Capitolo 14- Parole non dette

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Il resto delle settimane successive andò molto meglio: mia madre si stava riprendendo gradualmente e nonostante i problemi che l'ictus le aveva creato, pian piano si stava abituando alla sua nuova routine: non avendo già molta possibilità di muoversi prima dell'evento, non le pesava molto poter muovere solo testa e collo. L'unica cosa a cui doveva ancora abituarsi era svegliarsi e sentire quella sensazione di immobilità generale. Per il resto le piaceva molto il mio nuovo modo di ricevere un suo tocco.
In quelle 3 settimane, purtroppo, non potei assentarmi a lavoro: le spese mediche erano aumentate con il ricovero, quindi ogni giorno andavo a lavoro e quando staccavo correvo a casa per fare una doccia per poi andare in ospedale da lei. La notte, nonostante fossi in disaccordo, mio zio rimaneva in ospedale per vegliare su mia madre.
Alcuni giorni proprio Taylor mi scortava da una parte all'altra della città e rimaneva un po' con me per fare compagnia a mia madre. Non potrò mai dimenticare il loro dolce incontro.

"È sveglia" annunciai facendo capolino nel corridoio azzurro dell'ospedale, "E vuole conoscerti".
Taylor mi guardò con gli occhi spalancati, quasi terrorizzati. Non sapevo se fosse un passo giusto da fare, ma mia madre non vedeva l'ora e io non vedevo l'ora di farla felice.
"Io.." il riccio si agitò sulla sedia rossa "Non so se possa essere opportuno".
"Se non te la senti, posso dirle che sei andato via" lo rassicurai accarezzandogli le spalle.
I suoi occhi verdi guardarono la stanza dietro di me con indecisione, poi una strana luce si accese nelle sue iridi e "Andiamo" aveva poi detto, come se dentro di lui fosse scattato qualcosa.
Entrammo nella stanza a passo lento, io davanti a lui per infondergli sicurezza e protezione: fin quando mia madre non si fosse girata per guardarci, lui era libero di scappare.
Lo guardai di sottecchi mentre prendeva un grosso respiro per poi affiancarmi, facendomi capire di essere pronto.
Sorrisi e mi avvicinai al letto "Mamma, qui c'è Taylor " la avvertì. Lei girò il collo verso di noi e con sguardo attento e preciso scrutò il riccio, sorridendo un attimo dopo.
"Salve Elizabeth, è un vero piacere conoscerla" Taylor le sorrise genuino e sincero e allungò una mano per stringere quella di mia madre con delicatezza prima di portarla alla bocca e baciarla.
Il mio cuore perse un battito davanti a quella scena.
"Oh Taylor, finalmente ci incontriamo" mia madre sembrava al settimo cielo mentre guardava il gesto del riccio "Mio figlio non fa altro che parlare di te".
"Lo immagino " lui ridacchiò e mi lasciò uno sguardo veloce.
Poi avevano iniziato a parlare del più e del meno come se si conoscessero da sempre, in un certo senso mi sentì quasi escluso, ma la sensazione di vederli ridere e scherzare insieme fu paradisiaca: un dolce calore al petto, un brivido sulla schiena e lo stomaco in subbuglio.

Dopo la sua visita, Taylor era tornato a casa e io avevo raccontato a mia madre ciò che fosse successo il giorno del suo ricovero. Lei era rimasta piacevolmente sorpresa di venirne a conoscenza così tardi e mi aveva ripetuto la classica frase "Te l'avevo detto" per almeno dieci volte. Era contenta che ci fossimo chiariti e dopo quella chiacchierata con il riccio, aveva detto che le piaceva tanto e che i suoi occhi erano bellissimi, dolci e biricchini.
Quando, inoltre, le raccontai cosa gli fosse successo con i suoi genitori, lei scoppiò in lacrime e rimase triste per tutto il giorno. Probabilmente una madre come lei non avrebbe mai potuto immaginare che potessero succedere cose del genere nel ventunesimo secolo e mi aveva espressamente chiesto di salvarlo con il dolore negli occhi. A quella richiesta ero rimasto alquanto scioccato, non sapevo se ne fossi capace, ma decisi che ci avrei provato con tutte le mie forze.
