PROLOGO

38 5 4
                                    

Il nostro mondo è cambiato. Lo sento sulla pelle, dentro il sangue che scorre nelle vene. Una metamorfosi che andando avanti nel tempo è riuscita a creare dei prototipi di animali selvaggi con sete di sangue umano. Loro sentono ma non vedono. Sono ciechi. Cacciano in branco. Difficilmente se ne vede uno isolato a prescindere se è lui il capo branco di quella cerchia di dieci individui. Si nascondono, restano in agguato, sempre pronti ad attaccare la preda come se avessero sempre fame. Gli abbiamo dato il nome di "hunger", come "fame" in inglese. Non so descriverli a parole ma ci provo. Hanno quattro zampe allungate con artigli lunghi e la schiena ricurva come se avessero una gobba già dalla nascita. Il loro corpo allungandolo non supera una poltrona. Al posto delle orecchie hanno due fori dove un'antenna esce solamente quando avvertono un suono umano. I loro occhi sono bianchi senza pupilla. I denti sono aguzzi, lunghi almeno un indice umano. Hanno la pelle ruvida al tatto con dei fori dove fuoriesce del liquido verde con un odore terrificante e disgustoso. Come lo so? Perché oltre a essere una sopravvissuta sono una scienziata. Studio i loro movimenti, come cacciano, quanto tempo passa dall'ultimo pasto e perché sono arrivati qui, nel nostro mondo. Questa è una domanda che ancora adesso non riesco a dare una risposta piena e plausibile. Sono una sopravvissuta come molti altri. Abbiamo creato un punto di ritrovo per tutti gli umani che sono rimasti fuori dalle mura, anche se è difficile trovarci perché siamo in mezzo al bosco in un luogo che nemmeno conosco. Io e il mio gruppo di amici, composto da dieci persone, abbiamo trovato questo luogo abbandonato creandoci sopra un mini-laboratorio con tanto di attrezzatura, cucina, camere da letto e molto altro, rialzando le mura con filo spinato con mandante elettrica. Siamo rimasti così pochi. Durante il tragitto per trovare un posto dove sistemarci, abbiamo perso gli altri. Divorati da quelle bestie immuni. Hanno divorato mio marito Joseph davanti ai miei occhi. È caduto nelle loro grinfie per salvare nostra figlia. È passato già un anno dall'accaduto e ci penso giorno e notte, domandandomi ogni volta se anche io avessi fatto la stessa cosa al posto suo. Mi rendo conto che è una domanda molto sciocca che mi pongo perché per mia figlia avrei fatto questo e altro. Ma l'avrei fatto realmente se mi fossi trovata nella stessa situazione di Joseph? Non lo so. Questo mi rende una cattiva madre? In una situazione come la mia, voi avreste fatto la scelta giusta? Questo non lo potete sapere. Questa è la mia storia. E ora ve la racconto dall'inizio alla fine.

HungerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora