Simone è appena rientrato a casa. Aveva passato buona parte del pomeriggio con Mimmo, gli aveva fatto vedere un po' la città, visto che l'unica cosa che conosceva era il tragitto scuola - carcere. Quando l'aveva riportato a Rebibbia, si era messo a girovagare per le strade di Roma, senza una meta; un po' come i suoi pensieri che vagavano nella sua testa senza sapere bene che strada prendere.
Sta per salire le scale quando la voce del padre lo ferma; rimane fermo immobile, con la mano sulla fine del corrimano, un piede sul primo gradino e lo zaino che cerca di scivolare via dalla spalla.
"Simone, dobbiamo parlare."
Come in un riflesso pavloviano, gli occhi di Simone si alzano a guardare il soffitto e un sospiro stressato lascia il suo corpo.
"No, pa', non mi va, scusami, ma sono stanco.", gli risponde, senza voltarsi.
"Riguarda Manuel."
Manuel.
Ecco uno dei pensieri che vorticava nella sua testa, senza avere una meta. Quella stessa mattina era rimasto sorpreso dal suo amico. Il padre gli aveva portati in uno dei parchi della città: voleva fare lezione all'aria aperta per far riscoprire l'importanza dell'ambiente naturale che li circonda, senza contaminazioni artificiali. Quando erano arrivati in un grande prato, gli aveva fatti sedere tutti su quei fili d'erba che si muovevano leggermente a causa di una leggera brezza. Manuel e Nina erano stati gli ultimi ad arrivare, quando tutti avevano già preso posto sulla distesa verde. Simone ancora non si spiega perché, dopo essersi seduto, Manuel avesse poggiato il ginocchio sulla sua gamba.
Eppure Nina stava a solo venti centimetri da loro. Forse avevano litigato?
Sa bene che Manuel ha l'esigenza di avere un contatto fisico con chi gli piace: ha ancora davanti agli occhi le immagini di lui e Chicca che non si staccavano mai, né in classe, né tanto meno quando uscivano per le gitarelle filosofiche.
E lui si era ritrovato con una gamba incastrata sotto al ginocchio di Manuel, incapace di muoverla.
Nolente a muoverla.
Si era imposto di non farsi domande; sicuramente non significava niente questa prossimità fisica. Però era certo che chiunque, osservandoli da fuori, avrebbe potuto pensare che tra di loro c'era qualcosa; qualcuno avrebbe anche gridato a bassa voce, indicandoli timidamente, "fidanzatini!".
Poi dopo la lezione, Manuel si era allontanato con Nina e lui era tornato a scuola da Mimmo.
Che cosa poteva essere successo in quel lasso di tempo?
"Vuoi seguirmi?"
La voce di Dante si alza di un tono, come se avesse capito che il figlio si era perso a seguire un filo aggrovigliato a cui stava cercando di trovare il capo iniziale.
Simone si muove lentamente dietro al padre; passano dalla cucina in cui ci sono la madre e nonna Virginia, intente a preparare la cena, ma con un'espressione triste in volto.
Il ragazzo accelera il passo al ritmo del suo cuore, raggiunge il padre all'interno dello studio e aspetta che chiuda le porte della stanza dietro le sue spalle.
Non sa cosa aspettarsi.
Mentre il padre prende posto sulla scrivania, proprio come fa a scuola, lo schermo del suo cellulare si illumina. Un rettangolo bianco appare subito dopo, un'icona verde con una cornetta all'interno della nuvoletta a sinistra, il nome del suo migliore amico in alto e sotto un messaggio.
"Sei a casa?"
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Non so più se mi ami o è solo un'altra abitudine
Non cercare gli occhi miei
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Singing thoughts
FanfictionRaccolta di mini OS ispirate da canzoni che mi hanno fatto pensare ai Simuel. 1: Ti dico solo - Annalisa 2: Indaco violento - Annalisa 3: Come il suono dei passi sulla neve - Zibba & Almalibre 4: Friend of mine - Jess Glynne 5: Dammi un bacio ja'...