Dopo tre lunghe settimane di ricovero, quindi, mia madre era uscita vittoriosa dall'ospedale: non era più in pericolo di vita e si era ripresa totalmente; mentre spingevo la sua carrozzella per la città, mi resi conto di quanto fossi stato fortunato nell'avere una mamma amorevole, attenta e sempre presente come lei. Le lasciai un bacio sulla testa e la portai al parco per passare un po' di tempo all'aria fresca con lei.
Dopo il suo ritorno a casa, la mia routine riprese nuovamente.
Quel giorno, come tanti altri, ero nel mio ufficio a sistemare dei documenti quando sentì qualcuno bussare alla porta.
"Avanti" urlai continuando a spostare dei fogli da una parte all'altra della mia scrivania.
Alzai lo sguardo quando sentì la porta aprirsi e rimasi deluso nel vedere la chioma bionda di Emily fare capolino nella stanza "Disturbo?" chiese con un sorriso dolce sul volto.
"No" sospirai, speravo fosse Taylor "Entra pure" la invitai con un gesto della mano e mi lasciai andare sulla sedia.
Lei ringraziò e dopo aver dato una sistemata alla sua gonna si sedette dall'altra parte della scrivania "Ti ho inviato una pratica per email, ma non mi hai risposto e quindi sono venuta qui" mi informò e io sgranai gli occhi dispiaciuto.
"Perdonami, non ho ancora guardato la casella di posta oggi" misi la mano sul mouse e aprì la sua email.
"Gabriel mi ha inviato questa pratica ma c'è qualcosa che non mi quadra, volevo un tuo consiglio" spiegò, dondolandosi sulla sedia.
Diedi un'occhiata al file ma sembrava tutto apposto, così le dissi che poteva procedere con la stesura del contratto.
"Allora" si schiarì la voce imbarazzata dopo avermi ringraziato, "Ho visto che tu e Taylor andate via insieme dopo il lavoro".
Sapevo che il suo ingresso nel mio ufficio non fosse per chiedermi aiuto, l'avevo notato dai suoi occhi blu pieni di curiosità che in realtà voleva chiedermi qualcosa.
Aspirai forte l'aria e ripresi a sistemare i documenti sulla scrivania "Si, ho avuto dei problemi ultimamente e Taylor si è offerto di accompagnarmi" dissi velocemente non guardandola.
"Taylor ti ha offerto un passaggio? Wow, questa sì che è la svolta" i suoi occhi si sgranarono. Sapevo che prima o poi qualcuno lo avrebbe notato ma in realtà non mi ero soffermato a pensare una buona scusa da utilizzare nel caso qualcuno mi avesse chiesto spiegazioni. Mi dispiaceva, da un lato, non poter raccontare ad Emily quanto in realtà ultimamente io ed il riccio andavamo d'accordo e quante volte avevamo fatto l'amore nei nostri uffici. In un certo senso, lei era sempre stata la mia più grande amica insieme a Gabriel, ma nonostante ciò dovevo rispettare il riccio e tenere la bocca chiusa. Un po' mi dispiace non poter gridare al mondo quanto io ci tenessi a lui, quanto forte era il sentimento che ci legava, ma se dovevo essere sincero, anche fare gli amanti clandestini mi divertiva un po'.
"In realtà" mi morsi il labbro pensieroso "L'ho convinto io. Purtroppo è l'unico che può portarmi lì in poco tempo, quindi mi tengo ai manici ai lati del sedile e aspetto impaziente di arrivare a destinazione" sorrisi sperando che non facesse ulteriori domande.
"Lì dove?", Ecco appunto.
"In ogni caso " sviai "Adesso non ne ho più bisogno, quindi non sono più costretto a passare ulteriore tempo con lui al di fuori del lavoro " conclusi sbrigativo, unì le mani sulla scrivania e le sorrisi per scusarmi silenziosamente.
Il suo sguardo dubbioso mi mise agitazione, ma per fortuna cambiò discorso.
"È con James, invece? Mi aveva detto tempo fa che sareste usciti insieme" purtroppo il nuovo argomento non era migliore del primo.
