto. Cosa ci faceva in giro una ragazza alle due del mattino? Da sola? Dylan non voleva scendere, era deciso ormai e nemmeno una sconosciuta l'avrebbe fermato. "Ok ascolta, non so chi sei, nemmeno come ti chiami, ma ti posso assicurare che non moriresti" Affermò decisa guardandolo. "Sai nuotare?" Chiese ancora. Certo che sapeva nuotare! "Sì..." Lei sorrise ridendo leggermente. "Allora sappi che il tuo corpo lotterà per farti ritornare in superficie. Se volevi davvero morire ti saresti tuffato da un pezzo" Affermò aprendo il sacchetto della panetteria aperta ventiquattro ore su ventiquattro. "Tu non mi conosci" Disse Dylan con voce incrinata...stava per piangere. "Infatti non ho detto di conoscerti, sto solamente cercando di farti ragionare. Viene facile parlare con uno sconosciuto che non rivedrai mai più" Improvvisamente qualcosa scattò nella mente del ragazzo. 

La sua famiglia non l'avrebbe più rivisto, e molto probabilmente avrebbe pianto rovinosamente sulla sua tomba in marmo. Sua mamma non l'avrebbe mai visto sposato, sua sorella non gli avrebbe mai raccontato del suo ragazzo e suo padre non gli avrebbe mai più dato consigli sulla vita sentimentale. Nonostante l'istinto di gettarsi in quell'acqua ferma era alto si ricordò della prima volta in cui ci provò...era finito ricoverato in psichiatria, per tre anni. Non voleva ritornare in quell'ospedale. Aveva valutato tutte le possibilità. La prima era che lui morisse subito, assiderato, cosa che non sarebbe mai potuta accadere poiché era estate. La seconda, più ovvia, era la sopravvivenza...sapeva anche lui sarebbe andata così. Sbuffò rumorosamente. Perché morire era così difficile? Eppure nei film rendevano quel gesto più semplice del previsto. 

 I passi della ragazza si fecero lontani, con un cenno della mano lo salutò "Buona nuotata" Disse per poi voltarsi. "Mi chiamo Dylan!" Lei si fermò di colpo. Dylan scese dal cornicione con il respiro affannoso si asciugò le lacrime e tremando prese il suo cellulare...cosa credeva di fare? Era solo uno stupido ragazzino che credeva di aver trovato la soluzione ai suoi dilemmi e malesseri. "Vuoi un pezzo? La panetteria mi dà sempre gli avanzi"

𝐌𝐚𝐫𝐞 𝐅𝐞𝐫𝐦𝐨 Dylan O'BrienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora