17 Aprile 2015

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«Dovrei fare una telefonata» mormorai una mattina. Alex mi osservò perplesso per qualche secondo, ma poi annuì.

Cercai per una buona mezz'ora una cabina telefonica, ormai oggetto raro in tutta Europa.

«Pronto» sentii la voce di mia madre, non pensavo che mi sarebbe mancata.

«Ciao mamma, ho chiamato per sapere se sia tutto a posto» mi schiarii la voce, non ho molto tempo, il viaggio è ancora lungo.

«Sono contenta che tu abbia chiamato, non sapevo come contattarti» sentii l'apprensione nella voce di mia madre.

«C'è qualcosa che non va? Puoi parlarmene?» chiesi con una leggerezza fasulla. Ero consapevole che qualcosa la turbasse, ma non potevo esserne del tutto certa.

«Si tratta di papà dall'India. Non ho capito molto bene» la sua voce si fece flebile e tremante.

«Che vuoi dire?» scuotei la testa anche se sapevo che lei non avrebbe potuto vedermi. «Lo stanno portando a casa, non si sente bene. Ho voluto che tornasse qui per qualsiasi cura di cui abbia bisogno, ma chiede di te e tu sei così lontana, ma è così fiero di te» la sentii scoppiare a piangere. In fondo provava ancora qualcosa per mio padre, nonostante non volesse ammetterlo.

«Non devi dire altro. Prendo il primo aereo disponibile. Non posso stare lontana, non ora che papà ha bisogno di me» sussurrai lasciando lo sguardo al vuoto. Alex, fuori dalla cabina telefonica, mi lanciò un'occhiata incuriosita.

«Sarò a casa il prima possibile» mormorai subito prima di riattaccare. Non volevo sentire la sua risposta, le frasi per convincermi a restare. Lui era mio padre, colui che mi aveva cresciuto, che mi aveva insegnato a non dare tutto per scontato, a seguire e difendere i miei principi.

Uscii dalla cabina e mi diressi verso la casa di Sebastian con lunghe falcate, convinta più che mai a ripartire appena mi fosse stato possibile.

«Mi spieghi che succede?» chiese Alex alzando un sopracciglio. «Non lo so, davvero non lo so» entrai in casa, raccolsi lo zaino e ci buttai dentro tutte le mie cose.

«Cosa stai facendo? Anna, mi fai paura» Alex portò le mani alla testa, esasperato dal mio comportamento.

«Devo tornare a casa» mi fermai davanti al ragazzo che amavo con tutto il cuore, ancora sull'uscio «Ti amo, lo sai» aggiunsi guardandolo negli occhi.

Non potevo costringerlo a tornare con me, aveva sognato questo viaggio fin dalla sua infanzia e non sarei certo stata io ad impedirne il compimento. Una sola idea affollava la mia testa: non può sapere, deve andare avanti.

«Abbi cura di te, stammi bene» gli accarezzai la guancia, come se questo potesse essere più semplice. Come se potesse mai perdonarmi.

Mi lasciai alle spalle quella straziante espressione stampata sul suo viso. Gli occhi spenti, il sorriso scomparso e il pallore sulle sue guance.


Il viaggio in aereo mi diede modo di pensare.

Rovistai qualche secondo nello zaino, fino a trovare l'album da disegno.

Lo aprii e iniziai a sfogliarne le pagine.

Mi imbattei in un vecchio disegno, un ritratto fatto qualche anno prima. Era proprio lui, ne avevo esplorato i tratti, avevo goduto di quel sorriso stampato su carta.

"Son davvero così bello?" mi disse guardandolo la prima volta. Un sorriso comparve sul mio viso pensando a come ero caduta a terra quel primo giorno di scuola, come ero incantata da lui.

Avevo fatto la scelta giusta? Non ero stata egoista potevo esserne certa, ma era la scelta giusta? Non l'avrei rimpianto per tutta la vita?

"Ho creduto di amarti fin dal primo momento che ti ho vista, dal primo momento che ti ho sentito sulla mia pelle, nella mia vita.

Ho bisogno di te, voglio te. Ho bisogno della vita con te e ho persino bisogno che tu abbia bisogno di me." lessi mentalmente.

"Oh l'amore" pensai guardando il fiore di passiflora incastonato tra le pagine.

Perchè ho lasciato tutto questo? Non sono stata egoista.

Non potevo permettere che il suo spirito libero tornasse in gabbia, non per me.

Le lacrime cominciarono a scendere, la tristezza iniziò a devastarmi dentro.


«Ciao mamma» saluto stanca come se avessi faticato tutta la vita.

«Sono contenta che tu sia tornata, ci mancavi» mormorò lei con un sorriso. Peccato che io non sia dell'umore giusto per ridere.

«Mi aspettavo che ci sarebbe stato anche Alex con te» esclamò con poco tatto. «Anche io» mormorai.

«Dov'è mio padre?» chiesi iniziando a girovagare per le stanze. «A proposito di questo» sussurrò lei facendo un respiro profondo.


Scusate per il capitolo corto, ma ehi viva la suspence. Sono contenta di aver trovato il tempo di pubblicare, nonostante la vita che c'è a Berlino.

Spero vi stiate godendo l'inizio dell'estate amici :)

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