Mi massaggiai il mento, con James non mi sentivo da quel famoso venerdì. Non avevo avuto modo di sistemare la situazione con lui e nonostante avesse provato a chiamarmi più volte, io non avevo risposto nemmeno ad una sua telefonata. Pensai che forse era arrivato il momento di mettere un punto a quella storia: ora ero più libero durante la giornata, mi serviva solo un po' di tempo per pensare a cosa dirgli.
"Purtroppo, come ti ho detto, ho avuto dei problemi e non c'è stato modo" ammisi pensieroso.
Lei annuì, ma il suo sguardo poco convinto continuava a mettermi agitazione.
"Venerdì sei dei nostri? Daranno un film pazzesco al cinema e io e Gabriel stavamo pensando di andarci".
"Si, volentieri" sorrisi, era da tanto che non passavo un po' di tempo con loro, mi mancavano le nostre serate.
"Perfetto" i suoi occhi blu brillarono "Allora poi ci accordiamo meglio" e con ciò si alzò dalla sedia e si diresse verso la porta, aprendola.
La figura di Taylor la fece sobbalzare. Il riccio aveva un braccio in aria e un pugno chiuso, probabilmente era in procinto di bussare.
"Oh ciao Taylor" Emily lo guardò stranita, poi guardò me con sguardo accusatorio. Trattenni il respiro e sperai che non iniziasse a pensare cose inaudite.
"Ciao Emily" il riccio le sorrise cordialmente prima di oltrepassare l'uscio della porta e mostrarmi dei fogli "Edward, ci sono altri contratti da visionare" la sua voce fredda e distaccata per un attimo mi fece temere il peggio, poi notai la figura slanciata della bionda ancora sulla porta che ci guardava curiosa.
"Ti chiamo stasera" con un gesto della mano mimai il telefono e diedi un bacio volante ad Emily che sembrava aver abboccato alla commedia.
Annuì sorridendo e si chiuse la porta alle spalle, lasciandoci da soli nel mio ufficio. Taylor non aspettò un secondo di più, lasciò cadere con un tonfo il malloppo di fogli sulla mia scrivania e si fiondò su di me, facendo scontrare le nostre labbra in un bacio passionale.
Anche se ormai quella era la nostra routine, ogni volta baciarlo mi creava una miriade di emozioni all'altezza del petto -e ovviamente al cavallo dei miei pantaloni.
Ricambiai prontamente il bacio, lambendo la sua bocca con la mia lingua.
"Venerdì sei libero?" chiese non appena le nostre bocche si staccarono.
"Ho promesso a Emily che sarei andato al cinema con lei e Gabriel" gli lasciai un bacio sul naso mentre si imbronciava.
Sbuffò e si allontanò offeso, sedendosi dall'altra parte della scrivania.
Ridacchiai per il suo gesto bambinesco "È solo venerdì, il resto del weekend sono tutto tuo" gli feci notare, buttandogli poi una cartaccia addosso.
Lui sorrise raggiante, poi si mise dritto sulla sedia e prese nuovamente tra le mani i fogli con cui era entrato.
"C'è del lavoro da fare?" chiesi ironico, allungandomi per dare un'occhiata.
"Si" sbuffò "Il Signor Robert continua a ricevere telefonate da società italiane. Non erano solo 30 quelle che abbiamo visitato?".
"Magari c'è stato un buon passa parola" feci spallucce, poi aggrottai la fronte "Cosa vuoi fare questo weekend?".
I suoi piccoli pistacchi si illuminarono "È una sorpresa" mi sorrise malizioso prima di alzarsi con i fogli in mano e raggirare la scrivania. Si sedette sulle mie gambe e io gli strinsi i fianchi baciandogli il collo. Lui si accoccolò a me sospirando compiaciuto.
"Taylor" lo ammonì, quei sospiri li conoscevo molto bene "Abbiamo del lavoro da fare" ridacchiai mentre lo vedevo sbuffare contrariato. E dopo un lungo e intenso bacio rigorosamente con la lingua, ci mettemmo a lavoro.

Pistacchio&Nutella {BoyxBoy}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora