Ti dovrei dire troppe cose

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 Ti vorrei dire che non ho dormito

neanche un solo singolo secondo.

Questa notte avevo un chiodo fisso nella testa.

Una parola, due parole e dopo ci parliamo sopra

e vorrei

Vorrei portarti ad una festa e stare nella mano io e te

Mentre tutti ci guardano entrare

Non so se vorrei ballare

Ti dovrei dire troppe cose

E alla fine ti dico solo

Come va?

Tu come stai?

Sono ormai le 5 del mattino quando torno a casa; l'aria tiepida ormai illuminata dai primi raggi del sole penetra nella mia stanza.

Ho passato tutta la notte in ospedale insieme ai miei compagni di classe, dopo che Giulio aveva rischiato il coma etilico ed era stramazzato sul pavimento della nostra classe.

Siamo stati costretti a chiamare un adulto, ovviamente, e tutti mi hanno spronato a chiamare mio padre perché sarebbe stato l'unico che avrebbe capito.

Mi sono dovuto sorbire uno dei suoi soliti discorsi filosofici sulle responsabilità e sul non pensiero. Ma io quella sera ero stato felice di non aver pensato. E sti cazzi delle responsabilità che ne sarebbero conseguite!

Cerco di stendermi a letto per provare a riposare almeno un paio d'ore prima di dover andare a scuola e affrontare le conseguenze della nostra festa clandestina. Mi prenderò le mie responsabilità, se dovesse servire.

Ma la verità è che me ne frega veramente pochissimo di quello che potrà succedere. Le uniche immagini che passano nella mia testa hanno come protagonisti me, te, un cantiere e delle luci rosse che davano la giusta atmosfera per quello che è accaduto sotto quell'impalcatura.

Quando la sveglia suona, sono sicuro di non aver dormito neanche un singolo secondo. Sbuffo, ma mi alzo subito. Sfilo la felpa che avevo indossato fino a quel momento, pensando che forse dovrei non lavarla ma conservarla in un angolo dell'armadio, almeno finché il profumo che ci siamo scambiati, che abbiamo mischiato, rimarrà intrappolato tra le fibre. Per il momento la abbandono sulla sedia, mentre mi dirigo in bagno per fare una doccia veloce.

Arrivo davanti scuola e vedo tutti i miei compagni appoggiati sulla balaustra della discesa che porta davanti al portone dell'edificio. Non capisco cosa stanno confabulando, ma riesco a intravedere i tuoi ricci sempre disordinati che spuntano da sopra tutte le altre teste.

E io come un coglione innamorato non posso far altro che immaginare che quello che è successo ieri sera sia solo il preludio della nostra grande storia d'amore: ci immagino mentre alla prossima festa a cui saremo invitati insieme, ci presenteremo mano nella mano, attirando l'attenzione di tutti quelli già presenti, e non perché per loro sia una novità ma perché tu non riesci a non calamitare tutti gli sguardi su di te, magnetizzando anche la mia figura.

Tu alzi lo sguardo, noti che sto arrivando e ti allontani dagli altri. Mi chiedi se ho nascosto bene la pistola che ieri mi hai affidato e io ti vorrei dire e chiedere tante cose.

E alla fine ti dico

Come va?

Come va?

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